La famiglia è senz'altro il primo luogo in cui combattere le barriere di genere e gli stereotipi contro le donne, ma come genitori finora ci si è dedicati soprattutto a insegnare alle figlie femmine come farsi rispettare e che nessun traguardo è impossibile. Peccato che spesso mentre inculchiamo questo senso della dignità e del rispetto alle nostre bambine, dimentichiamo di fare altrettanto con i figli maschi.

Da questa tesi parte un curioso approfondimento del New York Times sulla necessità di insegnare fin dall'infanzia ai futuri uomini il rispetto per "l'altra metà del cielo".

Consigli semplici, ironici ma non frivoli, e tutt'altro che facili da mettere in pratica.

Un esempio su tutti: se una figlia femmina deve cimentarsi in un'attività classificata come maschile o vuole coltivare interessi da "maschiaccio" la stragrande maggioranza dei genitori non avrà nulla da dire; non è scontato che accada lo stesso se è il figlio maschio ad avere interessi da femmina o a voler fare cose da femmina. Di cosa abbiamo paura? Che perda la sua mascolinità?

E qui sta una delle grandi contraddizioni del nostro tempo: vogliamo una società più equa in termini di parità di genere, ma poi alla prova dei fatti rimaniamo ancorati a vecchi tabù e spauracchi.

L'autrice dell'articolo, Claire Cain Miller, è partita da un'idea semplicissima: non basta educare la donna del futuro a farsi rispettare e ad ambire a traguardi che in passato le sono stati preclusi, in questo progetto di mondo più giusto, basato sul rispetto, va necessariamente inclusa la componente maschile. E fin dall'infanzia.

Così, usando provocatoriamente il termine "femminista", l'autrice ha chiesto consigli pratici a psicologi, neuroscienziati e studiosi del mondo infantile su come allevare figli maschi per cui l'uguaglianza, la gentilezza e il rispetto della figura femminile diventino modi di essere naturali e scontati.

Al primo posto, in questo vademecum per futuri gentlemen, sta la libertà di piangere ed essere vulnerabili senza vergogna, seguita dalla necessità di avere modelli maschili che siano credibili in termini di rispetto, come a dire che è inutile far passare a parole il messaggio della parità se poi nel focolare mamma e papà ripropongono l'antica divisione dei ruoli, dove l'uomo è il capofamiglia dedito al lavoro fuori casa e la donna ha quella strana proprietà genetica che la rende la sola esperta di faccende domestiche.

Altro spunto fondamentale riguarda l'attività ludica, perché nonostante i tanti progressi sociali ed educativi basta entrare in un qualsiasi negozio di giochi e trovare la stessa divisione di genere di 50 anni fa: principesse rosa per lei, camion, robot e trattori per lui. Gli studiosi dicono che i bambini non nascono con queste preferenze inscritte nel DNA, semplicemente vi si allineano. E fa sorridere che fino alla metà del XX secolo il colore rosa fosse distintivo dei maschietti e l'azzurro delle femmine...

E con la crescita il discorso si estende allo sport, così è più facile che si invogli una figlia che vuol giocare a calcio, e che si torca il naso se il proprio pargolo vuol prendere lezioni di danza classica.

Tornando all'infanzia e al gioco, non è insolito che già nell'età delle scuole materne ci sia una "segregazione" di genere: maschi da una parte, femmine dall'altra. Il primo passo - dicono ancora gli studiosi - perché nella crescita "siano rafforzati gli stereotipi e le polarizzazioni di genere". Giocare insieme o fare sport insieme permetterà di costruire naturalmente legami d'amicizia tra i due sessi, limitando nel futuro visioni distorte della controparte femminile.

Anche il linguaggio fa la sua parte: si inizia col dire "ti comporti come una femminuccia" a mo’ di rimprovero o offesa e si arriva agli insulti di natura sessuale, magari incentivati da alcuni messaggi dei mezzi di comunicazione, della tv, della pubblicità o persino della politica.

D'accordo o meno con queste riflessioni, il messaggio di fondo è che l'educazione all'uguaglianza debba partire prestissimo, insegnando a identificare etichette e stereotipi per quello che sono realmente, e che la più caratteristica tra le virtù del genere maschile si possa girare in modo nuovo: la vera forza è quella di resistere all'intolleranza. Contro le donne e non solo.

(Redazione Online/b.m.)
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