Sarà perché l’uovo richiama forme elementari di vita (design dunque che è sostanza) ma quei particolari grands œufs di cemento, avveniristici quanto atavici dove nasce e si affina il vino, hanno un non so che di ipnotico. Nati all’inizio del 21esimo secolo, catalizzano un grande interesse tecnologico con un tocco di esoterismo antico che non guasta.

IN PRINCIPIO L’origine moderna dei contenitori ovoidali enologici ha un anno di nascita e un estroso sostenitore. Michel Chapoutier, oggi tra i più affermati vignaioli francesi e produttore biodinamico nel Nord del Rodano, aveva 25 anni quando rilevò l’azienda vitivinicola del nonno nelle terre di Hermitage. Chapoutier, instancabile sostenitore del rispetto dei cicli naturali e della terra, nel 2001 commissionò a Marc Nomblot, titolare di un’impresa leader nella produzione di vasche e tini in cemento, un grande uovo per la fermentazione del vino: era alto circa 2 metri con una capienza di 600 litri. L’obiettivo della particolare richiesta era duplice: spirituale (e su questo si potrà discutere) e tecnologico. La forma sferica dell’uovo - secondo Chapoutier- avrebbe trasmesso al suo vino una nota aromatica, diciamo, trascendente. Sicuramente però quel design così particolare avrebbe prodotto una sua influenza positiva e originale anche sulle qualità sensoriali di quel vino.

Vasi vinari in ceramica, Simei 2022
Vasi vinari in ceramica, Simei 2022
Vasi vinari in ceramica, Simei 2022

FERMENTAZIONE E AFFINAMENTO Dal punto di vista tecnico i vasi vinari ovoidali durante la fermentazione favoriscono nel mosto e nelle vinacce un moto naturale convettivo che in qualche modo agevola l’estrazione e la formazione di aromi particolarmente fini. Grazie alla forma si ricrea un “micro-batonnage” permanente. Altro aspetto importante riguarda il controllo della temperatura del mosto e del vino. La capacità del cemento di stabilizzare (o variare molto lentamente) la propria temperatura rispetto all’esterno, permette nei vasi ovoidali di mantenere pressoché costante la temperatura durante la fermentazione. Vasi ritenuti idonei però anche per l’affinamento, in quanto, oltre alla protezione dagli sbalzi termici, garantiscono nel vino meno spigolosità rispetto all’acciaio. Ricapitolando invecchiamento costante, temperature più stabili e una importante micro-ossigenazione, sarebbero le carte vincenti dell’uovo.

Vaso ovoidale, Simei 2022 (foto r. r.)
Vaso ovoidale, Simei 2022 (foto r. r.)
Vaso ovoidale, Simei 2022 (foto r. r.)

NULLA DI N-UOVO A dire il vero i contenitori da vino in argilla, terra cotta, esistevano già in epoca greca e romana; nella linea del tempo poi tra i Galli e le popolazioni affini si sviluppò e si diffuse l’uso del legno. Mentre va riconosciuta alla California, e siamo in epoca contemporanea, una certa primogenitura nella scelta dell’acciaio. La forma ovoidale, in ogni caso, è il contenitore della vita. L’intuizione di Chapoutier e del suo vino “nato dall’uovo” in realtà non è così avulsa dalla ricerca tecnologica. O sarebbe meglio dire dalla ricerca geometrica-matematica. La particolare forma a uovo rimanda infatti alla sequenza aurea e alle curve ovoidali di Leonardo Fibonacci, il matematico nell’Alto medioevo, scopritore di quel numero vitale che sta alla base di tante creazioni della natura come anche di tante soluzioni architettoniche o di opere d’arte. E così anche il vino può vivere la stessa condivisione. Per citare Luigi Moio, enologo e scienziato di fama internazionale, docente all’Università Federico II di Napoli, «non è sbagliato cercare nel grande vino, nel vino armonico, il rapporto aureo, il numero magico 1,618339... che anche io ho cercato a lungo sui vari rapporti. Ma sempre con estrema difficoltà perché il vino è sfuggevole ed è per questo che affascina». Resta certa l’armonia che trasmette quella forma ovoidale così come la richiesa Chapoutier per la sua nuova vasca vinaria in cemento. È il frutto di un rapporto armonico antico che non lascia indifferente il vino: dall’armonia del Partenone di Fidia alla Gioconda e all’Uomo vitruviano di Leonardo, sino alle geometrie di Mondrian. «Il vero fascino del vino è nella sua armonia, nell’equilibrio con il territorio che lo ha visto nascere», ha sostenuto Moio. Nulla di più idoneo dunque della forma ovoidale con quel suo imprinting naturale,  matematico-fisico e di evidente richiamo al grembo materno. Sono sempre più numerose oggi le aziende che hanno scelto contenitori a forma ovoidale sia per la fermentazione dei vini bianchi come anche per l’affinamento dei rossi. Il cemento privo di vernici e grazie alla sua porosità permette una indispensabile micro-ossigenazione del vino. Stesso processo che avviene nel legno. Ma il cemento e l’argilla assicurano vini più “puliti” (senza quel corredo di tannini e di elementi aromatici trasmessi dal legno) e, rispetto all’acciaio, vini privi di certe sensazioni di durezza al palato. C’è poi il fascino discreto che queste grandi costruzioni ancora suscitano. Come dire: un vino nato dall’uovo può anche diventare un vino delle meraviglie. In tutti i sensi.

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