Quell’agosto 1971 segnò una svolta per le vigne oristanesi e per la Sardegna vitivinicola. L’11, era un mercoledì, l’Isola entrò ufficialmente nel mondo della alta qualità enologica nazionale con la sua prima Denominazione di origine: la Doc Vernaccia di Oristano. Nel panorama vitivinicolo del Bel Paese non fu proprio una primizia, lo prova il fatto che le prime Doc italiane, battezzate nel 1966, avevano già smesso di gattonare e iniziavano a camminare sulle proprie gambe. Ma fu un traguardo importante per quegli anni, un valore aggiunto che a distanza di mezzo secolo esatto andrebbe ricordato e rivitalizzato.

ORIGINI E LEGGENDE. Racconta la leggenda che questo antico e pregiato vitigno nacque dalle lacrime versate da santa Giusta, martire e patrona dell’omonimo paese lagunare dell’Oristanese. Mossa da una grande compassione per le sofferenze che la sua gente era costretta a vivere a causa della pessima salubrità dell’aria, la Santa decise di lenire i dolori per quelle devastanti morti di malaria trasformando il suo pianto in un vino taumaturgico, un’ambra profumata, nata dalle piantine di vite, capace di curare le popolazioni di questo angolo di Sardegna fatto di stagni e acquitrini. Una forza ultraterrena e trascendente, dunque, che nella scia delle tradizioni popolari ancora oggi in qualche modo si ritrova con una spiccata vitalità nel rapporto stretto che lega la Vernaccia alla Sartiglia di Oristano, la storica corsa alla stella diretta dal Componidori. L’abile cavaliere, indossati gli antichi indumenti del capocorsa, si trasforma in un essere supremo suggellando questo lento rituale della vestizione con un bicchierino di Vernaccia un istante prima di sparire dietro la storica maschera di un essere fuori dal tempo. Riguardo invece le origini del nome le ipotesi dicono che il termine vernaccia potrebbe essere legato a “vernacula”, ossia “del luogo”, oppure deriverebbe da «ibernaceum (ibernum ossia inverno) per indicare la caratteristica dell’uva di maturare quasi in inverno, o ancora vernatico (vino che si consuma in inverno)», spiegano dall’Ecomuseo di Tramatza, l’associazione nata per valorizzare la cultura di questo vitigno e del suo vino.

LA STORIA. Per risalire all’origine del vitigno probabilmente bisogna tornare indietro nel tempo attraverso un viaggio di oltre 3 mila anni. È questa l’età dei resti di alcuni vinaccioli ritrovati nel siti di Sa Osa a Cabras. «Grazie alla prova del Carbonio 14 i semi sono stati datati tra 1300 al 1100 a. C., età del bronzo medio e periodo di massimo splendore della civiltà Nuragica. Gli archeosemi ritrovati e analizzati sono quelli della Vernaccia e della Malvasia, varietà a bacca bianca coltivate proprio nelle aree centro-occidentali della Sardegna», spigano ancora dall’Ecomuseo. Ritenuto ormai un vitigno autoctono, le prime attestazioni scritte, al momento, risalgono al 1327 nel “Breve di Villa di Chiesa”, il codice di leggi della cittadina medievale, oggi Iglesias.

Oristano,\u00A0Mostra della Vernaccia 1936. Fonte Archivio L'Unione Sarda
Oristano,\u00A0Mostra della Vernaccia 1936. Fonte Archivio L'Unione Sarda
Oristano, Mostra della Vernaccia 1936. Fonte Archivio L'Unione Sarda

IL DISCIPLINARE. Le norme che prescrivono criteri e requisiti da rispettare per ottenere vini con denominazione di origine controllata Vernaccia di Oristano sono stati fissati nel disciplinare di produzione approvato con Decreto del Presidente della Repubblica l’11 agosto 1971. Le zone di produzione sono individuate nella Bassa valle del Tirso e sono : Siamaggiore, Zeddiani, Baratili San Pietro, Nurachi, Riola Sardo, Oristano (con le frazioni Nuraxinieddu, Massama, Donigala Fenugheddu, Silì), Santa Giusta, Palmas Arborea, Cabras (frazione Solanas), Simaxis (con la frazione S. Vero Congius), Solarussa, Ollastra, Zerfaliu, Tramatza, Milis, San Vero Milis, Narbolia. Dei circa 2000 ettari coltivati negli anni ‘90 oggi si contano circa 250-300 ettari. La base ampelografica impone una vinificazione al 100 per cento di Vernaccia, con rese di uva per ettaro di massimo 80 quintali per le varie tipologie previste: Vernaccia di Oristano, superiore, riserva e infine liquoroso. Per quanto riguarda le caratteristiche analitiche e organolettiche il disciplinare spiega: «Il vino Vernaccia doc si presenta di colore giallo dorato ambrato, profumo delicato, alcolico con sfumature di fior di mandorla, sapore fine, sottile, caldo, con leggero e gradevole retrogusto di mandorle amare». Naturalmente siamo alla sintesi più magra, se solo si pensa alle molteplici e variegate componenti sensoriali e organolettiche di cui è ricco questo vino.

COME NASCE. La vinificazione del Vernaccia di Oristano ha del magico. Si forma in botti scolme così da favorire l’ingresso di ossigeno e la formazione di particolari lieviti che permettono un affinamento “biologico”. «Al termine della fermentazione alcolica i lieviti definiti “flor” appartenenti alla specie Saccharomyces cerevisiae sono capaci di risalire sulla superficie del vino in presenza di concentrazioni alcoliche proibitive per altri leviti, per formare un velo o biofilm più o meno spesso ed esteso», fa sapere l’associazione Ecomuseo. «Il metabolismo dei lieviti “flor” riveste particolare interesse di studio perché è il responsabile della produzione di composti chimici responsabili della frazione aromatica».

LE CANTINE. Nel sito ufficiale dell’Ecomuseo si parla di «sette cantine che oggi producono il vino Vernaccia di Oristano»: l’azienda vitivinicola Contini di Cabras; la Cantina sociale della Vernaccia, Donigala Fenughedu; Silvio Carta, Zeddiani; Famiglia Orro di Davide Orro a Tramatza; azienda vitivinicola Fratelli Serra a Zeddiani; azienda vitivinicola Stefano Pippia, Baratili San Pietro; azienda vitivinicola S’Anatzu, Baratili San Pietro. Tre le cantine storiche: Francesco Atzori Vitivinicola nata nel 1912 e dal 2000 inserita nell’azienda Contini; Produttori riuniti di Baratili, azienda nata nel 1950 oggi non più in attività; e Josto Puddu, azienda nata nel 1962 chiusa nel 2012. Quarto Moro di Arborea e Silattari di Bosa sono le due “Cantine amiche”.

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