La Sardegna dei suini è ancora in zona rossa. Blindata. Nonostante da 26 mesi non si abbia più notizia di casi infetti sia nella popolazione dei maiali che in quella selvatica dei cinghiali. Sembra che per la Regione non sia una priorità premere su Bruxelles perché certifichi la vittoria sulla peste. La Spagna è uscita dall’incubo e sembrava che pure la Sardegna fosse a un passo dal traguardo, alla luce del lavoro svolto dall’Unità di progetto per eradicazione dell’allevamento brado clandestino. Si parlava di un possibile via libera già nel 2019. E invece tutto fermo. Le carni sarde restano nell’Isola e a nulla sembra siano serviti i sacrifici e le migliaia di capi abbattuti, in particolare nel Nuorese e in Ogliastra.

La Sardegna è in zona 3, il girone dei cattivi. In Europa avevano molto apprezzato il lavoro svolto da Alessandro De Martini e Alberto Laddomada. Tuttavia i due responsabili della campagna anti peste si sono dimessi a febbraio, definendosi “emarginati”. Il vento a Cagliari è cambiato e di peste, quella suina, endemica, letale per la nostra economia, non si parla.

Eppure se Cagliari dorme Roma sembra prendere più sul serio la faccenda. L’Ansa nei giorni scorsi dava notizia di una lettera indirizzata alla commissaria europea per la salute e la sicurezza alimentare, Stella Kyriakides, con cui il ministro Roberto Speranza chiede la riclassificazione della Sardegna, attualmente interamente zona rossa.

L'esponente del Governo propone che fatta eccezione per l'area infetta per il selvatico e i territori circostanti, il resto dell'Isola sia considerato indenne all'infezione, quindi tra le zone europee che hanno la possibilità di commercializzare le carni suine dopo oltre quarant'anni di embargo.  Speranza ricorda “I progressi ottenuti negli ultimi mesi, resi possibili mediante la cooperazione di tutte le istituzioni a livello centrale, regionale e locale”. E sottolinea che "recentemente la Regione sarda ha inviato una relazione aggiornata sulle attività per il contrasto alla Psa”. Tuttavia non è chiaro quali siano i confini dell’area infetta. Sarebbe bislacco pensare che proprio Nuorese e Ogliastra possano restare fuori dalla resurrezione del comparto. Forse il ministro non è stato informato del fatto che i controlli dell’ultima campagna venatoria hanno evidenziato come tra i 10 mila cinghiali non ci fosse nessun positivo.

Andando a rivedere i dati del recente passato è possibile vedere come qualche progresso sia stato fatto.

Un addetto al lavoro\u00A0(foto archivio L'unione Sarda)
Un addetto al lavoro\u00A0(foto archivio L'unione Sarda)
Un addetto al lavoro (foto archivio L'unione Sarda)

Nell’inverno 2017-2018 tra i maiali bradi abbattuti erano stati evidenziati 38 maiali bradi viruspositivi e 661 sieropositivi, rispettivamente il 2,9% e il 50,1% del totale degli esaminati, con i risultati più preoccupanti evidenziati nel territorio comunale di Orgosolo. Nell’inverno successivo erano stati riscontrati 15 maiali bradi viruspositivi e 222 sieropositivi (1,8 e 25,2 per cento), mentre nell’inverno 2019-2020 non era stato possibile riscontrare nessun brado viruspositivo e solo 42 sieropositivi (10,9 per cento  degli esaminati). In sintesi, i dati suggeriscono come un progressivo diradamento abbia portato alla scomparsa del virus anche dai maiali bradi, con l’ultimo capo virus positivo riscontrato a Desulo nel gennaio 2019, un anno e mezzo fa. Non è poco.

Nei giorni scorsi una mozione dell’opposizione in Consiglio regionale chiedeva: “è necessario porre in essere una forte azione politica verso il governo nazionale e la commissione europea per richiamare l’attenzione sui risultati fin qui ottenuti, rivendicare il diritto dell’Isola a essere riclassificata nel regolamento Ue e reinserita nel contesto dei mercati europei”. Non agire vorrebbe dire disperdere i risultati di una lotta senza quartiere portata avanti dal 2014 ad oggi con grandi tensioni sociali specie nelle zone in cui l’allevamento brado è tradizione millenaria. Non ottenere il riconoscimento significa tradire le aspettative di chi è uscito dall’ombra e si è messo in regola e avvallare un ritorno al passato, con migliaia di capi al pascolo tra lecci e corbezzoli.  ​​​​​​​

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