La protesta? Un disco senza musica
Mille artisti in campo contro gli abusi dell’intelligenza artificialePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Un disco firmato da Kate Bush, Damon Albarn (Blur, Gorillaz), Tori Amos, Annie Lennox, Pet Shop Boys, The Clash, Jamiroquai e altri mille artisti? Fantastico, no? Peccato che dentro non ci sia nemmeno una nota.
Il 25 febbraio 2025, la Virgin Music ha pubblicato "Is This What We Want?", un album di protesta senza precedenti: dodici tracce di puro silenzio, create per denunciare l’uso illecito di opere protette da copyright nell’addestramento dell’intelligenza artificiale. L'iniziativa, ideata dal compositore britannico Ed Newton-Rex, ha riunito oltre mille artisti, uniti nella battaglia contro le Big Tech e le proposte del governo britannico che rischiano di legalizzare l’utilizzo non autorizzato delle loro creazioni musicali per alimentare le IA.
Il messaggio del disco è chiaro e diretto. I titoli delle dodici tracce, letti in sequenza, formano una frase inequivocabile: "Il governo britannico non deve legalizzare il furto di musica a beneficio delle aziende di IA". I proventi delle vendite saranno devoluti a Help Musicians, associazione che sostiene economicamente gli artisti in difficoltà.
L'ira degli artisti: "Non rubate la nostra musica"
La protesta nasce dalla proposta del governo del Regno Unito di esentare la Silicon Valley dall’aderire al diritto d’autore nella costruzione delle piattaforme di intelligenza artificiale. In una lettera aperta pubblicata dal Times e firmata da numerosi artisti, viene denunciato quello che viene definito un “regalo senza precedenti” alle Big Tech, a scapito dei creatori di contenuti.
"Questa proposta rappresenterebbe una totale cessione di diritti e redditi dai settori creativi del Regno Unito alle grandi aziende tecnologiche. Andrebbe a violare il diritto morale dei creatori di presentare il proprio lavoro come desiderano e distruggerebbe un sistema di copyright solido e riconosciuto da 300 anni, che protegge artisti e imprese creative, grandi e piccole", si legge nella lettera.
Gli artisti sottolineano inoltre come le industrie creative contribuiscano annualmente con 126 miliardi di sterline all’economia britannica e diano lavoro a 2,4 milioni di persone, di cui il 70% al di fuori di Londra. Il settore non solo genera ricchezza, ma è un pilastro del turismo e dell’identità culturale del paese.
L'avanzata dell’IA e la sfida del copyright
L’impiego di intelligenza artificiale nella creazione artistica è ormai una realtà consolidata. La nuova generazione di AI generativa si basa sull’analisi di vaste moltitudini di dati, spesso estratti dal web senza il consenso dei legittimi proprietari. Nel mondo della musica, il problema è esploso nel 2024, quando Sony Music, Warner Music e Universal Music hanno citato in giudizio le startup Suno AI e Udio, accusandole di aver addestrato i loro algoritmi con brani coperti da copyright senza autorizzazione. Contemporaneamente, il governo britannico ha avviato una consultazione sul copyright e l’IA, proponendo una controversa eccezione per il data mining, processo di estrazione di informazioni utili da un accumulo di dati digitali che permetterebbe alle aziende di intelligenza artificiale di utilizzare contenuti protetti senza dover chiedere permesso ai creatori.
Questa prospettiva ha allarmato il mondo della musica. Due patriarchi del pop come Paul McCartney ed Elton John sono stati tra i primi a denunciare il rischio che il nuovo regolamento possa spazzare via i diritti degli artisti, consentendo alle aziende tecnologiche di sfruttare gratuitamente il loro lavoro. "Non esiste alcuna giustificazione morale o economica per rubare il nostro copyright. Toglierlo significherebbe devastare l’industria e compromettere il futuro della prossima generazione", affermano i firmatari della lettera aperta.
La battaglia continua
Gli artisti chiedono al governo britannico di adottare gli emendamenti Kidron, introdotti dalla Camera dei Lord nel Data (Use and Access) Bill, che bilanciano la tutela dei diritti d’autore con lo sviluppo dell’IA. La loro posizione non è di chiusura verso l’innovazione tecnologica, ma di difesa di una proprietà intellettuale solida e garantita, necessaria affinché la creatività possa continuare a fiorire nell’era digitale.
Il silenzio di "Is This What We Want?" urla più forte di qualsiasi melodia. È una provocazione, un monito, ma anche un appello urgente: proteggere la musica e chi la crea, prima che sia troppo tardi.