Il mondo misterioso e affascinante per un ragazzo che cominciava a scoprire il mondo della musica era fatto di scaffali pieni di copertine colorate e nomi esotici. Pink Floyd e Rolling Stones erano gruppi dei quali a neanche 15 anni avevi sentito parlare solo per sbaglio in classe – fine anni ’80, liceo classico – da un compagno che chiedeva con tono indagatorio (e anche un poco schifato): “Non li conosci???”, ed era come se quei tre punti di domanda comparissero davvero davanti ai tuoi occhi. Ovviamente a quell’età devi sapere tutto per restare al passo con gli altri, dunque la risposta – servita con baldanza e poco senso del pudore - non poteva che essere “certo”. Bugia pietosa. E di lunga durata, perché a ogni parola sconosciuta tirata fuori dall’amico (The Wall, Shine on you crazy diamon, magari Led Zeppelin e anche Queen) la tua testa continuava ad annuire senza ritegno. Per fortuna nessuno aveva approfondito: il disvelamento della truffa sarebbe costato il marchio perpetuo della vergogna. Eppure da quello scampato pericolo era nato il desiderio di scoprire. Il primo passo era stato affondare le mani nelle collezioni dei genitori, che amavano in genere musica meno movimentata: il repertorio anni Cinquanta e Sessanta italiano e internazionale, per la gran parte pezzi romantici da ballo della mattonella. Gino Paoli, Luigi Tenco, Domenico Modugno, Mina. Magari Enzo Jannaci. Però non mancavano i primi brani rock di Elvis Presley, Chuck Berry, Buddy Holly, il mitico Little Richard con l’immortale "Tutti frutti" (1955), Jerry Lee Lewis e la sua "Great balls of fire". A farla da padrone in ogni caso era la discografia completa dei Beatles, anni ’60, band inarrivabile per quella generazione. E per molte altre a venire. Allora dal cassetto della camera erano rispuntate le musicassette ricevute in regalo per qualche compleanno precedente. Like a virgin e True blue di Madonna, anni di pubblicazione 1984 e 1986, e Bad di Michael Jackson (1987): i primi tre album posseduti fino ad allora. Solo tempo dopo quel ragazzo alle primi armi (musicali) avrebbe scoperto la bellezza e la poesia di italiani quali De André, Battisti e De Gregori per poi passare a Vasco Rossi, Zucchero, Daniele Silvestri, Bennato, magari Baglioni (fase romantica), per un breve periodo a Ligabue e ai Litfiba. In quel momento era più “in” – allora si usava dire che “faceva figo” – ascoltare artisti britannici e americani, ed era il periodo di Duran Duran (chi non ricorda il film, terribile per noi maschi, “Simon non sposarti”?), Spandau Ballet e Inxs. Le compagne di classe sapevano tutto di Simon le Bon e Michael Hutchence.

Al tempo iTunes, lo streaming, Spotify e qualunque altra odierna diavoleria simile erano fantascienza per un classe ‘75. Mp3? Al massimo poteva essere una formula chimica per chi la chimica non sapeva cosa fosse. Dunque l’unica possibilità per esplorare un mondo nuovo fatto di note, chitarra, batteria e basso era il negozio di musica. File di dischi, decine se non centinaia di involucri di cartone colorati che nascondevano l’oggetto dei desideri, dato per morto troppo presto e diventato di culto qualche decennio dopo: il mitico “Lp” (long playing) a 45 (normalmente per incidere i brani singoli) o 33 giri al minuto (l’album), introdotti nel 1948 e fatti di vinile. Mentre già era desueto il 78 giri, nato a inizio Novecento, di gommalacca, più spesso e pesante, grande 7 pollici e capace di registrare circa 4 minuti di musica su entrambi i lati (il 33 giri, grande 12 pollici, conteneva 30’ di musica per lato e nel 45 giri, 7 pollici, se ne potevano registrare 5 minuti). Sulle copertine immagini di cantanti e cantautori oppure disegni senza senso, multicolore o monocromo fino a veri deliri firmati Iron Maiden, Pink Floyd, Ac Dc, Scorpions. E la rivelazione che avrebbe aperto definitivamente la strada verso l’hard rock, i Guns and Roses. Anno 1991, album (doppio) Use your illusion.

Esplorare e scoprire da soli il contenuto di quelle meraviglie portava in un’altra dimensione, ma in caso di necessità si poteva sempre contare sull’aiuto di una figura onnisciente (così era per noi) pronta a rispondere a qualunque domanda: il proprietario del negozio, che magari era un semplice commesso ma faceva lo stesso. Conosceva ogni autore, tutti gli album, i vecchi successi e quelli nuovi, forse anche le canzoni che sarebbero state pubblicate vent’anni dopo. La Casa del disco in via Roma era gigantesca, un locale in cui perdersi tra dischi, musicassette e primi compact disc mentre in sottofondo si poteva ascoltare musica sconosciuta; la Discoteca in via Dante la rivendita che aveva fatto scoprire quel mondo; il Furious fish dell’Auchan a Santa Gilla il posto dove trovare rarità e pezzi onirici. Poi è esploso internet e sono arrivati i download, youtube, i masterizzatori, la pirateria, la grande distribuzione. Amazon. Ed è cambiato tutto. I commercianti vecchio stile hanno subito un drastico calo negli introiti e, sopraffatti da una concorrenza troppo più forte (principalmente l'acquisto on line dei file musicali), col tempo sono scomparsi. A metà anni Duemila in città sopravvivevano sei rivenditori. Oggi forse uno, irriducibile, specializzato in sonorità jazz, una vera ancora di salvezza per chi ancora sente il fascino dell’lp e sente un bisogno quasi fisico di toccare con mano i dischi. Certo, si potrebbe fare un salto nei megastore della provincia dove i vinili stanno riprendendo piede; ma non è la stessa cosa studiare artisti e copertine mentre alle spalle una pletora di acquirenti vaga incerto tra scaffali i elettrodomestici, videogiochi, film, smartphone, macchine del caffè, tv ed elettronica. Per scoprire che in fondo la musica che ascoltavano i propri genitori (Celentano, Gaber, Patty Pravo, Rino Gaetano, Gianni Morandi) non era così male neanche per un ragazzo che cominciava a scoprire la musica, meglio immergersi in un mondo che solo di quello si occupa. Così, in una evoluzione di gusti e preferenze, si scoprono Branduardi, Vecchioni, Battiato, Bennato, Malika Ayane, i Lunapop (piccolo incidente di percorso giovanile), Mannoia. Poi U2, Nirvana, Soundgarden, Deep Purple, Metallica, Offspring, Santana, Radiohead, Dire Straits, Tears for fears, Muse, Frank Sinatra, Marvin Gaye, Aerosmith, Simon&Garfunkel. E centinaia di altri artisti.

Certo, la tecnologia ha migliorato la qualità del suono che esce dalle casse e dai lettori, ma non sempre a un passo in avanti di questo tipo corrisponde una crescita emozionale. Vuoi mettere il romanticismo del vecchio fruscio dei dischi con un suono troppo pulito e asettico?
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