È diventato un appuntamento imperdibile per chi vuole seguire l'andamento della pandemia in Sardegna: ogni sera Alessandra Mura pubblica i grafici che raccontano la presenza del coronavirus nell'Isola. Cinquantatré anni, laureata in Scienze politiche, allieva dell'ex assessore regionale Raffaele Paci e un'esperienza di cinque anni come consulente nell'ufficio di gabinetto di Francesco Pigliaru dove si è occupata di sanità, Mura ha preso confidenza con i numeri quando, nel 1992, ha iniziato a lavorare nell'osservatorio industriale della Sardegna. Un'esperienza fondamentale. «Perché», spiega, «mi occupavo dell'analisi dei dati congiunturali. Quelli, per intendersi, di breve periodo».

Proprio come quelli legati alla presenza del virus nell'Isola.

«Esatto. Anche perché, fortunatamente, qui l'epidemia non è mai esplosa. E lavoriamo con numeri piccoli».

Come elaborarli?

«Ci sono tanti sistemi. Io uso la "media mobile"».

Concetto che andrebbe spiegato a chi, a scuola, zoppicava in matematica.

«Quando si ha a che fare con numeri molto variabili, se si vuole analizzare la tendenza è necessario depurarla dalle variazioni casuali che, in un certo senso, la nascondono. Inoltre, quando, come nel nostro caso, si ha a che fare con numeri piccoli, una variazione anche minima incide tanto. Per intendersi: se un giorno c'è un caso e il giorno successivo ce n'è un altro, si tratta di un aumento del cento per cento. Ma stiamo pur sempre parlando di due soli casi e di una variazione contenuta in termini assoluti. Per poter analizzare graficamente queste variazioni si utilizza la "media mobile", cioè si sostituisce il valore rilevato giornalmente con la media dei valori rilevati in un intervallo più lungo. Ad esempio, il valore di oggi lo calcolo sulla base dei numeri di avant'ieri, ieri e oggi. Domani utilizzerò i numeri di ieri, oggi e domani. Questo sistema serve appunto a smorzare le variazioni, senza annullarle, rendendo più leggibili le tendenze».

Che cosa hanno detto i numeri sinora?

«Che la pandemia non è mai realmente esplosa in Sardegna. E che nell'unico luogo in cui ci sono stati problemi, a Sassari, è accaduta una cosa diversa dal resto dell'Italia: i contagi sono saliti vertiginosamente in pochissimi giorni, siamo passati da 1 a 35 casi in una settimana, a causa dei contagi negli ospedali. Nella Penisola un aumento della stessa dimensione si è avuto in 11 giorni, cioè in quasi il doppio del tempo».

Le altre città?

«A Nuoro sembrava potesse accadere quello che è successo a Sassari ma i contagi sono stati contenuti subito. E a Cagliari - anche in questo caso si parla di ospedali - più volte si è temuta l'esplosione che, fortunatamente, non c'è stata».

I numeri dicono anche altro?

«Ovviamente, parlo di matematica e non di virologia. Le cifre dicono che il lockdown, arrivato quando l'epidemia era ancora all'inizio in Sardegna, è stato decisivo. Secondo alcuni studi in Italia senza lockdown ci sarebbe state 200 mila vittime».

Si è parlato tanto di picco. Nell'Isola l'abbiamo raggiunto?

«Abbiamo avuto il picco quando era previsto, nel periodo che ha preceduto la Pasqua. Però i dati sui contagi sono parziali, per dare una risposta più attendibile è meglio studiare i numeri dei ricoverati in terapia intensiva: il massimo è stato raggiunto tra l'8 e il 13 aprile, quando questi hanno oscillato tra 31 e 27 casi. Poi, anche se con qualche variazione e molto lentamente, hanno cominciato a scendere».

Si può, dunque, guardare al futuro con ottimismo.

«Non faccio previsioni. Si può prevedere che, con l'allentamento del lockdown, è probabile che i casi possano aumentare. E sarà proprio quello il momento di stare più attenti ai numeri per bloccare subito i potenziali focolai».

Marcello Cocco

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