La situazione geopolitica ha acceso i riflettori sulle “terre rare”, misteriosi minerali di cui ormai si parla sempre più di frequente e soprattutto diventati fondamentali per lo sviluppo di nuove tecnologie e la produzione di beni di uso comune, dagli smartphone fino alle auto elettriche. Mentre l’oro, bene rifugio per eccellenza, nelle Borse internazionali arriva a quotazioni record (tremila dollari l’oncia), le società che si occupano dell’estrazione di terre rare non brillano sui mercati eppure oggi si parla tanto di questi minerali e sia in Ucraina che in Groenlandia le tensioni politiche dipendono anche dalle risorse presenti nel sottosuolo. E nei prossimi anni, dall’Artico fino all’Africa, non è escluso che le questioni geopolitiche si intreccino con quelle delle terre rare.

Cosa sono

Il presidente Usa Donald Trump continua a dire che nella guerra in Ucraina muoiono troppe persone, ma nelle trattative con Kiev il Tycoon spinge per l’accordo da 500 miliardi di dollari per lo sfruttamento dei giacimenti di terre rare e altri minerali nel Paese guidato da Volodymyr Zelensky. Secondo un recente articolo pubblicato dall’Ansa, le riserve di terre rare presenti in Ucraina si aggirerebbero sui 2,6 miliardi di tonnellate, oltre alla presenza di altri materiali strategici come la grafite (il 20% dei giacimenti mondiali è in Ucraina) o il litio, presente in abbondanza nel Donetsk, la regione controllata ora dai russi in cui si combatte metro per metro.

Va detto, peraltro, per chiarezza, che le terre rare non devono il loro nome alla scarsità nel pianeta, ma alla difficoltà di estrarre e raffinare queste materie, che rientrano peraltro tra quelle critiche, ossia più ricercate nelle attività industriali. Per terre rare infatti si intende 17 metalli presenti nella tavola periodica degli elementi chimici con colori che vanno dal grigio all’argento. Sono inclusi anche lo scandio (Sc) e l’ittrio (Y), oltre all’intera serie dei lantanidi, gli elementi chimici dal numero atomico dal 57 al 71: lantanio (La), cerio (Ce), praseodimio (Pr), neodimio (Nd), promezio (Pm), samario (Sm), europio (Eu), gadolinio (Gd), terbio (Tb), disprosio (Dy), olmio (Ho), erbio (Er), tulio (Tm), itterbio (Yb), lutezio (Lu). Sono così importanti perché hanno straordinarie proprietà magnetiche e conduttive che ne fanno un’ottima materia prima per l’industria elettronica, tecnologica ma anche per le produzioni aeronautiche e militari. Oltre ad essere presenti negli smartphone, nei touchscreen, nelle lampade e negli hard disk dei computer, vengono utilizzati anche nelle fibre ottiche e laser, nelle apparecchiature mediche, nelle batterie delle auto elettriche ma anche nelle turbine eoliche e nei pannelli fotovoltaici.

Le risorse

Lo strapotere della Cina è noto, tanto che gli Stati Uniti tra il 2019 e il 2022 hanno importato dal grande colosso asiatico oltre il 95% delle terre rare utilizzate nelle proprie attività industriali. Ogni anno, Pechino produce 240mila tonnellate di terre rare, circa il 70% del totale mondiale, con l’export in continua crescita (6% solo nell’ultimo anno). Gli Stati Uniti, ad esempio, per fare un confronto, nel 2024 hanno prodotto soltanto 43mila tonnellate di terre rare, e nonostante questo si trovano in una posizione più alta, in una classifica ideale, rispetto ad Australia e Thailandia. La Russia arriva dopo (insieme a India e Madagascar) con 2.600 tonnellate di terre rare. Facile capire a questo punto l’interesse di Mosca per i territori ucraini, e soprattutto il Donbass, dove sono presenti oltre ventimila miniere (per lo più di carbone e ferro) e appunto una consistente riserva di terre rare. I geologi parlano di 2,6 miliardi di tonnellate. Kiev inoltre produce anche grandi quantità (tanto da essere leader nel mondo) di titanio, componente fondamentale nella produzione di missili, e oggi si stima che circa 12.400 miliardi di dollari di valore complessivo di giacimenti energetici, metalli e minerali presenti in Ucraina siano in realtà attualmente sotto il controllo russo. In sostanza, Putin avrebbe la disponibilità del 63% delle disponibilità di carbone, l’11% di petrolio, il 20% di gas naturale, il 42% di metalli e il 33% di terre rare e altri minerali essenziali, a iniziare dal litio, presenti in Ucraina.

Per capire il divario esistente, i giacimenti di terre rare degli Stati Uniti valgono 3,6 milioni di tonnellate, mentre 14 milioni si trovano in Canada. La Cina, invece, oltre a essere leader nella produzione di terre rare, estrae anche il 13% del litio a livello mondiale, e raffina il 35% del nichel, il 58% del litio e il 70% del cobalto.

Uno sguardo sulla Groenlandia

In questo quadro, gli Stati Uniti guardano a qualsiasi area dove siano presenti risorse da sfruttare ma soprattutto ampliare la propria influenza può essere utile per ridurre la possibilità che altri Paesi utilizzino i minerali. In particolare, quelli necessari per le produzioni tecnologiche. Da qui ad esempio le mire di Trump sulla Groenlandia, dove sono presenti, secondo l’Unione europea, 25 dei 34 minerali presenti nell’elenco di materie prime essenziali, tra cui appunto le terre rare. Già nella prima amministrazione del Tycoon, peraltro, nel 2019, venne firmato un accordo per lo sfruttamento delle risorse minerarie della Groenlandia. Al momento, nell’isola artica, popolata da appena 50 mila abitanti, nonostante la presenza di grandi quantità di risorse minerarie e idrocarburi, l’industria estrattiva non è particolarmente sviluppata ed è per questo forse che fa gola, anche se servirebbero investimenti cospicui per avviarla. Al momento, infatti, in Groenlandia esistono solo due miniere, una di rubini e l’altra di anortosite, un metallo che contiene titanio.

La vittoria dei democratici di centrodestra alle recenti consultazioni elettorali groenlandesi spingono sull’acceleratore dell’indipendenza dalla Danimarca, territorio di cui l’isola più grande del mondo, quattro volte la Francia anche se l’80% del suo territorio è coperto da ghiaccio, fa parte dal 1814, quando passò a Copenaghen proveniente dalla Corona norvegese. Nel periodo della seconda guerra mondiale la Groenlandia venne occupata dagli Stati Uniti dopo che la Danimarca fu presa dai tedeschi, ma alla fine del conflitto tutto tornò come prima e addirittura oggi, pur facendo parte del grande continente artico e confinando con il Canada, rientra nei territori dell’Unione europea proprio per l’appartenenza a Copenaghen.

Le mire sulla grande isola, peraltro, non sono legate soltanto alle risorse minerarie, ma anche alle nuove rotte artiche che si stanno aprendo nel nord del pianeta in seguito allo scioglimento della calotta e alle manovre espansionistiche che le grandi potenze, Russia, Stati Uniti e Cina, hanno mostrato negli ultimi anni su questa parte del mondo.

L’Italia e la Sardegna

Le terre rare non mancano anche nel nostro Paese, dove viene segnalata la presenza nel sottosuolo di molte materie prime richieste dall’industria tecnologica. A dirlo è l’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. In Piemonte, ma anche in Liguria e nel Lazio, ad esempio, sono presenti giacimenti di cobalto in passato sfruttati ma poi abbandonati quando ancora non si parlava di utilizzare questo materiale nella produzione di pannelli fotovoltaici. Sempre in Liguria è presente, tra Genova e Savona, la più estesa riserva europea di titanio, peraltro in un parco patrimonio Unesco dove quindi non si può toccare una pietra.

Un giacimento di litio, invece, è segnalato nell’area compresa tra alto Lazio e Campania, mentre lo zinco veniva estratto fino agli anni Ottanta a Gorno, vicino a Bergamo. Sempre l’Ispra segnala che in Liguria e in Toscana è presente il manganese, il tungsteno in Calabria (Cosentino e Reggino) ma anche nella nostro Isola, nell’area orientale e settentrionale, e nelle Alpi centro orientali e spesso è associato a piombo (che in Sardegna si estraeva anche in passato) e zinco. Le bauxiti di Olmedo, poi, contengono quantitativi di terre rare, così come sono presenti nella fluorite di Genna Tres Montes, a Silius, miniera (dove sarebbero presenti circa tre milioni di tonnellate di questo minerale) che di recente è stata autorizzata per riavviare l’estrazione della materia prima utilizzata dalla Fluorsid, azienda del presidente del Cagliari Tommaso Giulini. La fluorite oggi viene usata anche per le batterie agli ioni di litio. La presenza di consistenti quantità di terre rare, peraltro, in Sardegna viene segnalata anche nella miniera di Buddusò. Interessanti poi i depositi di barite del Bergamasco, del Bresciano e del Trentino, e quelli di grafite che si trovano nel Torinese, nel Savonese e nella Sila.

Oltre all’estrazione, non va sottovalutata anche l’attività di riciclo. Numerose aziende nel nostro Paese e in Sardegna si stanno specializzando nel recupero di materie prime critiche dal riciclo di prodotti come smartphone, computer e altro. Non solo. A Macchiareddu, nella zona industriale, la Ecotec di Aldo Imerito opera da tempo proprio nel settore del recupero di materie critiche dagli scarti industriali, anche quelli che contengono materiali molto dannosi per l’ambiente, come ad esempio i fanghi rossi del Sulcis. Un modo green per recuperare e disporre di materie prime non facili da reperire.

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