L’arrivo sulle coste sarde dei migranti clandestini, pur «meno evidente rispetto ad altri punti di approdo italiani», è un fenomeno «che merita attenzione soprattutto in considerazione sia della situazione pandemica, sia del possibile “arruolamento” dei migranti quale manovalanza criminale». In particolare nel 2020 si è «registrato un sensibile incremento dei flussi dall’Algeria» il «55,48 per cento in più rispetto al 2019», cioè «1.390 migranti invece di 894».

Nigeriani tenuti sotto controllo dalla Polizia (archivio)
Nigeriani tenuti sotto controllo dalla Polizia (archivio)
Nigeriani tenuti sotto controllo dalla Polizia (archivio)

La mafia nigeriana

Dopo la criminalità organizzata nostrana, la “Relazione sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione investigativa antimafia” presentata dal ministero dell’Interno nell’agosto 2021 e relativa al periodo luglio-dicembre del 2020 si occupa della «criminalità etnica», dove il ruolo predominante è dei cittadini nigeriani che, «oltre al traffico di sostanze stupefacenti», si occupano del «favoreggiamento dell’immigrazione clandestina» e della «tratta di esseri umani». Il documento analizza la presenza della criminalità straniera in Sardegna e spiega che nei quartieri periferici delle città principali, «quali Sassari e Nuoro», nello smercio di droga operano anche «sodalizi di matrice etnica specie di origine albanese», come emerso nell’operazione Seaway del 21 luglio 2019 <nei confronti di un sodalizio italo-albanese dedito al traffico internazionale, detenzione e cessione di sostanze stupefacenti». L’organizzazione importava dall’Albania grandi quantità di cocaina da smerciare principalmente in Costa Smeralda, ma nello stesso campo si muovono anche organizzazioni nigeriane e colombiane «che spesso agiscono in accordo con la criminalità autoctona». I nigeriani in particolare sono «attivi nel traffico di stupefacenti» perché dispongono «di canali di rifornimento sia in Africa sia nel restante territorio nazionale» e possono «servirsi di corrieri che trasportano lo stupefacente confezionato in ovuli ingeriti». Così era emerso, come tante altre volte in passato, grazie all’operazione “Malesya” del luglio 2020: i Carabinieri di Sassari avevano arrestato 37 nigeriani e due italiani componenti di un’organizzazione che spacciava in tutta la Sardegna eroina e cocaina in arrivo dalla Malesia attraverso l’Olanda tramite corrieri ovulatori provenienti da Amsterdam e diretti a Olbia Porto o Torres. Non solo, perché «le organizzazioni di matrice etnica» sono anche «coinvolte nella tratta di esseri umani»: fanno entrare nell’Isola giovani donne poi sbattute in strada qui o in altre regioni per farle prostituire.

Droga e denaro sequestrati ai nigeriani dalla Finanza (archivio)
Droga e denaro sequestrati ai nigeriani dalla Finanza (archivio)
Droga e denaro sequestrati ai nigeriani dalla Finanza (archivio)

Gli arresti della Finanza

Proprio quanto scoperchiato dalla Direzione distrettuale antimafia di Cagliari nell’operazione che, lo scorso ottobre, ha portato a eseguire 40 misure cautelari, 33 in carcere (tra i destinatari sei cittadini africani residenti a Cagliari, Assemini e Decimomannu) e sette ai domiciliari (cinque indagati abitano a Quartu, Cagliari, Vallermosa, Iglesias, Assemini) per un totale di 89 persone in tutta Italia accusate a vario titolo di riduzione in schiavitù, tratta di persone, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio internazionale. Un’operazione che ha visto in campo oltre 600 militari delle Fiamme Gialle all’opera nell’Isola, in Piemonte, nel Lazio, in Campania, in Veneto e in Emilia Romagna, dove agivano tre sistemi criminali il principale dei quali stava a Cagliari. Le donne venivano comprate, prelevate dalla loro casa in Nigeria, trasportate sulle coste libiche e affidate ai trafficanti di esseri umani per sbarcare in Sardegna dopo aver viaggiato a bordo di gommoni insicuri, essere portate in centri di assistenza e poi prese in cura da connazionali che le picchiavano, le terrorizzavano e spedivano sulle strade del capoluogo a prostituirsi o, in qualche caso, a chiedere l’elemosina. Decine di ragazze, alcune poco più che maggiorenni, venivano sottoposte a riti voodoo, minacciate nel caso non coprissero i debiti contratti con l’organizzazione che le portava in Europa (anche 55mila euro), costrette a pagare mensilmente l’affitto dell’appartamento nel quale vivere, la piazzola nel quale esercitare l’attività, la rata dell’investimento sostenuto dal sodalizio per assicurarsi le sue prestazioni. Secondo quanto ricostruito da investigatori e Procura la mafia nigeriana dal 2016 ha incassato oltre 11,3 milioni di euro, 4 solo in Sardegna, inviati in Africa nascosti dentro sacchi di farina, nei fustini di detersivo, dentro manici dei trolley o attraverso il sistema “hawala”, cioè con corrieri di fiducia. Denaro reinvestito in attività apparentemente lecite (immobiliari) o anche illecite.

Le origini

Ma l’insediamento dei nigeriani in Italia è ben precedente, risale agli anni ’80 ed è dovuto ai flussi migratori irregolari verso il nord. Nel 2019 gli stranieri originari di quella nazione regolarmente soggiornanti nel Paese erano circa 177mila, il 57,9 per cento dei quali stava in Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna. Poi, spiega la relazione della Dia, «a comunità operose e inclini all’integrazione si sono progressivamente aggiunte sacche di illegalità». Così nel centro-sud «si rileva il radicamento di organizzazioni criminali etniche in provincia di Caserta, in particolare nell’area di Castel Volturno dove da anni» i gruppi camorristici si sono legati «a sodalizi criminali nigeriani o centro africani». Così un territorio «prima permeato dall’esclusiva presenza criminale dei clan dei Casalesi» è diventato» un esempio di coesistenza delle consorterie nigeriane e ghanesi con la criminalità autoctona». Una coesistenza «precaria, basata su equilibri di forza mutevoli e sulla reciproca convenienza e instauratasi dopo alcune gravissime violenze del passato», tra cui un agguato con l’omicidio di un nigeriano e il ferimento di un suo connazionale nel settembre 2020. Oggi le strutture criminali nigeriane «sono presenti su gran parte del territorio nazionale con presenze importanti nelle isole maggiori, in particolare a Palermo, Catania e Cagliari».

Una piantagione di cannabis sequestrata dai Carabinieri (archivio)
Una piantagione di cannabis sequestrata dai Carabinieri (archivio)
Una piantagione di cannabis sequestrata dai Carabinieri (archivio)

Narcotraffico e prostituzione

L’occupazione principale è la tratta di esseri umani con lo sfruttamento della prostituzione e l’accattonaggio, le estorsioni a cittadini africani, il narcotraffico «talvolta in collaborazione con gruppi criminali albanesi», la falsificazione di documenti e denaro, le truffe e frodi informatiche, i reati contro la persona e il patrimonio. C’è chi comanda, chi fiancheggia, chi fa il semplice pusher. Sono rilevanti i così detti “secret cults”, caratterizzati dall’organizzazione gerarchica, da una struttura paramilitare, dai riti di affiliazione, da codici di comportamento definiti “mafiosi” dalla stessa Cassazione. Quali operazioni abbiano disvelato l’esistenza di simili organizzazioni e comportamenti, sarà oggetto della terza e ultima parte dell’approfondimento.

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