Negli ultimi anni il panorama politico nazionale ha subito trasformazioni non indifferenti alimentate dall’incapacità dei suoi più importanti e tradizionali protagonisti, evidentemente troppo concentrati in inutili e dannosi giochi di potere, di reinterpretare le mutazioni e le esigenze della società moderna. Se così non fosse, del resto, non avrebbero mai potuto trovare affermazione quelle specifiche formazioni di originaria quanto flebile e ingannevole contrapposizione al "sistema" quali il Movimento 5 Stelle, divenuto col trascorrere degli anni l’emblema stesso di quel sistema pur essendo rappresentato niente meno che da un comico alla continua ricerca di una visibilità tristemente scemata col calare del suo personale sipario di scena, e la stessa Lega Nord guidata prima dal pioniere Umberto Bossi e poi, dopo la c.d. "Notte delle Scope", pulito "il pollaio" dagli scandali del Senatur e della sua famiglia, da un capitano comunque "decaduto" siccome rimasto privo di battello per essersi volontariamente dato in pasto, si fa per dire, ai "pirati" dopo un’overdose di mojito nella riviera romagnola.

Come riconfermare il consenso? Come contrastare il nuovo e diverso sentimento di disamore verso i partiti divenuti negli anni tutti curiosamente tradizionali sia nella forma di esercizio del loro potere sia nei modi della rappresentanza parlamentare affidata sempre più a sedicenti, quanto approssimativi, leader potenti ed efficaci solo col megafono in piazza considerata la loro semplicistica, sia pur diretta, articolazione del linguaggio, ma totalmente inadeguati, oltre che gravemente impreparati, a gestire le insidie della famosa Stanza dei Bottoni, per dirla icasticamente alla Pietro Nenni che con siffatta espressione aveva definito, nel lontano 1962, i luoghi tipici del potere e del comando?

E i nostri partiti storici, quali PD e FI, come potranno contrastare il tentativo di riaffermazione dei partiti di nuova generazione, Lega e M5S, e annullare il ricordo del disvalore sociale del loro operato? È ancora possibile, nonostante la debolezza delle forze politiche in campo, superare la crisi del bipolarismo apertasi ufficialmente con le elezioni del 2013? E se, fino ad almeno il 2013, la delusione degli elettori aveva trovato sfogo all’interno di una dinamica bipolare e aveva contribuito a nutrire l’alternanza al governo tra destra e sinistra, oggi, che la contrapposizione tra anti-establishment ed establishment ha anch’essa perso di valore a causa della denaturalizzazione delle formazioni politiche che ne sono state protagoniste, come possono i partiti adattarsi e sopravvivere al nuovo mutamento del contesto politico-elettorale?

La nuova Lega Nazionale può aspirare a divenire il nuovo punto di riferimento per il popolo degli elettori, oppure continua ad essere semplicemente una falange monca dell’irriducibile Lega Nord tipicamente identitaria e territorialmente circoscritta? Voce Libera di Mara Carfagna può essa sola rappresentare una spinta positiva di rinnovamento all’interno di un partito in coma irreversibile?

Rispondere può risultare più complicato del previsto in considerazione sia dell’inerzia delle richiamate formazioni storiche come PD e FI, sia, per converso, in considerazione dell’iperattività scombinata di quelle di più recente affermazione, come appunto Lega e M5S.

Intanto, perché se è vero, come è vero, che i partiti si distinguono per il modello genetico che ne condiziona le interazioni con l’ambiente sociale, per il modello organizzativo interno da cui discende, o dovrebbe discendere, lo stile di rappresentanza esterna, nonché, ancora, per il sistema di interazione competitiva coi diretti rivali, allora occorre prendere atto del fatto che la funzione oggi da essi esercitata a livello sociale è stata quanto mai inesistente siccome rivelatisi incapaci, alla prova dei fatti, di incidere e radicarsi nel tessuto umano del Paese per aver, a colpi di individualismo esasperato dei vari signorotti al comando, ucciso il necessario processo di democratizzazione politica.

Quindi, perché, di conseguenza, stante la diffusione crescente del laicismo e dell’offuscamento delle divisioni di classe, i partiti si ritrovano necessariamente travolti da stringenti pressioni di trasformazione ideologica che, se per un verso impongono un rafforzamento dei loro vertici, dall’altro, come Salvini fin’ora ha tentato di insegnare, determinano parimenti la necessità di autonomia della leadership dalla stessa organizzazione politica in funzione di accrescimento del consenso.

Inoltre, perché, in questo senso, la nuova Lega nazionale, direttamente partorita dalla Lega Nord quale sua apparentemente "generosa" longa manus, non potrà mai rispondere all’esigenza di rinnovamento gridata a gran voce dagli italiani, non disponendo di una propria autonomia strutturale e/o ideologica che la scolleghi dalla storica formazione del Senatur a tutt’oggi esistente, tanto più quando, il Senatur stesso, senza troppi peli sulla lingua, affermi che "Salvini non può imporre un c***o".

Infine, perché anche la pasionaria Carfagna, seguita dai fedelissimi, nel presentare l’associazione "Voce Libera" appositamente creata, nonostante la ferma disapprovazione del presidente Berlusconi, "non per dividere ma per aggregare", non trova ancora la spinta giusta per emanciparsi dal suo presidente e dar vita al nuovo "centro" di stampo democristiano.

La politica è roba per coraggiosi, e laddove manchi il coraggio di rinnovarsi e di emanciparsi rispetto agli schemi tradizionali e alle formazioni politiche di riferimento non potrà mai esserci vero cambiamento. Leader si nasce, e Salvini e Carfagna, né "lo nacquero", per parafrasare una celebre frase di Totò, né, allo stato, sembrano in grado di diventarlo. Hanno solo contribuito al processo irreversibile di frammentazione.

Giuseppina Di Salvatore

(avvocato - Nuoro)
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