Raspino, gigante della Dinamo e della solidarietà
Con un ex maresciallo ha fondato una onlus che reintegra in società gli abbandonati alla nascitaPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Serio, misurato, lontano dai riflettori. Tommaso Raspino è un gigante della Dinamo Sassari, della modestia e della solidarietà. E con l’amico Silvio Piscioneri, maresciallo dell’Arma in pensione originario del basso Lazio ma quartese d’adozione, è l’artefice di un progetto che mira al reinserimento sociale dei ragazzi abbandonati alla nascita.
Il cestista, 35 anni, guardia di ruolo, e l’ex sottufficiale (61) si sono incontrati al porto di Civitavecchia a luglio tre anni fa. «Dovevo imbarcarmi per la Sardegna – racconta l’atleta – con il mio furgone bianco, arrivavo dalla Stella Azzurra Roma. A un certo punto si avvicina a me Silvio e mi dice: “ho questi nove quadri, ho bisogno di portarli in Sardegna”». Ovviamente il campione resta perplesso, ma i suoi dubbi presto vengono spazzati via. «Sono un maresciallo dei carabinieri, ecco il tesserino», gli risponde Piscioneri. «Questi quadri li ho presi all’asta. Sono le undici opere sopravvissute alla strage di Rigopiano. Voglio che diventino un aiuto a chi soffre». Il gigante non ha più dubbi. «Vivevo un momento difficile – rivela l’atleta – e sentivo che dentro di me si era rotto qualcosa. Nella sofferenza, fatta di disturbi psicosomatici, attacchi di panico, crisi d’ansia e acuita con la morte di mio padre, chiesi senza vergognarmi aiuto a Dio. Dalla sofferenza interiore, dall’incontro con il maresciallo è nata in Raspino la gioia di aiutare il prossimo. E la sofferenza ha permeato la statura solidale di Silvio Piscioneri.
«Comprando i quadri di Rigopiano e attraverso i proventi delle esposizioni – aggiunge l’ex sottufficiale – ho voluto costituire con Tommaso una onlus, Io povero, che si occupa di reintegrare nella società gli abbandonati alla nascita». Abbandonati alla nascita come lui che non ha mai conosciuto i suoi genitori, che è cresciuto in un orfanotrofio a Frascati, che ha dovuto combattere con la tentazione della criminalità, subire soprusi a scuola, lottare ogni giorno. «In Sardegna . racconta Piscioneri – ci sono oltre mille orfani, assistiti in case famiglia o da associazioni religiose».
E adesso Io povero vuole accogliere gli sventurati, restituire loro una vita.
«Ricordando la strage di Rigopiano – spiegano l’atleta e il maresciallo – Io Povero attraverso i nove quadri si erge a difesa della chiarezza e dell'onestà, perlomeno intellettuale del ricordo di una strage che attraverso l'arte sopravvissuta ci ricorda che nessuno muore se vive nei cuori di chi resta. I quadri sono di proprietà esclusiva della nostra associazione, ma con la promessa che qualora dovesse presentarsi un personaggio illuminato, ben intenzionato e dal cuore puro, verranno donati se questo aiutasse a servire la causa. Io Povero nasce dall'intento di sensibilizzare le coscienze e aiutare i più bisognosi usando gli strumenti pratici della vita quotidiana. A nulla servono le belle parole e i discorsi infiocchettati di chi cerca l'approvazione delle folle, la ribalta momentanea per poi arroccarsi dietro mura di cinta protette da guardie armate».
Maresciallo e campione del basket donatori e a un tempo depositari di un grande lascito. «Io Povero – sostengono – è un dono che ci è stato fatto, una chiamata a un'amorevole, ma decisa rivoluzione interiore per risvegliare nelle persone il senso di libertà perso in centinaia di anni di sofferenza, tradimenti, maltrattamenti e abbandoni. Insieme stiamo cercando di dar voce, vita e vigore a questo terreno in cui poter piantare i valori da tramandare. Mettere in moto il volano di un progetto come il nostro non è cosa semplice e richiede sicuramente l'aiuto di persone aperte all'ascolto e alla capacità di donare (senza regalare) la propria esperienza e professionalità mettendola al servizio del prossimo e di un bene superiore. Non c'è ritorno personale se non l'Amore stesso e una vita ispirata da esso, quello è il premio più alto per mettersi in gioco e scegliere di essere piccoli, giusti e scomodi».
Io Povero si prefigge molteplici obiettivi, uniti dal denominatore comune dell’amore. «Vogliamo prenderci cura di chi è stato abbandonato alla nascita, dare un futuro a chi un futuro non ce l'ha, ridare dignità a chi l'ha persa, rieducare i giovani e dare senso al vuoto esistenziale percepito, liberare le persone dalle gabbie fisiche e mentali, reintegrare nella società i giovani insegnando loro un mestiere, offrire posti letto in una comunità dove si produrranno beni agroalimentari necessari per l'autosostentamento, aprire i cuori delle persone che non hanno potuto conoscere l'Amore attraverso una rieducazione spirituale, fornire educazione psicofisica attraverso lo sport, conoscenza gestionale ed economica, educazione emotiva e di gestione del conflitto. La nostra comunità è di stampo inclusivo, ma ciò non significherà che chiunque sarà ben accetto. Saranno il grado di purezza dell'animo e la reale volontà di prendersi cura di loro stessi che giudicherà da sé l'inclusione o l'esclusione. Per nostra natura non potremo accettare tossicodipendenti, ma la porta resterà aperta qualora essi riprendessero la spinta verso la vita e tornassero puliti, disintossicati e pronti a cambiare la propria e l'altrui vita in meglio».
I primi passi sono già stati compiuti. Tommaso Raspino e Silvio Piscioneri hanno aperto una panetteria ad Assemini per dare lavoro ad alcuni orfani che nel frattempo intraprendono un percorso di formazione professionale. Altri sostenitori si affacciano a Io povero. Lo ha già fatto Andrea Montovoli, attore e dj originario di Bologna ma residente a Rena Majore, che ora condivide il percorso della onlus. E se il progetto avrà sostanza lo si dovrà a coloro i quali, come Tommaso e Silvio, credono che dalle ceneri di una strage possano nascere virgulti di speranza.