L’uomo violento ha un presidio cui rivolgersi, per cambiare davvero. Ma non si aspetti giustificazioni, compassione, mediatori accomodanti.  Il Centro di ascolto uomini maltrattanti del Nord Sardegna, costituito otto anni fa a Sassari, aiuta i responsabili di violenze di genere a trovare la strada per cambiare. Offre una chance, non regala sconti. Nato otto anni fa da un’idea di professioniste e professionisti con esperienza di supporto e sostegno a donne vittime di violenza di genere, il servizio è il primo nell’Isola a prendere in carico degli uomini maltrattanti secondo linee guida europee che stabiliscono standard di qualità nei percorsi di recupero degli autori di violenza nelle relazioni intime.

Al Cam, sedi anche a Nuoro, Olbia e Oristano, opera un staff multidisciplinare: counselor, psicologi, psicoterapeuti e criminologi che hanno acquisito una formazione specifica. Non vengono assistite donne. «Se qualcuna di loro – spiegano al Cam - contatta il nostro servizio, viene inviata al centro anti violenza più vicino».

Nicoletta Malesa, laurea in scienza tecniche e psicologiche, curriculum ricco e articolato, è la presidente, coordinatrice e fondatrice del Cam Nord Sardegna, nonché membro del direttivo Re. Li. Ve. (Coordinamento nazionale dei Centri per il recupero degli uomini autori di violenza nelle relazioni affettive) con esperienza pluriennale nazionale e internazionale nell'ambito del lavoro con gli uomini autori di violenza nelle relazioni affettive. 

Nicoletta Malesa, presidente del Cam (foto Pillonca)
Nicoletta Malesa, presidente del Cam (foto Pillonca)
Nicoletta Malesa, presidente del Cam (foto Pillonca)

Dottoressa Malesa, qual è la resistenza maggiore che incontrate nel coinvolgere gli uomini maltrattanti in un percorso di ravvedimento?

«Penso non si debba parlare di una vera a propria resistenza. Gli uomini che accedono al servizio, sia quelli che vi accedono spontaneamente che coloro i quali sono inviati a seguito di una segnalazione o di un procedimento, non attuano una vera e propria resistenza. Direi piuttosto che riportano un senso di vergogna per il proprio agito in quanto temono lo stigma. Ricordiamoci che parliamo di uomini, ma anche di ragazzi molto giovani. Ecco perché la prima fase del percorso prevede un lungo e importante lavoro di destrutturazione del costrutto violento, oltre che degli stereotipi e dei retaggi culturali, familiari e sociali che ne fanno parte, legati alla “storia” dell’uomo».

Come si avvicinano al vostro centro gli uomini maltrattanti?

«Gli uomini accedono al servizio sia su base volontaria che su invio da parte di terzi. Entrando nello specifico, se nei primi anni oltre il cinquanta per cento degli accessi avveniva su base volontaria, successivamente le percentuali sono cambiate, portando ad un aumento degli invii da parte degli Uffici di Esecuzione Penale Esterna, seguiti dagli accessi spontanei e dagli invii delle Forze dell’Ordine, dei Servizi Sociali e degli altri professionisti. Ad oggi, la stabilizzazione delle norme (introduzione Codice Rosso) ha determinato e sta determinando invii sistematici a seguito dei provvedimenti relativi e conseguenti alla sua applicazione. Un lavoro senza il quale non potremmo contare sui risultati attuali».

Come vi rapportate con le associazioni che tutelano le donne vittime di violenza o maltrattamenti?

La collaborazione con i Cav è fondamentale oltre che suggerita e auspicata, come riportato nella recentemente approvata all’unanimità in Senato “Relazione sui percorsi trattamentali per uomini autori di violenza nelle relazioni affettive e di genere: prevenire e trattare la violenza maschile sulle donne per mettere in sicurezza le vittime” dove si legge che è “fondamentale assicurare la costante collaborazione e scambio di informazioni nella rete con i Centri antiviolenza, anche nell'eventuale attivazione di questi percorsi, secondo le indicazioni del Consiglio d'Europa del 2007 relative ai requisiti standard minimi per i percorsi per la prevenzione e il contrasto alla violenza di genere. Soltanto attraverso la condivisione delle informazioni e la valutazione del rischio può essere garantita la sicurezza delle vittime dirette e indirette” […]. La Regione Sardegna ha colto e accolto queste indicazioni, avviando una cabina di regia per allinearsi a quanto richiesto sia a livello nazionale che internazionale e agendo con lungimiranza».

A che punto è il progetto avviato in collaborazione con la Questura di Nuoro lo scorso anno?

«Con la firma del Protocollo Zeus abbiamo aggiunto un altro tassello fondamentale per il consolidamento della rete. Il raccordo con la Questura di Nuoro, così come con le altre Questure firmatarie (Sassari e Oristano) stringe le maglie nel contrasto a questo importante fenomeno. In ognuna di esse abbiamo trovato interlocutori attenti e interessati, elemento indispensabile per una proficua collaborazione».

La firma del Protocollo Zeus tra Nicoletta Malesa, presidente del Cam, e Alfonso Polverino, questore di Nuoro (archivio L'Unione Sarda)
La firma del Protocollo Zeus tra Nicoletta Malesa, presidente del Cam, e Alfonso Polverino, questore di Nuoro (archivio L'Unione Sarda)
La firma del Protocollo Zeus tra Nicoletta Malesa, presidente del Cam, e Alfonso Polverino, questore di Nuoro (archivio L'Unione Sarda)

Entrando nello specifico, a Nuoro esiste una realtà come Onda Rosa. Avete contatti, avete avuto modo di affrontare problematiche in sinergia?

«La nostra disponibilità ad operare con i Cav di tutta la Sardegna, così come con Onda Rosa, è nota e diffusa. Facendo un raffronto tra il nazionale e il locale possiamo dire che nell’isola non abbiamo raggiunto ancora la stessa coesione, ma sappiamo di lavorare, entrambi, per la stessa ed unica missione: la tutela delle donne e dei minori».

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