«Non siamo ancora all’ultima spiaggia, anche se ci siamo vicini, perché i porti non sono adeguati al traffico mercantile moderno; gli aeroporti e i collegamenti aerei sono indietro di parecchi anni; la rete stradale e ferroviaria interna non consente lo sviluppo adeguato dei traffici». Trovare le differenze tra l’Isola sulla prima pagina dell’Unione Sarda di 42 anni fa e la Sardegna dei giorni nostri è quasi impossibile. Il mondo dei trasporti non sembra essere andato molto più avanti rispetto all’estate del 1980. Proprio in quei giorni, alla Fiera campionaria di Cagliari, l’assessore Eusebio Baghino aveva convocato una conferenza regionale sul tema, per cercare di svecchiare un sistema arretrato, costoso per i sardi, che già allora lo percepivano come un freno a mano per lo sviluppo economico.

Nel 1980 Il presidente della Regione era il socialdemocratico Alessandro Ghinami, un biglietto Cagliari-Roma con Alitalia costava 90mila lire. Il Cagliari calcio - in Serie A - trattava in quelle settimane l’acquisto di Osellame dal Palermo e Casagrande dalla Fiorentina. Francesco Cossiga era presidente del Consiglio, ma nell’Isola per l’apertura del congresso arrivò il ministro della Marina mercantile - anche lui democristiano - Nicola Signorello.

Il resoconto del discorso dell’esponente del esecutivo nazionale ricorda tanto gli interventi dei politici di questi anni: «Il ministro ha usato molte belle espressioni per assicurare che il Governo, a Roma, non solo ha presenti i problemi della Sardegna in fatto di trasporti, ma ha anche tutte le buone intenzioni di risolverli».

Un Dc9 Alitalia utilizzato negli anni Ottanta (foto archivio L'Unione Sarda)
Un Dc9 Alitalia utilizzato negli anni Ottanta (foto archivio L'Unione Sarda)
Un Dc9 Alitalia utilizzato negli anni Ottanta (foto archivio L'Unione Sarda)

Insomma: tanti sorrisi, pacche sulle spalle, promesse e poco più. La discussione, manco a dirlo, venne incentrata sui prezzi delle navi e degli aerei. «È chiaro che la Sardegna non possa rinunciare ad un sistema tariffario preferenziale, in quanto al momento è il solo che giustifichi un apolitica di riequilibrio a livello nazionale nei confronti di una regione da sempre penalizzata», disse nell'occasione Pasquale Mistretta, non ancora rettore ma “solo” professore di Urbanistica nella facoltà di Ingegneria di Cagliari.

Per il trasporto aereo vennero chieste a gran voce «continuità e puntualità del servizio, efficienza dei vettori, punti irrinunciabili» per i sardi degli anni Ottanta. Poi i prezzi: all’epoca 90mila lire per un biglietto di sola andata verso Roma venivano percepite come una tariffa alta (un giornale costava 300 lire).

I temi sono gli stessi di oggi: grazie a quelle rivendicazioni si arrivò nel 1999 a creare la prima continuità territoriale per la Sardegna. La legge firmata dal deputato Antonio Attili gettò le basi per costruire un ponte aereo con la Penisola, stabilendo diversi criteri a cui i vettori dovevano sottostare e finanziando tutto con 50 miliardi di lire nel 2000 e 70 miliardi dal 2001 in poi. Soldi che poi sparirono di colpo con la Finanziaria del 2007, quella con cui venne definita una parte della Vertenza entrate. E con la quale, a fronte di un aumento - sulla carta - del gettito fiscale, si spostarono sul bilancio regionale i costi della Sanità e della continuità territoriale, ora finanziata con circa 44 milioni di euro all'anno.

Nella conferenza sui trasporti del 1980 gli altri nodi erano rappresentati dalle navi e dai treni. Le prime erano targate Tirrenia (allora ancora sotto il controllo statale) e garantivano collegamenti insufficienti, con cui venivano «penalizzati sia i passeggeri che il trasporto delle merci». La causa? Il monopolio in cui poteva navigare serena la compagnia di bandiera, visto che «la marineria privata è quasi scomparsa dalle rotte sarde», raccontava il giornale dell’epoca. Per vedere la concorrenza, con l’arrivo di Grimaldi e di altre compagnie, l’Isola ha dovuto aspettare quarant’anni.

Non era migliore il servizio offerto da quelle che si chiamavano Ferrovie dello Stato: «La rete (si fa per dire) ferroviaria risale all'epoca di Carlo Felice e marcia ancora alla stessa velocità», scriveva L’Unione Sarda nel 1980 prima di affermare che «i sardi, costretti a fare i conti con intollerabili carenze, sono in una situazione di assurda inferiorità». 

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