A Roma, nella Galleria Borghese, un magnifico gruppo scultoreo di Gian Lorenzo Bernini, fa emergere dal marmo una delle più emozionanti vicende narrate dall'Eneide di Virgilio. È la complicatissima fuga di Enea dalla città di Troia appena espugnata dai greci: il principe troiano, secondo in gloria soltanto al cugino Ettore, prende il figlio Ascanio per mano e si carica sulle spalle il vecchio padre Anchise, paralizzato nelle gambe e con la schiena curva, che tiene stretto in mano il vaso con le ceneri degli antenati, radici preziose da salvare insieme alla famiglia.

Neanche per un istante l'eroe ha pensato di facilitarsi la fuga dalla città in fiamme liberando le spalle da quel peso. Nemmeno per un minuto ha ascoltato il padre che lo invitava a lasciarlo indietro per avere maggiori possibilità di avere salva la vita.

Forse anche a chi non ha una cultura classica è nota questa toccante storia, forse a tanti sarà tornata in mente mentre, nei mesi scorsi, la pandemia ha reso straziante il saluto di migliaia di persone dai propri genitori, nonni e amici anziani, che l'incubo del coronavirus lo hanno affrontato da soli nei letti degli ospizi, delle rsa trasformate, nonostante l'abnegazione di tanti operatori sanitari (molti dei quali ci hanno rimesso la vita), in centri dei focolai del virus più difficili da spegnere.

In tanti hanno vissuto lo strazio di non poter dare l'ultimo saluto ai propri anziani, in tanti avrebbero voluto caricare le proprie spalle di quello che, mai e poi mai, avrebbero considerato un peso da gestire. In tanti vivranno, da quando gli è stata consegnata una fredda urna con le ceneri, con il dubbio devastante di non aver fatto abbastanza per salvare dalla morte i propri cari ai quali non hanno potuto dare una parola di conforto nei giorni in cui il virus portava via le loro vite; e nemmeno l'estremo saluto quando i medici hanno dovuto arrendersi.

Sono infatti migliaia, in Italia, gli ospizi e le residenze sanitarie assistite che, a partire dai primi anni '90, sono stati creati per dare un supporto alle famiglie che, da sole, non erano in grado di dare tutta l'assistenza medica ai propri anziani colpiti da gravi patologie psico-fisiche. Sono per l'esattezza, unendo sanità pubblica e privata, secondo un recente report (stilato in piena pandemia) dell'Istituto Superiore di Sanità, ben 4.629 di cui, poco meno del 30 per cento, nella sola Lombardia. A questa regione va, secondo questo report, il triste primato dei deceduti tra gli ospiti delle diverse strutture che, dal primo febbraio al 6 aprile, sono stati, a livello nazionale, 3.859. A queste persone anche il Comitato nazionale per la Bioetica (CNB), nel suo recente parere intitolato "Covid-19: decisione clinica in condizioni di carenza di risorse e il criterio del triage in emergenza pandemica", ha voluto dedicare una riflessione. Questo parere è arrivato circa un mese dopo le Raccomandazioni della Siaarti (Società scientifica italiana degli anestesisti rianimatori e terapisti del dolore) secondo cui la pandemia poneva davanti a uno scenario "in cui potrebbero essere necessari criteri di accesso alle cure intensive (e di dimissione) non soltanto strettamente di appropriatezza clinica e di proporzionalità delle cure, ma ispirati anche a un criterio il più possibile condiviso di giustizia distributiva e di appropriata allocazione di risorse sanitarie limitate". Situazioni che per gli anestesisti rianimatori potrebbero anche rendere necessario "porre un limite di età all'ingresso in terapia intensiva", in una logica che privilegi la "maggiore speranza di vita". È chiaro che in un contesto simile la popolazione più fragile, come quella anziana, si troverebbe (e così, purtroppo spesso è stato) all'ultimo posto.

Il documento del CNB si schiera, ritenendola profondamente ingiusta e illegittima, questa conclusione. Va rimarcato - dicono i firmatari di questo parere - l'eguale diritto degli anziani a ricevere cure adeguate e, quando in questo periodo sono ricoverati in strutture dedicate (ad esempio Rsa), ottenere dispositivi di protezione appropriati per il Covid-19, con indagini tempestive e numerose per isolare i pazienti affetti dal virus dagli altri degenti. Le sofferenze che si accompagnano alla morte causata dalla insufficienza respiratoria devono essere evitate attraverso l'adozione di protocolli adeguati, che includono ovviamente la terapia del dolore e la palliazione, quando necessarie". È stato davvero così nei tragici mesi in cui le famiglie si sono trovate nell'impossibilità di assistere alle ultime ore dei propri cari? In parte sì e in parte no. In tanti si sono potuti affidare alle amorevoli cure di tanti operatori sanitari e le cronache di quei giorni terribili che hanno accompagnando il lockdown ci hanno regalato storie emozionanti. Ma quelle carezze amorevoli erano comunque carezze di estranei e, purtroppo, non sempre sono arrivate. E infatti tante altre storie, emozionanti ma in senso negativo, saranno ora analizzate nelle aule dei Palazzi di giustizia.

Ora che la lotta al virus non è ancora finita ma la si affronta con più armi, non solo scientifiche, sarebbe forse opportuno far riprendere la discussione sulle diverse metodiche di assistenza delle persone anziane. A questa conclusione sono già arrivate tante famiglie che hanno deciso, quando hanno potuto riabbracciate i propri cari scampati all'incubo Covid-19, di seguire la strada indicata da Enea, riportando a casa i propri anziani.

Ma non è sempre semplice prendere la decisione inversa a quella presa quando, con sofferenza, si è deciso di portare un anziano nella Rsa: spesso ci sono enormi ostacoli e non solo economici. Molte comunità hanno sposato da tempo la scelta dell'assistenza domiciliare integrata e forse questa potrebbe essere la strada giusta da potenziare nel momento in cui si va a studiare una nuova distribuzione delle risorse. I costi della sanità pubblica e privata, legati alla gestione della popolazione anziana, sono altissimi e la lezione del coronavirus potrebbe essere fondamentale nel dirottare ingenti risorse a supporto delle famiglie che gli anziani vorrebbero tenerli - se solo ne avessero la possibilità - in casa. È una riflessione complessa, ma non si deve dimenticare che i numeri della popolazione anziana si faranno ogni giorno più grandi e non si deve assolutamente farsi trovare per una seconda volta impreparati.

Per troppo tempo, come lo stesso CNB ha ricordato, è stata sottovalutata l'allerta sul rischio di pandemie globali lanciata da organismi internazionali, con conseguenti ritardi nella preparazione a fronteggiare le emergenze sanitarie. Il Covid ha provato a tutti che non si trattava di allarmismo: occorre rimboccarsi le maniche e far sì che, come Anchise, anche i nostri anziani possano avere spalle forti su cui appoggiarsi e essere testimoni ancora a lungo, e possibilmente circondati sino all'ultimo dagli affetti più cari, delle nostre radici.
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