Vive in Cina, ma lavora in tutto il mondo. Collabora con prestigiose agenzia internazionali (tra cui l'americana VII) e ha pubblicato le sue fotografie nelle testate giornalistiche più prestigiose. Uno suo scatto - quello della piscina di Chengdu piena di bagnanti all'inverosimile - è stato inserito dal Time nella top 100 mondiale del 2017.

L'ha firmato Valentina Sinis, la fotoreporter di Oristano che in questi giorni si trova a Cagliari. Durante il lockdown sta lavorando a un progetto su Covid-19 che sarà pubblicato dal National Geographic. Uno scatto della fotogiornalista è stato inserito nel progetto di solidarietà "Artisti per Forcella", nato per aiutare in difficoltà nel quartiere popolare napoletano.

Come sta vivendo la quarantena?

"Sono abituata a viaggiare moltissimo e non mi ero mai fermata in uno stesso luogo così a lungo. La normalità era svegliarsi sempre in un paese diverso, fosse questo Iraq, Siria o Cina ma alla fine ogni crisi è anche un'occasione per poter riflettere e ripartire facendo nuovi errori senza ripetere quelli del passato. E poi è sempre bello poter aver tempo per rivedere e riorganizzare i lavori che sono stati fatti nei mesi scorsi".

Sta lavorando a qualche progetto?

"Sono impegnata in un progetto su Covid-19 finanziato dal National Geographic. Lo sto realizzando in Sardegna. Conto di pubblicare il materiale appena il lavoro sarà ultimato".

Lei vive solitamente in Cina. Cosa le raccontano i suoi amici?

"E' stato sicuramente un periodo molto difficile per tutti loro. Ho iniziato a essere molto preoccupata per questo virus già da fine dicembre, sentivo i racconti delle tante persone a me care che vivono lì. Anche in Cina molte attività non riapriranno più e la ripresa sarà lenta. Ma quel popolo è speciale, è un popolo con una storia millenaria e saprà rialzarsi presto".

Come è nato il suo rapporto professionale con l'agenzia VII? "Christopher Morris , il mio mentore da ormai tre anni, ha scoperto i miei lavori e mi ha proposta come "mentee". VII è diventata per me non solo la mia agenzia ma una grande famiglia. Una famiglia con una energia speciale. Alessia Glaviano, direttrice della Fotografia di Vogue, dice che VII, è la Magnum di 50 anni fa. E non ha tutti i torti".

Lei hai sempre viaggiato molto. Come vede il futuro del fotoreportage dopo la pandemia?

"Sicuramente si cercherà di lavorare maggiormente sul territorio di origine quando sarà possibile. Dipende anche dalle opportunità e dalla disponibilità che si creeranno.

Dobbiamo sforzarci di vivere questa crisi come una opportunità, altrimenti sarà molto difficile riuscire a superarla bene".

Ha pubblicato le sue foto su grandi giornali e siti web. I suoi scatti sono stati esposti in tutto il mondo. A quando il primo libro?

"Il primo libro è sempre una grande responsabilità. Ci sono grandi fotografi che hanno pubblicato il primo libro in tarda età. Il progetto che ho iniziato adesso a Cagliari, finanziato dal National Geographic, può essere esteso al territorio nazionale e diventare un libro. Ma questo lo potrò sapere solo a progetto quasi terminato. La fotografia è bella perché è quasi impossibile da pianificare. E il racconto fotografico, quello che mi interessa ancora di più della bella fotografia singola, è ancora più imprevedibile. Speriamo però che questa sia l'occasione del primo libro".

Come nascono i suoi progetti? Studia, prendi appunti? O si affida all'istinto?

"Istinto. Molto spesso le mie storie nascono vivendo il luogo dove mi trovo. Poi cerco di creare rapporti di fiducia e rispetto con le persone con cui desidero lavorare e raccontare la loro storia. Non riesco a raccontare una storia se non vivo con loro, se non parlo con loro, se non vivo delle esperienze con loro. Ci sono paesi in cui è più complesso a causa della lingua. In quei casi esiste il fixer, una figura di fondamentale supporto del fotogiornalista".

Quanto conta la tecnologia nel lavoro? In particolare l'attrezzatura, la post produzione.

"La macchina fotografica per me è solamente uno strumento per riprodurre quello che vedo dentro di me. Meno lavoro posso fare successivamente in post-produzione, meglio è. Anche perché, sinceramente, non ho un rapporto meraviglioso con la tecnologia. Uso macchine fotografiche Fuji e amo molto il risultato 'grezzo' che producono. Il lavoro di post produzione è veramente minimo".

C'è una foto a cui è particolarmente legata?

"C'é un progetto a cui sono particolarmente legata e che non ho ancora terminato: le donne suicide nel Kurdistan Iracheno. Solitamente mi lego alle storie che scelgo, alle persone con cui lavoro e che si fidano di me per raccontare la loro storia e il loro mondo".

Qual è la foto che avrebbe voluto fare? "Tutte quelle che sto perdendo a causa di questa pandemia".

Cosa pensa dei workshop?

"Io ho avuto la fortuna di avere quattro scholarships per due workshops e due masterclasses. L'ultima è quella che seguirò online organizzata da VII, e sarà dedicata a come creare il proprio libro. Ho imparato molto dai workshop a cui ho partecipato e ritengo che seguire un workshop online al momento sia di grande aiuto e anche di stimolo".

Come giudica i talent televisivi come Master of Photography? "Penso che la realtà sia un po' diversa da un format televisivo e amo di più gli chef che passano il loro tempo in cucina che in televisione. Detto questo, tutto quello che può aiutare l'educazione fotografica, va bene. Viviamo in un epoca in cui si fanno tantissime foto. Ma pochissima fotografia".

Chi sono i suoi fotografi contemporanei di riferimento?

"Ho la fortuna di far parte di VII: un'agenzia con fotografi incredibili: Christopher Morris, Maciek Nabrdalick, Stefano DeLuigi, Franco Pagetti, Ron Haviv, Maggie Steber, John Stanmeyer, Ed Kashi per citarne alcuni. Chien Chi Chang, grande Maestro e profondo amico. Antoine D'Agata, di cui amo l'opera e a cui sono legata da un bellissimo rapporto di amicizia. E infine Nan Goldin, che ha il coraggio di fotografare la vita senza filtri".

Quando conta di fare un progetto fotografico sulla Sardegna? "Nella vita, come diceva Fellini, quello che conta è diventare questa nuvola imprecisa e grandiosa che è il momento dell'amore. Io amo la Sardegna. La amo ogni giorno che passa sempre di più. E il mio progetto fotografico sulla Sardegna sarà probabilmente l'ultimo. E il più importante".
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