Muretti a secco, molto più che semplici pietre una sull’altra. Ci sono anche i muretti a secco di Ilbono nella mostra inaugurata nei giorni scorsi a Lerici. Il sindaco Giampietro Murru e il fotografo Ettore Loi sono gli ambasciatori virtuali di quest’arte, patrimonio immateriale per l’Unesco dal 2018.

Una tecnica costruttiva, un valore speciale da conoscere conservare e tramandare, con responsabilità e consapevolezza.

Costruire in pietra a secco significa costruire utilizzando come materiale solo pietre. Nessun legante, sia questo malta o cemento. Un linguaggio universale che caratterizza molte parti d’Italia, d’Europa e del mondo. Un insieme di esperienze, di attenzione alle caratteristiche dei luoghi, di gestione lungimirante delle risorse messe a disposizione dei singoli territori. Questa tecnica ha prodotto nel tempo un’infinità di costruzioni in base alle diverse esigenze del vivere e del lavorare. Ma anche del pregare. Nascono così i muri divisori dei campi, le recinzioni per le greggi, i muri frangivento, i canali per irreggimentare l’acqua, sentieri lastricati e acciottolati, coperture di tetti. Costruzioni perfette, mai banali. Molto più che semplici muri. Vestigia preziose di cui bisogna avere cura. Primo elemento della cura del paesaggio urbano, la cui manutenzione genera lavoro e rafforza l’economia locale. La mostra di Lerici presenta 20 scatti da altrettante zone d’Italia, prima tappa di un’esposizione itinerante che si spera tocchi anche la Sardegna.

In Sardegna qualcosa più che una tecnica costruttiva. Un elemento chiave del paesaggio.

Come salvarli. I Comuni possono fare poco per salvaguardare i muretti a secco. Sono quasi del tutto proprietà di privati. “Questi muretti sono stati alla base delle suddivisioni dei tancati – spiega il sindaco di Ilbono Giampietro Murru -. Un cardine del paesaggio in un’economia agropastorale. Ora purtroppo in parte sono stati abbandonati”. Qualcosa in Ogliastra si appresta a fare il Gal, con un progetto da 50 mila euro per il ripristino dei muretti a Monte Tarè, nelle campagne tra Ilbono e Loceri. L’idea è quella di salvaguardare i sentieri a fini turistici.

Murru può vantare si essere uno dei tre sindaci sardi che vent’anni fa, con Baunei e Talana, firmò la petizione per il riconoscimento di patrimonio immateriale. “Occorrerebbe un progetto regionale di salvaguardia che incentivi le maestranze al recupero di questa arte”. Che si tradurrebbe in possibilità di lavoro.

Quanto siano importanti i muretti per il paesaggio rurale in tutto il mondo è chiaro dalla descrizione che ne fa l’Unesco.

L’elemento della pietra posata senza malta costituisce una caratteristica importante del paesaggio in tutta Cipro, in Francia, in Grecia e in Slovenia, anche se è più diffuso nei villaggi vinicoli della catena montuosa di Troodos (Cipro), nelle isole dell’Egeo e dello Ionio e nelle regioni dell’Epiro e del Peloponneso (Grecia) e nelle regioni del Carso e dell’Istria (Slovenia).

In Croazia, l’uso del “ muretto a secco” è prevalentemente presente nella fascia adriatica-dinarica (regioni dell’Istria, della Primorje e della Dalmazia).

In Italia, le costruzioni in pietra a secco appaiono in molte regioni. In Spagna, esempi di questa tecnica possono essere trovati in tutto il paese, in particolare nelle comunità autonome di Andalusia, Aragona, Asturie, Isole Baleari, Catalogna, Estremadura, Galizia e Valencia.

In Svizzera, la tecnica ha un impatto pronunciato sui paesaggi rurali e altitudinali, in particolare nelle montagne del Giura (Svizzera nord-occidentale), nelle Alpi (Svizzera meridionale) e nella parte sud-orientale del paese.

Va notato che l’elemento è anche praticato in molti altri luoghi e paesi del mondo e potrebbe essere identificabile come una espressione universale dell’interazione umana con l’ambiente naturale.

In Sardegna sono tutelati da una legge regionale del 2004. La loro storia è antica. La costruzione di un muretto a secco con pietre non lavorate o pietre grezze si fa cominciare nel 1820 con l’attuazione dell’Editto delle chiudende. Con questi interventi il paesaggio sardo si è modificato anche da un punto di vista della distribuzione arborea, creando zone di infoltimento vegetativo proprio la dove sorgevano i muri. La ragione di questo fenomeno è stata studiata dal geologo Camillo Reina (1928-1975) che dimostrò la capacità delle pietre di arrestare il processo di evaporazione dell’acqua dal terreno continuando nel contempo a fornire acqua alle radici. Nell’Isola i muretti vengono associati a una lunghissima storia di sangue e agguati nelle campagne. Fino a identificare una tipologia precisa di delitti. Come se la colpa fosse delle pietre.

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