L’urbanizzazione tentata, ma non riuscita, del colle di Tuvixeddu, è una storia lunga 14 anni. Una vicenda che si è conclusa nel febbraio del 2021, cioè pochi mesi fa. Sono state infatti le sentenze della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato a mettere una pietra tombale sulle aspirazioni dell’impresa che intendeva realizzare centinaia di migliaia di metri cubi e a eventuali future velleità cementificatorie da parte di chicchessia. Una vicenda controversa, contraddittoria, poco lineare e anche piuttosto contorta. Che Carlo Mannoni ha pensato bene di raccontare in un volume dal titolo esemplificativo: “L’infinita contesa – La tormentata storia della tutela del colle di Tuvixeddu” (Alfa Editrice).
Perché? «Credo per un semplice fatto di coscienza, per una testimonianza civile. Mi sono sentito attore di questa vicenda e volevo in qualche modo lasciare una traccia. Con le sensazioni di chi l’ha vissuta dall’interno, quindi con una valenza emotiva. In ogni caso, si tratta anche di una testimonianza oggettiva, legata alle carte. Diciamo che c’è anche l’obiettivo di far chiarezza su un argomento spinoso, di difficile comprensione e costellata di complicazioni emerse man mano la storia andava avanti. Una sorta di giallo, denso di situazioni imprevedibili».
L’autore, quando la contesa ebbe inizio, ovvero nel lontano 2007, ricopriva l’incarico di assessore della Pubblica istruzione e dei Beni culturali nella Giunta regionale di centrosinistra guidata da Renato Soru. Esecutivo contestato come mai era accaduto in passato proprio per la posizione decisa sull’Ambiente rappresentata simbolicamente dal Piano paesaggistico regionale, quel Ppr avversato dalle opposizioni di centrodestra, da frange più o meno occulte dello stesso centrosinistra e dal mondo variegato dell’edilizia. In realtà, però, le “mani” sull’area della necropoli punica, quasi ignorata dai cagliaritani, l’impresa di Gualtiero Cualbu aveva cominciato a poggiarle nel 2000 con un accordo di programma sottoscritto dal Comune di Cagliari, sindaco Mariano Delogu, e dalla Regione, presidente Mario Floris.
«Una delle ragioni che mi hanno spinto a scrivere il libro – dice Mannoni – è stato il comportamento “blasfemo” della Regione, che aveva violato la legge per consentire la devastazione del colle. Noi bloccammo tutto nonostante da un punto di vista politico fossimo piuttosto deboli. Ma sono sempre stato convinto che tutto sarebbe finito bene per noi, la legge era dalla nostra parte. Certo, con il Tar di Cagliari che ci dava in testa, l’inchiesta penale che ci toglieva sonno, non era di sicuro il massimo della tranquillità che si poteva pretendere. Allora si pensava che il “brutto”, così era considerato Tuvixeddu, fosse irrecuperabile e quindi da modificare in qualche modo senza particolari danni. In realtà, la legge tutela il paesaggio non come bellezza, bensì come bene storico e culturale. Concetti diversi».
Residenze, strade di collegamento tra quartieri cittadini e parchi: da Tuvumannu a Tuvixeddu la vista sarebbe stata stravolta. Ma nel 2006, con l’adozione del Ppr, i progetti degli ingenti piani di investimento si arenarono. E scatenarono una vera e propria guerra di carte bollate con ricorsi, controricorsi, appelli, lodi arbitrali (ritenuti dai giudici non competenti) e risarcimenti stratosferici (in totale oltre 80 milioni versati dalla Regione alla “Nuove Iniziative Coimpresa”). Insomma, un guazzabuglio di vicende che si evolve negli anni ora a favore del privato, ora a favore del pubblico ma lasciando intendere che l’ultima parola non sia mai quella definitiva.
In tutto questo ci sono gli schieramenti, quasi come tifoserie da stadio che inneggiano e festeggiano ogni decisione dei giudici per l’una o per l’altra parte. E la solitudine, pure sofferta, dello stesso Mannoni, costretto in quel frangente ad assumere posizioni difficili non a cuor leggero. D’altronde, Cualbu è sempre uno dei più importanti imprenditori del settore, e non solo in Sardegna, che dà lavoro e crea economia. Ma l’assessore dei Beni culturali ha anche a che fare con Renato Soru, poco diplomatico e scarsamente propenso a mettere in discussione le sue convinzioni. E poi l’inchiesta della Procura con le intercettazioni telefoniche tra l’imprenditore e alcuni consiglieri regionali, non compromettenti pur se un tantino imbarazzanti.
Il libro di Mannoni è puntiglioso, circostanziato e racconta davvero ogni dettaglio di ciò che avrebbe potuto essere e, fortunatamente, non è stato il destino di Tuvixeddu. Che l’impresa, grazie alle sentenze, debba restituire circa 85 milioni alla Regione è quasi un dettaglio anzi, è cronaca. Resta, questo sì, l’enorme patrimonio storico sempre aperto e fruibile in autonomia o con visite guidate. Anche se la gran parte dei cagliaritani non conosce nemmeno il punto d’accesso alla necropoli, ma questa è un’altra storia.

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