La prof di francese trema, letteralmente, mentre parla dei suoi alunni arrestati per il delitto del coetaneo, Manuel Careddu, ucciso un mese fa, e il cui corpo è stato ritrovato nel lago di Omodeo.

Maria Assunta Frau, figura esile e viso stanco di chi non dorme da giorni, li ha avuti in classe tutti e cinque fino a qualche anno fa, questi giovani di Ghilarza che sembrano venuti fuori da un romanzaccio pulp.

Insegna alla scuola media Delogu da dieci anni, e siccome fa lezione in tutte e tre le sezioni, conosce uno per uno i ragazzi, cresciuti in paese. "È come se li avessi davanti agli occhi: Christian, Riccardo, Matteo, Nicola e pure C., il più piccolo fra loro... Ricordo com'erano e mi chiedo: cos'è successo dopo?".

Lo strappo - Quel che dev'essere successo è finito dentro le pagine di un'ordinanza di custodia cautelare che riporta i dialoghi delle intercettazioni prima e dopo l'uccisione di Manuel, il coetaneo di Macomer, che pretendeva il saldo di un debito dalla ragazzina del gruppo (residente in un paese vicino). C'è la droga, di mezzo. E il vuoto di esistenze deragliate dentro un brodo di violenza, superficialità, solitudine.

Quando è avvenuto lo strappo? Quando è accaduto che quegli adolescenti delle medie rimasti nel cuore della professoressa Frau sono diventati giovani uomini capaci di fare carne da macello di qualcuno per pochi spiccioli? "Certo, qualche disagio c'era, non lo possiamo negare, ma Christian era un alunno tutto sommato tranquillo, come Nicola - ricorda la docente -. Matteo, tanto timido che quasi non parlava. E Riccardo, si alzava la mattina alle cinque per accudire il gregge all'ovile e poi veniva a scuola. Com'è che ce li ritroviamo dentro questa storia? Tra loro, qui alle Medie, neanche si parlavano".

"Dove si è sbagliato?" - Carlo Passiu, da sette anni dirigente dell'Istituto comprensivo (con Sedilo) che, dalle materne alle medie conta 550 alunni, li ricorda tutti: "Erano ragazzi problematici, però mai ci saremmo aspettati una deriva, tantomeno di questo genere".

Carlo\r Passiu, preside dell'Ipsia di Ghilarza  (Foto L'Unione Sarda)
Carlo\r Passiu, preside dell'Ipsia di Ghilarza  (Foto L'Unione Sarda)
Carlo Passiu, preside dell'Ipsia di Ghilarza (Foto L'Unione Sarda)

Oggi alle Medie, tre sezioni da sempre, gli alunni sono 140. "Sa cos'è assurdo? Che qui facciamo tante attività per i nostri allievi, dai laboratori al giornalino, al tg in sardo trasmesso sul web, ai viaggi-studio, e poi vediamo accadere storie come questa. In che cosa ha sbagliato la scuola? Ce lo chiediamo, anche se sappiamo bene che poi sul percorso di vita dei giovani incidono pure la famiglia, le frequentazioni".

Riccardo il capomastro - Il preside ricorda soprattutto Riccardo Carta, ch'era ripetente. "È riuscito comunque a prendere la licenza media. Ricordo come si era impegnato nel gruppo che aveva rimesso a nuovo la biblioteca della scuola. Aveva il ruolo di capomastro e ne era orgoglioso".

L’Ipsia\r di Ghilarza (Archivio L'Unione Sarda)
L’Ipsia\r di Ghilarza (Archivio L'Unione Sarda)
L’Ipsia di Ghilarza (Archivio L'Unione Sarda)

Era in terza media, allora, il suo ex alunno. E per il preside Passiu è quasi impossibile immaginarselo adesso come un assassino. "Ce lo siamo chiesti tutti: come sono arrivati, i nostri ragazzi, fino a questo punto?". La droga, preside. Può essere la droga? "Noi non ci siamo mai accorti di nulla, dev'essere successo dopo". Qualcuno, qui, è invece finito nei guai per un episodio di cyberbullismo, filmati registrati a scuola e finiti in rete. Cerchiamo di tenere gli occhi aperti, dice il preside. "Mai e poi mai ci saremmo aspettati una cosa come questa".

Piera Serusi

***

IL RITRATTO: Christian, studente modello col sogno del diploma

Suonata la campanella, i ragazzi sciamano fuori. Non c'è la confusione dell'uscita da scuola: gli studenti dell'Ipsia sono 41 appena, tutti i ragazzi di Ghilarza, dei paesi del circondario, persino di Atzara e Sorgono, che sognano un diploma di tecnico elettronico.

Il sogno di Christian Fodde, il ventenne che dalle intercettazioni viene fuori come il maschio alfa del branco e che qui - nell'istituto professionale di Ghilarza a due passi dalle scuole medie e dal liceo scientifico-linguistico - ha studiato fino al 9 ottobre, il giorno prima dell'arresto.

Studenti\r escono da\r scuola (Archivio L'Unione Sarda)
Studenti\r escono da\r scuola (Archivio L'Unione Sarda)
Studenti escono da scuola (Archivio L'Unione Sarda)

Con gli amici aveva massacrato Manuel sulle rive del lago e per un mese intero ha vissuto un'esistenza parallela, quella di uno studente con le mani d'oro e tutto sommato diligente anche nelle materie come italiano. La professoressa Paola Manca e il coordinatore Giovanni Carta sono avviliti: "Per noi è impossibile far coincidere l'alunno che conosciamo con la persona che emerge da questa storia".

Hanno avuto a scuola anche Matteo Satta e Riccardo Carta, che non sono arrivati in seconda. "Matteo era tra i più tranquilli, sempre silenzioso, amava disegnare. Ecco, per noi adesso è anche difficile raccontare tutto questo perché pensiamo alla famiglia della vittima".

Fuori i ragazzi allargano le braccia: "Christian sembrava tranquillo. Si è comportato come nulla fosse: è questo che ci ha spiazzato anche più della violenza". Si è comportato come uno studente qualunque. Se i carabinieri non l'avessero arrestato, avrebbe venduto i suoi libri usati.

(P.S.)

***

L'OMICIDIO

Attesa per le analisi sul Dna - Le indagini: "Nicola Caboni ha nascosto il cadavere di Manuel"

Come era emerso dalle intercettazioni, quasi sicuramente anche altre persone erano a conoscenza dell'omicidio di Manuel Careddu. Ma gli inquirenti per ora si sono fermati al sesto indagato: Nicola Caboni, 21 anni, di Ghilarza.

Ieri pomeriggio ha raggiunto i suoi complici nel carcere di Massama. La sua posizione è certamente meno grave rispetto ai complici; mentre lui dovrà rispondere di soppressione di cadavere, gli altri hanno sulle spalle l'accusa di omicidio pluriaggravato e l'occultamento di cadavere. Inoltre, il "branco" ha iniziato a collaborare con gli inquirenti, mentre Nicola Caboni ha fatto scena muta davanti al giudice e ai loro legali. "Dobbiamo parlare con l'assistito e valutare la sua posizione", spiega l'avvocato Irene Gana, "leggere gli atti, che non ci sono stati ancora messi a disposizione in attesa dell'udienza di convalida".

Il ritrovamento del corpo di Manuel Careddu  (Foto L'Unione Sarda)
Il ritrovamento del corpo di Manuel Careddu  (Foto L'Unione Sarda)
Il ritrovamento del corpo di Manuel Careddu (Foto L'Unione Sarda)

Nicola Caboni avrebbe aiutato gli altri a nascondere il corpo di Manuel, come ha confermato il procuratore della Repubblica: "Il ruolo di Caboni è stato quello di aver fornito un supporto agli altri indagati nell'omicidio", spiega Ezio Domenico Basso, "nello spostamento del cadavere dal luogo dove è avvenuta l'aggressione. Altre intercettazioni ambientali e le indagini ci hanno permesso di individuare il ruolo attivo di Nicola Caboni nella soppressione del cadavere".

Intanto si attende il responso del medico legale sugli esami del Dna, che dovrà ufficializzare l'identità del corpo ritrovato la settimana scorsa nelle campagne di Ghilarza.

***

IL PARERE DELLO PSICOTERAPEUTA

"Troppo facile chiamarli mostri È la droga che annienta i nostri ragazzi".

Alzi la mano chi non ha pensato: questi qui sono dei mostri. Insomma, cinque ragazzi che ammazzano un coetaneo per non pagare un debito di droga, ne seppelliscono il corpo, lo dissotterrano per nasconderlo da un'altra parte e poi cercano di andare avanti con la vita di sempre.

Che accidenti d'altro possono essere? E invece no, avvisa Luca Pisano, psicoterapeuta con studio a Cagliari e direttore del master in criminologia Ifos. "È facile dire che sono dei mostri. Hanno fatto qualcosa di molto crudele, ma non sono dei mostri".

La subcultura dello sballo - La storia e i retroscena del delitto di Manuel Careddu, avverte, andrebbero inquadrati nel mondo di mezzo governato dalla droga. Il mondo in cui uno studente su tre (vale anche per le ragazze) fra i 13 e i 19 anni fuma marijuana e beve alcolici.

"Ragazzi che vivono dentro la subcultura dello sballo e che di questo ne fanno mostra fotografandosi e filmandosi mentre fumano o mentre raccontano dello spaccio. Foto e video vengono poi pubblicati e condivisi tranquillamente su Instagram, Whatsapp e Telegram. Minimizzano la gravità di tutto ciò, basti vedere gli hashtag non sono bello ma spaccio , e rollo ma non mi drogo".

Dentro questa subcultura dello sballo si può arrivare a uccidere? "Non ho letto gli atti e molti aspetti ancora non si conoscono. Ma da quello che ho potuto vedere finora - puntualizza lo specialista esperto di problematiche legate all'adolescenza e ai giovani - ho motivo di pensare che questi ragazzi usassero sostanze particolarmente pesanti. Sostanze che possono rendere manifesta una psicopatologia latente o addirittura attivarla, e possono indurre aggressività, crisi di rabbia, violenza".

Di quali droghe parla? "Ci sono cannabinoidi sintetici, con thc (la sostanza attiva, ndr ) molto più elevato della marijuana naturale, che possono indurre stati psicotici. Oppure il crack e la cocaina, diffusissimi in Sardegna. Per non parlare delle centinaia di nuove sostanze psicoattive che si possono comprare facilmente su Internet".

I pusher ragazzini - Ma i giovani si facevano di droghe anche in passato. "Vero, però ai miei tempi chi faceva uso di sostanze tendeva a nasconderlo. Oggi i ragazzi enfatizzano il consumo raccontandolo sui social perché sono convinti che non ci siano effetti negativi. Minimizzano la gravità dello spaccio non considerandolo un reato, come fosse invece solo una gentilezza tra amici, visto che uno va dal pusher e compra droga anche per gli altri. Oggi lo spacciatore non è più solo una figura terza: può essere anche un coetaneo che poi batte cassa. I regolamenti di conti, con risse e pestaggi tra ragazzi, sono sempre più diffusi. Ecco, qui il regolamento di conti è salito di livello con un omicidio".

I pestaggi tra adolescenti - Qui però ha agito il branco, no? "Certo, ma con la logica di questa subcultura della droga. Anche a Cagliari abbiamo ragazzini e ragazzine che si picchiano per regolare conti rispetto al mancato pagamento della marijuana. Della storia del delitto di Manuel ancora non sappiamo tanto: ma questo tipo di dinamiche patologiche non sono soltanto legate al disagio, ci sono anche le droghe. E il problema è che non se ne parla. Il tema è scomparso pure dalle campagne elettorali".

Il disagio - Nelle intercettazioni però emerge la consapevolezza di aver fatto qualcosa di orribile. "Vero, ma manca completamente l'autoconsapevolezza. Un conto è essere consapevole di ciò che faccio, un altro è essere cosciente di quel che sono. Hanno capito, questi ragazzi, che quello che hanno fatto parla del loro disagio, di sè stessi? Ecco, non necessariamente devi essere un mostro per fare qualcosa di atroce".

***

LA LUNGA LISTA DEI DELITTI TRA GIOVANI

A volte le vittime sono giovani come i loro assassini. Muoiono per uno sgarro, per invidia. Altre volte, invece, pagano conti di altri, familiari soprattutto, e gli assassini non sono soltanto giovani.

La lista di giovani sardi vittima di omicidio è lunga.

Nel riquadro le due vittime, Monni e Masala (Archivio L'Unione Sarda)
Nel riquadro le due vittime, Monni e Masala (Archivio L'Unione Sarda)
Nel riquadro le due vittime, Monni e Masala (Archivio L'Unione Sarda)

Prima di Manuel Careddu , l'8 maggio del 2015 a Orune viene ucciso Gianluca Monni , studente di 19 anni, freddato con tre fucilate mentre aspettava il pullman che doveva portarlo a scuola.

Il giorno prima, a Nule, sparisce Stefano Masala , 28 anni (il cui cadavere non è mai stato ritrovato).

Era il 17 maggio del 2014 quando a colpi di spranga viene ucciso il piccolo Pietro Azzena , 12 anni. Il corpo fu trovato nella sua abitazione, a Tempio, insieme a quello del padre e della madre. Per questo delitto è stato condannato Angelo Frigerio, 32 anni.

Aveva solo 14 anni Cristian Meloni , ucciso a Torpè la notte del 25 gennaio 2004 con una fucilata a bruciapelo alla testa.

Amerigo Zori e Pasquale Coccone , 20 e 23 anni, sono stati uccisi in un bar di Orune il 4 aprile dello stesso anno.

All'età di 20 anni è finita la vita di Manuel Stocchino , di Arzana, ritrovato cadavere il 28 gennaio 1996 nella spiaggia di Arbatax: picchiato e torturato da tre coetanei (tutti condannati) dopo una rissa scoppiata in un bar.

Nell'elenco delle giovani vittime anche Luisa Manfredi , la figlia 14enne di Matteo Boe, assassinata con una fucilata sul balcone di casa, a Lula, la sera del 25 novembre 2003.

Nello stesso anno, il 21 luglio, viene ucciso a Tortolì Federico Toxiri , 21 anni.

Uno scatto di Manuel Careddu dal suo profilo Facebook
Uno scatto di Manuel Careddu dal suo profilo Facebook
Uno scatto di Manuel Careddu dal suo profilo Facebook

© Riproduzione riservata