"Cara Unione,

capita, per il secondo anno consecutivo, che il World Happiness Report proclami la Finlandia quale Paese mondiale più felice, in base ai comportamenti che sono propri della popolazione. Non una sorpresa, se si considera che a seguire compaiano i 'soliti sospetti', raffigurati dalle democrazie del Nord Europa. L'Italia è al 36° posto.

Cosa deve intendersi col termine 'felicità', quali parametri sono indispensabili per individuarla? Queste classifiche potrebbero essere la cartina di tornasole per catalogare gli individui che non le considerassero veritiere, specie quando 'l'orgoglio personale' le rifugge e non le accetta per principio. L'orgoglio, appunto: ognuno reputa di vivere nel migliore luogo del mondo, nella fattispecie quello natìo, e pazienza se, come spesso accade, ha sempre gravitato attorno ad esso, è uscito raramente dal guscio, non ha comunicato tranne rare eccezioni con genti parlanti altre lingue, costumi, modi di vivere, valori differenti dai propri.

Lo scrivente è nato e cresciuto in Sardegna, ama la sua Terra molto più di quanto dichiarino coloro che si comportano come ne fossero i proprietari; alcuni concetti che il sottoscritto espone, dipendono dall'essersi, fin dalla giovanissima età, affidato all'InterRail, indispensabile per apprendere l'arte dell'arrangiarsi, incontrare e confrontarsi con altre genti, carpirne le differenze, evidenziarle col dialogo diretto, stando a debita distanza da triti e ritriti luoghi comuni e dicerie.

Noi italiani, superate le Alpi anche solo per una breve vacanza, tendiamo in generale a criticare il Paese che visitiamo, risulta spontaneo fare confronti con 'casa nostra', ritenuta migliore; siamo infastiditi allorché ci accorgiamo che certe prerogative poco corrette, abituali nel Belpaese, non possiamo concedercele. Peggio ancora ci permettiamo, magari dopo una settimana di permanenza, di esprimere un giudizio definitivo, irrevocabile e quasi sempre negativo, dello Stato estero visitato, anche a causa dei famosi 'spaghetti al dente' che non troviamo, da cui si diramano una serie di corollari conseguenti.

Di certo, può esprimere una serena e disinteressata diagnosi su una qualsivoglia località fuori dall'Italia, solo colui che vi risiede stabilmente, da buon osservatore si trova a contatto con la burocrazia imperante, interagisce giornalmente con la popolazione autoctona, e stante l'educazione che gli è propria agisce per trasmettere il buon nome della Sardegna e dell'Italia.

Al contempo, è indubbio debba operare mentalmente dei confronti, senza peraltro sbandierarli come trofei.

I finlandesi sono 'felici', e di questo ci si accorge subito, perché la corruzione è praticamente assente, non esiste la criminalità organizzata, sentono la responsabilità e l'importanza del dover pagare le tasse (in questo senso il raffronto con noi risulta impietoso), hanno il senso della collettività e del bene comune (al contrario dello sfrenato individualismo italiano), chi possiede la ricchezza non la ostenta.

Possiedono una virtù a noi sconosciuta: amano fino allo sfinimento il proprio vessillo, la bandiera nazionale (di converso, credo non si debbano dimenticare i milioni che nel Nord Italia consideravano il tricolore alla stregua della carta igienica). Un popolo unito, quindi felice, dove è impossibile che qualcuno non faccia la fila o parcheggi irregolarmente.

Un'ultima considerazione, che a noi parrà incredibile: da queste parti non ho mai sentito urla in televisione, donne scosciate presenti solo per apparire, contrapposizione ideologica basata su insulti reciproci.

Se un politico si permettesse di interrompere l'interlocutore durante il suo turno di intervento, sarebbe radiato dall'elettorato.

Sì, questa è coesione e senso della democrazia, considerate psicologicamente le condizioni climatiche del lungo inverno che metterebbero a durissima e insostenibile prova le genti mediterranee".

Mario Sconamila - Finlandia

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