C’è solo una sarda nella “Sala delle donne” che hanno fatto la storia della Repubblica voluta, a Montecitorio, dall’ex presidente della Camera Laura Boldrini. È Ninetta Bartoli, che nel 1946 – a 50 anni - fu eletta sindaca di Borutta. Fu la prima in Italia nell’anno in cui le donne, un anno dopo aver ottenuto il diritto di voto, avevano appena conquistato anche quello di essere elette.

Democristiana, Bartoli proviene da una famiglia nobile e agiata. Studia al collegio delle Figlie di Maria, a Sassari, poi torna nel suo paese dove si dedica agli altri, in particolare all’aiuto di poveri e malati assieme al padre missionario Giovanni Manzella. Fonda la Latteria del Meilogu, presiede le Dame della carità, agisce concretamente per consentite ai suoi concittadini di essere artefici del loro futuro.

Non ama fare nulla di ciò a cui si sentono destinate le donne di quell’epoca, né dedicarsi alle cosiddette “arti femminili” né tanto meno sposarsi. E’ una donna risoluta, orgogliosamente indipendente, fatto per niente scontato per l’epoca.

Sono queste doti che fanno sì che il partito punti su di lei. A eleggerla, con una percentuale vicina al 90% dei consensi, è il consiglio comunale del suo paese, che allora conta circa 600 abitanti.

Da sindaca conferma le sue capacità: nei 12 anni alla guida del Municipio fa realizzare le scuole elementari, l’asilo, l’acquedotto e le fognature, il cimitero, una casa di riposo per gli anziani, una filiale cooperativa di credito agrario oltre a una serie di iniziative in campo sociale, molte delle quali finalizzate a dare specializzazioni al lavoro femminile. Quando lo ritiene necessario attinge al suo patrimonio per realizzare opere pubbliche, allora si poteva fare.

Lo fa, ad esempio, per ricostruire il complesso monastico di San Pietro di Sorres, una delle chiese romaniche più belle dell’Isola, ridotta in rovina da anni di incuria e dai saccheggi durante la guerra. Il monastero torna così a essere punto di riferimento delle comunità dei monaci benedettini e di migliaia di visitatori provenienti da tutta l’Isola e dal resto d’Italia.

Durante gli anni di governo del paese, Ninetta Bartoli si distingue per attivismo, concretezza, rettitudine e autorevolezza. Finisce la sua esperienza amministrativa nel 1956 a causa dell’ascesa dei “Giovani turchi” ai vertici della Dc. Si chiamavano Francesco Cossiga, Giuseppe Pisanu, Pietro Soddu, Nino Giagu-De Martini.

Nei vent’anni tra la fine della sua esperienza amministrativa e la sua morte continua a dedicarsi al bene comune.

Il suo esempio ha illuminato la sua comunità, ha dato coraggio a centinaia di donne. Oggi a tener viva la sua memoria ci sono numerose iniziative, tra le quali un premio a lei dedicato dalla sezione sarda della Fidapa (Federazione italiana donne arti professioni affari) che le intitolato un premio che ogni anno viene dedicato a donne che si distinguono nel loro campo d’azione.

Quest’anno – attorno al tema “La forza delle fragilità” - ne sono state premiate cinque: la Garante regionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza Carla Puligheddu, le geriatra-scrittrice Maria Teresa Petrini, la fondatrice dell’associazione Voci dell’anima Elisabetta Manca di Nissa, la Garate dei detenuti Irene Testa e Maria Grazia Olla, fondatrice e presidente dell’associazione Fiocco bianco argento.

Un premio alla memoria è stato attribuito a Michela Murgia, una menzione d’onore è andata a un uomo, Massimo Diana, psichiatra ed ex responsabile del Serd.

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