«Se vince Trump me ne vado»: riecco il tormentone
Dopo la debacle di Biden in tv, artisti e intellettuali liberal di nuovo alle prese con la corsa di The Donald alle presidenzialiPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Ci risiamo. Gli intellettuali e artisti americani sono di nuovo pronti a lasciare il Paese. Dopo la debacle di Joe Biden sono andati subito a cercare i passaporti, e il tormentone «se vince Trump, vado via dagli Stati Uniti» è ufficialmente ricominciato. «Con l’aria che tira cercherò casa in Nuova Zelanda», ha detto dopo il duello in tv il comico della notte Jon Stewart, interpretando il pensiero di molti connazionali terrorizzati all’idea di un bis della presidenza del tycoon. Non sarà né il primo né l’ultimo. Otto anni fa, quando Trump diventò presidente degli Stati Uniti, c’era la fila dei prossimi all’espatrio. «Se vince lui, sarò costretta a lasciare il pianeta», disse Cher durante una raccolta fondi a favore di Hilary Clinton. Negli anni successivi, Bret Easton Ellis prese in giro l’ossessione liberal per Trump nel suo saggio “Bianco”: «Barbra Streisand dichiarò ai media che stava ingrassando per colpa di Trump. Lena Dunham dichiarò ai media che stava dimagrendo per colpa di Trump. Dappertutto c’era gente che incolpava il presidente per i propri problemi e le proprie nevrosi».
Nel 2016 il più arrabbiato di tutti era sicuramente Robert De Niro: «Non posso prenderlo a pugni, è il presidente. Sono un cittadino italiano, probabilmente mi trasferirò lì». Idem Mia Farrow: «Ho già pronto un passaporto irlandese». Nella lista anche Samuel L. Jackson, protagonista di Pulp Fiction: «Se questa spazzatura diventa presidente, muovo il mio culo nero in Sud Africa». E Jennifer Lawrence: «Trump è peggio di Snow, il personaggio contro cui combatto in Hunger Games. Me ne vado». E poi Barbra Streisand, Neve Campbell, Woopy Goldbeg. Eccetera. Quell’anno, gli scrittori - romanzieri importanti come Stephen King, Junot Díaz, Jennifer Egan, Jonathan Lethem, Michael Chabon e Dave Eggers - firmarono addirittura una lettera aperta destinata al popolo americano, ricordando nell’appello che «la storia delle dittature è storia di manipolazioni e divisioni, demagogia e menzogne».
Inutile ricordare che nessuna di queste star e di questi scrittori lasciò l’America. Come non la lasciarono gli intellettuali che avevano minacciato di farlo ai tempi della vittoria di George W. Bush su Al Gore nel 2000. In quel caso avevano già fatto le valigie Alec Baldwin e l’allora consorte, Kim Basinger, mentre l’anziano regista Robert Altman aveva già trovato una località nella campagna francese. Poi arrivarono gli annunci dei vari Michael Moore, Sean Penn, Matt Damon e sempre Barbra Streisand. Gwyneth Paltrow, dichiarava: «Se Bush vince è pura frode. E ne sarei così devastata che me ne andrei a vivere in Canada». Nel 2004 Bush si ripresenta, lo sfidante e John Kerry. Ancora minacce di espatrio e Tom Wolfe che al Guardian dichiara: «Voterei per Bush se non altro per andare all’aeroporto a fare ciao ciao a tutti quelli che dicono che, se vince di nuovo, vanno a vivere a Londra: qualcuno deve pur restare qui».
Nel 2008 la scena si ripete. Si affrontano il repubblicano John McCain e il democratico Barack Obama. «Se vince McCain me ne vado in Europa», minacciano le star. Vincerà Obama, com’è noto, ma loro non si sarebbero trasferite lo stesso.
Ci sono pure le versioni italiche di questo tormentone. Non poteva mancare «se vince Berlusconi me ne vado», e nemmeno «se vince Giorgia Meloni me ne vado». Anche in questo caso non si è mai trasferito nessuno. Tornando a oggi, non è da escludere una variazione del tormentone, con le stesse star e scrittori liberal pronti a promettere che lasceranno il Paese se Biden non rinuncerà a correre.