Sono due diritti che devono essere garanti ma quando si incontrano spesso si scontrano e allora bisogna vedere quale e quando cede il passo all’altro: sono il diritto all’informazione, garantito dall’articolo 21 della Costituzione, e quello all’oblio, previsto dall’articolo 17 del regolamento generale sulla protezione dei dati (Gdpr) adottato nel 2018 dall’Unione Europea.

Oggi l’incontro-scontro è accentuato dal fatto che i mezzi di informazione non sono solo più quelli tradizionali (giornali, radio e televisioni) ma si sono moltiplicati. Tutti hanno accesso, e non solo come fruitori, ai siti online, ai blog e, soprattutto, ai social network attraverso i quali si può raggiungere con un solo clic un grandissimo numero di persone.

La Corte di Cassazione è intervenuta sul tema di recente, con l’ordinanza numero 3.013 del febbraio 2024 per cercare di fare chiarezza.

In sostanza, secondo gli ermellini il diritto fondamentale all’oblio può subire una compressione a favore del diritto costituzionale di cronaca solo e soltanto in presenza di presupposti specifici e determinati. La materia è talmente delicata che la Suprema Corte individua i presupposti, quelli e soltanto quelli, davanti ai quali l’oblio cede all’informazione. Il che lascia intendere che senza questi requisiti è l’informazione a dover cedere il passo all’oblio.

Ecco quali sono le circostanze tassative davanti alle quali il diritto all’oblio arretra.

Innanzitutto: se la diffusione dell’immagine o della notizia fornisce un contributo a un dibattito di interesse pubblico, queste diventano prevalenti.

Ancora: non si può invocare l’oblio tutte le volte che sussiste un interesse effettivo e attuale alla diffusione dell’immagine o della notizia. Questo interesse, secondo i giudici del Palazzaccio romano, può essere legato a ragioni di giustizia o di polizia, ma anche alla tutela dei diritti e della libertà altrui, ovvero a scopi scientifici, didattici o culturali.

Il terzo presupposto individuato dai giudici della Corte di Cassazione riguarda l’elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato per la peculiare posizione rivestita nella vita pubblica del Paese. In questo caso quello all’informazione è un diritto prevalente.

Infine la Cassazione sottolinea le modalità che devono essere impiegate per ottenere e dare l’informazione. Questa da un lato deve essere veritiera, dall’altro la diffusione deve avvenire con modalità non eccedenti lo scopo informativo, sempre e comunque nell’interesse del pubblico e in ogni caso scevra da insinuazioni o considerazioni personali, in modo tale da evidenziare un esclusivo interesse oggettivo alla nuova diffusione dell’informazione. Ci deve essere inoltre la preventiva informazione circa la pubblicazione o trasmissione della notizia o dell’immagine a distanza di tempo, in modo da consentire all’interessato il diritto di replica della sua divulgazione al pubblico.

© Riproduzione riservata