Il festival di Sanremo è finito, quella di quest’anno sarà catalogato come edizione da record, con milioni di italiani attaccati alla tv fino a tarda notte, con ospiti e super-ospiti capaci di far ballare il pubblico anche dal salotto di casa. Eppure, nonostante il nome della città dei fiori anche quest’anno sia comparso ovunque, 24 ore su 24, sui giornali, in tv e sui social, c’è chi continua a “santificare” Sanremo.

Già, migliaia di persone continuano a scrivere il nome della città mettendo uno spazio tra “San” e “Remo” senza capire che Remo, fratello di Romolo, fondatore di Roma, non è mai stato proclamato santo. Provate a fare un giro sui social (o anche su vari articoli di stampa) per credere: il nome della città che ospita il festival della canzone italiana viene scritto in maniera errata due volte su tre. Nemmeno fosse complicato quanto il nome dei cantanti in gara quest’anno: a parte le vecchie glorie, i giovani avevano nomi d’arte improponibili e impronunciabili, quasi che a sceglierli fosse stato un gruppo di camionisti di Cardiff utilizzando i più bizzarri dialetti del Galles per confondere il pubblico italiano.

Ma su Sanremo no, non si ammettono scuse, il nome è facile da ricordare. Al limite si può far una ricerca storica per capire come sia nato e allora sì che ci saranno sorprese. In realtà il nome Sanremo deriva, infatti, sì da un santo che, indovinate un po’, si chiamava San Romolo! Eppure si tratta di un santo che con i “figli della lupa” simboli della Città eterna non c’entra praticamente nulla.

Sfogliando i libri dei Santi e soprattutto le ricerche fatte da biografi e studiosi liguri, si scopre che Romolo fu vescovo di Genova nel V secolo dopo Cristo e che morì nella sua città natale, Villa Matutiae, che altro non è che l’antico nome della città di Sanremo. Una biografia anonima dice che morì il 13 ottobre e quella è proprio la data in cui ogni anno si festeggia il San Romolo patrono di Sanremo.

Fu un Santo tanto venerato dai matuziani che andavano in pellegrinaggio nella grotta dove pare che il vescovo Romolo si fosse ritirato in eremitaggio all’epoca delle invasioni dei saraceni. Ne chiedevano la protezione e le preghiere in caso di gravi problemi e calamità naturali. Quando morì fu seppellito ai piedi di un altare in città dove rimase quasi sino all’anno 1000, al 930 per l’esattezza, quando i matuziani, per timore delle razzie saracene, portarono le reliquie del vescovo Romolo a Genova per metterle al sicuro nella cattedrale di San Lorenzo. La sua figura prese sempre più popolarità: nella iconografia viene rappresentato con la spada in mano per via delle leggende che iniziarono a circolare per presunti prodigi compiuti proprio in difesa di Villa Matutiae contro i saraceni. Nel 1143 i resti del vescovo tanto amato tornarono a casa, vennero tumulati in una chiesetta che fu consacrata dall’allora arcivescovo di Genova, il cardinale Siro de Porcello.

L'icona di San Romolo patrono di Sanremo
L'icona di San Romolo patrono di Sanremo
L'icona di San Romolo patrono di Sanremo

All’inizio dell’XI secolo, tanta era la devozione che il nome della città cambiò: non più Villa Matutiae ma “Civitas Sancti Romuli”. Per facilità il dialetto locale modificò il nome in San Romolo che veniva pronunciato “San Roemu. Soltanto nel 1400 è diventata Sanremo e San Romolo è diventato il nome della località (ancora oggi esistente) dove si trova la grotta in cui il vescovo si era ritirato in eremitaggio.

Ma la storia, come si addice a tutto ciò che avviene in Italia, era destinata a durare a lungo. Bisogna infatti arrivare al 1928 quando qualcuno decise che da San Romolo si dovesse passare a San Remo scritto staccato, dando origine alla confusione che regna ancora oggi. In Gazzetta Ufficiale, infatti, si stabilì che il nome, staccato, dovesse essere quello della città dei fiori. Ma tanti storsero il naso per quel santo inesistente e, infatti, nonostante il nome fosse stato modificato, nella carte locali, nei segnali stradali e in tante scuole si continuò a parlare di “Sanremo” tutto attaccato.

Altro che disputa tra sindaco e sindaca, tra medico e medica, assessore o assessora. Ci fu un vero e proprio braccio di ferro tra uffici locali e uffici nazionali che non volevano proprio sentirne delle ragioni storiche per le quali si invocava un passo indietro. Che però ci fu, ma molti anni dopo. Già, correva il 1992, anno in cui il festival della canzone italiana era già arrivato all’edizione numero 42 che fu vinta da Luca Barbarossa con la canzone “Portami a ballare”. Seconda arrivò Mia Martini con “Gli uomini non cambiano” e terzo Paolo Vallesi con “La forza della vita”. Nessuno avrebbe mai pensato che un domani sarebbero arrivati sul palco i vari Rkomi, Aka7Even, Yuman, Highsnob e Hu, ma c’era ancora voglia di chiarire definitivamente il nome della città tanto amata dal popolo italiano. E infatti, il 17 giugno di quell’anno i puristi l’hanno spuntata: in Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato lo Statuto approvato dal Municipio della città di Sanremo. Dunque ora è vietato sbagliare. Avete un anno per rifletterci su.

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