No, i rimedi farlocchi contro le malattie non sono un’invenzione di questi tempi. Anzi, mentre adesso ci sono, comunque, gli strumenti per scoprire le eventuali bufale. O, forse, sarebbe il caso di dire che ci sarebbero gli strumenti. Perché ancora tante persone puntano su pseudoterapie che possono rivelarsi anche mortali. In passato, ovviamente, non era tanto semplice. E gli imbonitori, i venditori di improbabili rimedi riuscivano ad avere molti seguaci. Il caso più eclatante è, probabilmente, quello dei venditori di olio di serpente. Tanto eclatante che quella definizione, “venditore di olio di serpente” è diventata sinonimo, in inglese, di ciarlatano e truffatore.

Eppure, a volere essere pignoli, quella medicina non sarebbe neanche una totale truffa. L’olio di serpente è sempre stato usato, in Cina, come rimedio contro il dolore (in particolare, contro l’artrite e contro la borsite). Solo che aveva una imprescindibile peculiarità: doveva provenire esclusivamente dai serpenti d’acqua cinese. Un olio particolarmente grasso che, come testimoniato dagli studi effettuati negli anni ’80, è ricco di acidi grassi omega-3. Gli acidi grassi, per intendersi, che oggi sono prescritti per ridurre le infiammazioni (come quelle che portano all’artrite) e la pressione sanguigna.

A confermare l’efficacia dell’olio anche gli studi effettuati in Giappone nel 2007: in quel caso, fu preso in considerazione l’olio dei serpenti di mare di Erabu, la stessa specie dei serpenti d’acqua cinesi. Anche in quel caso, fu accertata la presenza degli omega-3. Fu effettuato anche un esperimento sui topi: i roditori che avevano ingerito l’olio avevano migliorato le loro capacità rispetto agli altri nutriti normalmente.

Come mai allora quell’olio dagli effetti benefici è diventato sinonimo di truffa medica negli Stati Uniti? Quasi certamente a importare il rimedio furono le migliaia di operai cinesi (si stima che siano stati quasi duecentomila tra il 1850 e il 1882) arrivati per lavorare nella costruzione delle ferrovie statunitensi. Per ridurre i dolori provocati dal duro lavoro si cospargevano l’unguento negli arti. Evidentemente funzionava al punto che i colleghi statunitensi decisero di adottare quel rimedio.

Solo che da quelle parti di serpenti d’acqua cinesi non ce n’era neanche l’ombra. E, così, si cercò di estrarre il prezioso olio dai serpenti a sonagli, decisamente più disponibili da quelle parti. Molto disponibili, certo, ma con un olio privo di acidi grassi. E nacquero intrugli dai nomi altisonanti: “Il linimento di Rattlesnake Bill”, “Il ricavato dal grasso di vero crotalo adamantino”, “Il grande linimento a base di olio di serpente degli indiani Yaqui”. Citazione a parte merita “Il composto essenziale di olio di serpente a sonagli di Tex Allen”, fabbricato a Newark nel New Jersey e consigliato praticamente per tutto (dai dolori reumatici ai dolori di schiena, passando per strappi, slogature, mal di piedi, rigidità alle giunture, muscoli indolenziti e, addirittura, irritazione alla gola, mal di testa e mal d’orecchie).

Eppure quei prodotti venivano venduti anche in grande quantità. Merito (o, forse, sarebbe il caso di dire, colpa) dei venditori, dotati di grandi capacità imbonitrici. In quegli anni, la vita nei piccoli centri non era particolarmente movimentata: a dare un po’ di colore erano proprio questi imbonitori che proponevano le loro mercanzie mettendo in piedi veri e propri spettacoli. In fondo, Wanda Marchi e il maestro Do Nascimiento non hanno inventato niente.

E neanche i truffatori del gioco delle tre carte. Perché uno dei sistemi utilizzati per convincere gli ingenui potenziali acquirenti era il far sistemare tra la folla un complice che, al momento opportuno, veniva fuori raccontando di una miracolosa guarigione. Ovviamente l’imbonitore e il suo complice dovevano vendere il prodotto e scappare velocemente perché la giustizia sommaria di quei tempi puniva i truffatori versando loro addosso catrame e piume

Eppure, nonostante le smentite, l’olio di serpente continuò a essere proposto a lungo come rimedio. Almeno sino al 1917 quando un sedicente studioso, Clark Stanley, fu smascherato: gli investigatori federali scoprirono che il balsamo non aveva una goccia di olio di serpente a sonagli ma era un intruglio a base di petrolio, grasso animale (probabilmente bovino), pepe rosso, canfora e trementina. L’uomo ricevette una malto di venti dollari (che corrispondono a quattrocento dollari attuali). E proprio grazie Stanley la definizione “venditore di olio di serpente” divenne sinonimo di truffatore.

© Riproduzione riservata