"Per me tutto comincia in una sera d’estate di una quindicina di anni fa. Sto leggendo nel silenzio della notte e all’improvviso avverto un sibilo, sottilissimo, ma costante. Mi guardo in giro, mi sporgo anche dalla finestra e nulla… il sibilo è sempre lì, fastidioso e pungente. Mi tappo allora le orecchie e scopro che il rumore continua, è dentro di me. Comincio ad agitarmi anche perché una dose di ipocondria alberga da sempre in me. Oggi andrei sicuramente a guardare su Internet per controllare cosa potrebbe essere, ma all’epoca le ricerche web erano ancora ai primordi e l’unica decisione possibile è provare a dormire. Il sibilo però prosegue e mi costringe a pensieri esagerati… che sarà mai? Ictus in arrivo, tumore all’encefalo, Parkinson precoce… Dormo male e al risveglio il sibilo continua.

Alle 8 sono dal mio medico di base, a cui descrivo quello che mi sta accadendo. Lui segue le mie parole borbottando in maniera ritmata, mentre controlla qualcosa sul suo computer. Poi mi guarda: "Acufeni", si limita a dire, per poi aggiungere: "E ora cosa facciamo?!".

"Facciamo?!", penso, "ma sono io che ho il sibilo, mentre lui dovrebbe dirmi cosa fare!".

Acufeni, inoltre, ha il suono di una parola terribile, senza scampo. "È grave?", riesco a domandare sempre pensando all’ictus, a un tumore che galoppa. "Come dirlo così su due piedi… gli acufeni possono essere dovuti a mille cose…".

Ecco. Comincia così il mio rapporto stretto con il mondo degli acufeni, in una giornata di giugno di quindici anni fa. Mi sono ritrovato in un universo particolare perché per acufene si intende quel disturbo costituito da rumori che, sotto diversa forma, vengono percepiti in un orecchio, in entrambi o in generale nella testa e che possono risultare fastidiosi a tal punto da influire sulla qualità della vita di chi ne soffre. Sono suoni che, alla loro prima comparsa, vengono illusoriamente percepiti come provenienti dall’ambiente esterno.

È stato calcolato che nella popolazione priva di difetti uditivi un soggetto su dieci soffre o ha sofferto di acufeni, mentre nella popolazione con ipoacusia, cioè con riduzione uditiva, la percentuale sale a circa il 50%. Insomma, un’epidemia silente, anzi sibilante. Dopo la sentenza del mio medico, a casa apro l’enciclopedia medica e c’è, la parola c’è: "Acufene, sostantivo maschile, dal greco akúō, ascoltare, e pháinomai, manifestarsi. Sensazione uditiva soggettiva (soffi, ronzii, fischi, fruscii) percepita in assenza di stimoli sonori, legata in genere a disturbi dell’orecchio, a infiammazione, malattia degenerativa o circolatoria, stress, cervicale, problematiche neurologiche". Insomma, l’intero arco medico per una patologia caratterizzata da una sola certezza… difficile capire perché gli acufeni arrivino, quasi impossibile trovare il modo per farli sparire.

A questa sconfortante conclusione arrivo dopo una serie di incontri che potrei definire "ravvicinati e del terzo tipo", perché se non ho incontrato degli alieni poco c’è mancato. Sentite un po’ qua: il medico di base mi indica uno specialista, un otorinolaringoiatra. Io intanto proseguo per un paio di giorni con il mio sibilo costante, che ogni tanto si accompagna a un fruscio e a volte diventa un suono acutissimo, un "iiiiiiiiiiiii" vicino all’ultrasuono. Poi finalmente sono dallo specialista che mi ascolta attento, partecipe tanto da annuire a ogni parola aggiunta. La sua diagnosi è chiara: "Acufeni". "Sono fastidiosi vero?", aggiunge dopo qualche istante. "Eh, già, già… le do questo prodotto per fluidificare il sangue. Probabilmente non risolverà il problema però… prenda due pastiglie per un mese…".

Un mese dopo io e il mio sibilo siamo sempre compagni di viaggio e io sono nello studio di un altro otorinolaringoiatra, questa volta consigliatomi dalla madre della mia fidanzata dell’epoca. Un genio a sentire lei, un genio che al solo sentire la parola "acufeni" si rifugia in un mesto e sospirato "gli acufeni sono la tomba dell’otorinolaringoiatra… hanno mille cause e…".

Ma io non l’ascolto più: "Ma come? Trapiantano i polmoni e clonano le pecore e non hanno una risposta per un sibilo all’orecchio?!". Comunque mi prova la pressione e la trova un po’ alta. Mi consiglia di fare più moto, di ridurre il sale nei cibi e di mangiare più verdura…

Il terzo otorino è giovane, fresco di studi. Mi guarda bene all’interno delle orecchie, mi fa un bel lavaggio con l’acqua tiepida e mi consiglia di non usare i cotton fioc: "Danneggiano il canale uditivo", dice. Annuisco: "E gli acufeni?". "Eh, ma per quelli ci vuole un otorino proprio bravo…", conclude mentre già si sta togliendo i guanti in lattice.

Seguono quindi altre visite e altrettante risposte, facili da ridurre a un mesto elenco: "Difetto della microcircolazione interna dell’orecchio", "origine genetica", "problemi di masticazione, si rivolga a questo mio collega ortodonzista", "cervicale" fino all’otorino numero otto, il quale - sornione - propone di comprarmi un lettore MP3 e di ascoltare i suoni della natura: "Il suono delle onde del mare o il frusciare del vento tra le foglie… così si distrae e fa meno caso al sibilo".

Dall’otorino numero 9 non sono neanche andato e dei suoni della natura ho preferito fare a meno. Il vento mi agitava, le onde mi davano il mal di mare. Mi sono tenuto il mio sibilo, probabilmente me lo terrò per sempre: oramai fa parte della mia vita e quasi mi manca, nei pochi momenti in cui si acquieta".
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