C'è chi parte abbastanza bene, migliora e all'improvviso fa grandi numeri. E chi inizia malissimo e chiude con un trionfo. Bestia difficile da addomesticare, il turismo, è vero, ma i risultati spesso dipendono dal domatore. Proprio nel momento in cui la Sardegna riprendeva quota, alberghi e seconde case lavoravano, i b&b si riempivano quantomeno nelle località costiere, l'informazione nazionale ha bollato la Sardegna come "Terra del Covid-19" facendo piovere le disdette. Tutto ad agosto, in un periodo in cui i contagi erano leggermente cresciuti ma comunque sempre sotto controllo ed è esploso il caso Billionaire: Briatore malato, personale contagiato e all'improvviso, nella percezione nazionale e internazionale, la Costa Smeralda si è ingrandita fino a essere scambiata, e identificata, per l'intera Sardegna.

È lo stesso percorso compiuto dal turismo in Trentino, ma con le fasi invertite: partita malissimo, con l'eco dei contagi invernali provocati dal distanziamento non sufficiente (soprattutto negli impianti di risalita) che ancora non si era spenta, la stagione estiva è stata man mano raddrizzata. Fin a raggiungere risultati miracolosi. È finita che al termine di agosto, in luoghi come Canazei e tutta la Val di Fassa in generale (solo per citare un esempio), era difficile trovare alloggio per i turisti, ma soprattutto i prezzi erano decisamente più cari rispetto alla stessa stagione del 2019. Non solo i guadagni non sono stati intaccati, dunque, ma si sono accollati ai clienti i costi di disinfezione: i listini di camere, residence e appartamenti sono stati rincarati. Un azzardo, si dirà, in un momento in cui pochi volevano viaggiare, ma a parlare è il risultato: «È andata perfino meglio delle aspettative», sorride Andrea Weiss, 61 anni, direttore dell'Apt (Azienda provinciale per il turismo) della Val di Fassa: tra luglio e fine agosto ci aspettavamo un dimezzamento degli affari, nel migliore dei casi un calo del quaranta per cento. Invece quel calo è stato del quindici per cento, quindi è andata alla grande».

Così, mentre d'inverno il Trentino era il posto dov'era meglio non andare e tutti in Italia lo sapevano, d'estate ha riconquistato la fama di sempre: è stato scelto da moltissimi turisti, con un'esplosione delle presenze soprattutto di italiani, assolutamente convinti di scegliere una vacanza montana in quanto assai più sicura che al mare. E, risolti alcuni problemi tra cui l'affollamento negli impianti di risalita, in effetti così è andata. «In definitiva», analizza Weiss, «abbiamo praticamente perso il mese di giugno e la prima parte di luglio, quando il sistema ricettivo ha riaperto ma senza che ci fossero prenotazioni, che però sono arrivate subito, in pochi giorni. Di fatto, la stagione turistica estiva è durata due mesi. Fatti i conti, su trecento strutture ricettive sulle quali può contare la Val di Fassa, a luglio ne sono rimaste chiuse sette o otto: quasi nessuno ha rinunciato alla stagione, e i numeri hanno dato ragione a chi ha scommesso senza avere prenotazioni. Vincendo, vincendo assolutamente».

Soprattutto ad agosto, le due settimane centrali nella valle di Canazei, Pozza e Vigo hanno registrato il tutto esaurito nelle strutture ricettive, accuratamente sanificate, mentre il surplus se n'è andato nelle seconde case di cui tutto il Trentino Alto Adige è ben ricco. «I dati sui contagi invernali ci avevano resi, nell'opinione pubblica, un luogo pericoloso per le vacanze. Siamo crollati, ma ci siamo subito rialzati», s'inorgoglisce il presidente dell'Apt della Val di Fassa, che cita lo spirito di collaborazione tra operatori turistici e popolazione trentina. Il risultato lusinghiero è dovuto al fatto che ciascuno ha fatto quel che doveva fare, a partire dai gestori degli impianti di risalita. Sono ormai dimenticate le resse nelle funivie e il sovraffollamento delle cabinovie che si è visto durante l'inverno, quando anche da quelle parti il coronavirus ha cominciato a colpire.

Durante l'estate si sono rispettate le distanze anche in funivia e, nelle cabinovie, gli addetti non facevano più come sempre hanno fatto: stipare di passeggeri ogni cabina nei momenti di punta per ridurre le attese. Quest'estate, al contrario, ogni cabina era occupata da famiglie o gruppi, e pazienza se talvolta le famiglie erano composte da due persone. Accuratamente sanificate, spesso le cabine facevano il viaggio inverso vuote, avendo dunque tutto il tempo per il ricambio dell'aria attraverso le aperture e i finestrini spalancati. Poi, giunti in vetta, i turisti si disperdevano nelle spaziosissime montagne e i contatti tra estranei erano sporadici, oltre che brevissimi. Un vantaggio indiscutibile rispetto a dove, come in Sardegna, il turismo vive soprattutto di mare e mantenere le distanze tra un asciugamano e l'altro è piuttosto complesso, quando si è distesi e immobili in spiaggia. Gli unici assembramenti, in Val di Fassa, erano nei rifugi montani: assembramenti per modo di dire, considerato che si pranzava all'aperto (tranne quando pioveva) e a tavoli ben distanziati tra di loro. E nessuno, mai nessuno, tra il personale del rifugio, si è mai tolto la mascherina in orario di servizio. Poi, di nuovo in cabinovia per la discesa a valle, senza temere contagi, che difatti non ci sono stati.

«La capienza massima di ogni cabina era limitata a due terzi dei posti nominali», sottolinea il presidente Weiss, «ma in realtà questa misura è stata adottata solo per gruppi familiari o comunque già formati». Vero: per la prima volta gli addetti agli impianti di risalita non "gettavano" (con garbo) la gente dentro le cabine, ma consentivano di isolarsi a persone che viaggiavano assieme, concedendo loro una cabina in esclusiva qualunque fosse il loro numero: anche se erano due.

Con tutte queste accortezze, il Trentino in generale ha fatto passi da gigante, recuperando la stagione più di quanto si sperasse. L'Azienda provinciale per il turismo della Val di Fassa ovviamente ha i dati continuamente aggiornati (beati loro) per quanto riguarda le presenze. Nel gergo del turismo, una presenza equivale a ciascuna notte trascorsa in loco da un turista, il quale in una settimana produrrà dunque sette presenze. Il direttore ha un dato: tra giugno e la prima quindicina di giorni di settembre, le presenze son state 1.571.707: «Un dato eccellente, considerato che in giugno abbiamo avuto pochissimi turisti e che la vera ripresa è stata in agosto», commenta Andrea Weiss. «Fatti i conti», aggiunge, «possiamo dire che 355mila persone hanno deciso di trascorrere le proprie vacanze estive in Val di Fassa durante la pandemia da coronavirus. Non sono affatto poche».

Sì, ma come è potuto succedere che una delle regioni in vetta alla classifica dei contagi invernali, alla fine sia stata percepita come un luogo sicuro, Covid free? «Perché i turisti ci conoscono, sanno che si possono fidare, e questo è il risultato di decenni da noi trascorsi ad accontentare il più possibile i visitatori e a guadagnare la loro fiducia. È proprio quel patrimonio di fiducia, che abbiamo puntato sulla ruota delle vacanze estive, e ci è stato riconosciuto. Possiamo dire di aver speso una parte di quello che avevamo guadagnato, in fiducia da parte dei turisti, lavorando bene per tempo lunghissimo. L'importante, in questi casi, è non tradire quella fiducia e in Val di Fassa, come in tutto il Trentino Alto Adige, nessuno l'ha fatto».

È stato così che San Giovanni Di Fassa, nuovo Comune sorto dalla fusione dei Municipi di Vigo e Pozza, località regina dell'estate della Val di Fassa, alla fine ha vinto. Ed è allo stesso modo che Canazei, regina d'inverno con i suoi tour di cinquanta chilometri che gli sciatori possono percorrere cambiando sempre pista, vuole rimanere in piedi per sfruttare la stagione sciistica. E tutti, anche il panettiere, spendono un sorriso in più per coccolare i turisti, ben tutelati.
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