Nella partita green, dove si dà sempre più importanza alla tutela e al rispetto dell’ambiente, e in una Nazione che per la prima volta si ha un ministero Transizione ecologica, a dimostrazione quindi dell’importanza strategica del settore, uno sguardo non può non essere rivolto ai trasporti pubblici. E in particolare a quelli che continuano a essere i più utilizzati dagli italiani, gli autobus. Specialmente per chi vive in città, dove la densità abitativa è più alta, il traffico più intenso e i parcheggi disponibili limitati. Elementi che possono incentivare le persone a scegliere questo spostamento, che rappresenta per molti cittadini l’unica opzione, in mancanza di un proprio mezzo privato.

<Tuttavia anche i bus, come tutti i mezzi di trasporto sia pubblici che privati, funzionano per la maggior parte attraverso processi di combustione. Cioè i principali responsabili delle emissioni di Co2 nell’aria e quindi del cambiamento climatico. Per questo negli ultimi anni i governi nazionali europei, Italia inclusa, hanno cercato di favorire un percorso di transizione ecologica per il settore dei trasporti>, sottolineano gli esperti della Fondazione Openpolis che proprio su questo tema hanno preparato uno studio.

E che il tema sia strategico lo dimostra anche il fatto che nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è stato stabilito che 68,6 miliardi di euro vengano stanziati proprio per la rivoluzione verde e transizione ecologica. All’interno di questa misura sono state incluse anche le risorse per il rinnovo del trasporto pubblico locale, come l’acquisto di bus a bassa emissione.

Ovviamente si deve partire dallo status quo. Cioè, in quali città gli autobus rappresentano un importante mezzo di spostamento? La spendita di questi soldi costituisce un passo importante nel contrasto al cambiamento climatico. Specialmente nelle città, dove l’alta densità abitativa e la conseguente diffusione di veicoli a motore, causa un livello di inquinamento superiore in media rispetto a quello di altri territori.

Intanto nel 2018 si contavano 75,4 autobus ogni 100mila abitanti disponibili nei capoluoghi italiani.

Bergamo è quello con il numero più alto di autobus ogni 100mila abitanti, pari a 167,4. Seguono Cagliari (155 ogni 100mila residenti), La Spezia (145,8), Trieste (132,6) e L’Aquila (126,7).

A Sassari ci sono 85,9, a Nuoro 90,7, a Oristano 72,6 e infine a Carbonia 17,8.

<Nel 2018, in Italia il numero di autobus a basse emissioni era pari a 25,8 ogni 100 bus utilizzati. Una quota che attraverso gli obiettivi europei e i fondi provenienti dal Pnrr potrebbe incrementare. Ma quanto sono diffusi questi bus a livello locale, nelle città italiane?>, si chiedono gli esperti di Openpolis. Latina e Aosta sono gli unici due comuni capoluogo che nel 2018 avevano il 100% degli autobus utilizzati a basse emissioni. Seguono Ravenna (88,7%), Cosenza (88%) e Brescia (87,9%). 

I dati della Sardegna sono sconfortanti: solo Sassari ha infatti bus a bassa emissione, esattamente 3,7 ogni 100 mezzi utilizzati. Insomma, a livello regionali si è, almeno stando ai dati di tre anni fa, ancora molto lontani dea una soglia accettabile di mezzi di trasporto pubblici green.

Ma in generale, nel resto dell’Italia le cose non vanno poi tanto meglio. Solo il 22,2% sono gli autobus a emissioni basse nei capoluoghi di provincia del Mezzogiorno (sempre nel 2018).

Non solo, <34 comuni capoluogo non avevano nel 2018 alcun autobus eco-sostenibile. Tra questi Cuneo, Verbania, Savona, Varese, Lecco, Sondrio e Como. Anche Pavia e Arezzo risultano privi di questi mezzi al 2018, anche se nel 2017 registravano rispettivamente il 47% e il 4,9% di bus a basse emissioni – concludono dalla Fondazione Openpolis - Incrementare la mobilità sostenibile per fronteggiare il cambiamento climatico è uno degli obiettivi dell'Unione europea, che nel 2016 ha lanciato una strategia per velocizzare la transizione verso mezzi a basse emissioni. A tre anni di distanza, sono state inoltre introdotte misure restrittive per le emissioni prodotte dai veicoli a motore con il regolamento europeo n.2019/631».

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