"Cara Unione,

scrivo questa lettera senza sapere bene se verrà mai letta da qualcuno, se servirà a qualcosa, ma vorrei almeno che quante più persone possibili venissero a conoscenza di una situazione a mio parere vergognosa.

Poste Italiane ha scelto di non far proseguire 17 lavoratori in somministrazione, sul territorio nazionale, con scadenza del contratto al 30 giugno, e c'è il rischio che ciò accada anche ad altri 200 lavoratori, che vedranno la loro missione in scadenza nei prossimi mesi.

Uno di questi 17 lavoratori è il mio compagno, che al 30 giugno arriverà a 24 mesi di contratto e per questo, come altri, verrà semplicemente sostituito.

Il lavoro non manca, quindi la sua posizione non verrà chiusa, ma semplicemente il suo posto verrà preso da qualcun altro, che magari dopo 24 mesi avrà la stessa sorte, se non prima: "Grazie e arrivederci".

A inizio pandemia si è detto tante volte "ne usciremo migliori", ma questo è uno dei tanti casi che dimostra che no, non diventeremo mai migliori. E non lo diventeremo perché continuiamo a chiederci del perché sempre più giovani vadano fuori dall'Italia per lavoro, ma non facciamo niente affinché quest'Italia cambi.

Come pretendiamo che piccole aziende diano stabilità, sicurezza e trattino con rispetto i loro lavoratori, se questo non avviene neanche nelle grandi aziende? Si cercano cavilli, inezie e ogni scusa pur di non essere corretti, perché per me di questo si tratta, di scorrettezza: lasciando a casa dei lavoratori che anche in piena emergenza durante la pandemia hanno garantito, nonostante tutto, il servizio di consegna di posta, pacchi ecc. mettendo a rischio oltre che loro stessi, le loro famiglie.

Ricordiamoci infatti che dietro ogni lavoratore c'è una famiglia, che nessuno di loro è un numero e che come dice la nostra Costituzione l'Italia è una repubblica fondata sul Lavoro e tutti loro chiedono solo questo, il diritto di lavorare, perché il lavoro c'è.

Non vogliono né sussidi, né indennità, vogliono il lavoro che hanno svolto fino ad oggi con dedizione e serietà. Vogliono poter guardare al futuro con serenità. È forse chiedere troppo?

Già ieri c'è stata una manifestazione a Roma, probabilmente ne seguiranno altre, perché i sindacati non si arrenderanno, ma non so se questo basterà a smuovere la coscienza di Poste Italiane.

Io nel mio piccolo vorrei solo dar voce a questi lavoratori.

Vi ringrazio se mi aiuterete a farlo".

Cinzia Lisci

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