La guerra esplosa in questi giorni in Israele ha creato profonda tristezza in tanti ebrei. Sentimenti che si vivono anche a Oristano: la testimonianza dell’avvocata Donatella Pau Lewis è significativa. Vive queste giornate con dolore, grande preoccupazione e costante attesa. E la sua mente corre veloce indietro nel tempo, fino alla storia della nonna. Una storia talmente affascinante che l’avvocata ha scritto un libro dedicato a Martha Lewis.

Martha Lewis. Foto concessa
Martha Lewis. Foto concessa
Martha Lewis. Foto concessa

“La visione dei video sulla disumana presa di civili ebrei da parte dei miliziani di Hamas non può non farmi pensare alle deportazioni naziste e alle difficoltà sopportate da mia nonna Martha Lewis e da mio padre Pierpaolo nella vigenza delle leggi razziali e durante l'occupazione di Roma”. L’avvocata Pau Lewis racconta che la nonna era una ebrea americana, cantante lirica di caratura internazionale che si innamorò del nonno Antonio, si sposò con lui a Londra nel 1925 e si trasferì a Cagliari dove nel 1926 nacque il padre. “Dopo anni trascorsi serenamente e in armonia, tutto sembrò precipitare nel 1938 con l’entrata in vigore delle Leggi Razziali. Fu per questo che papà venne inserito in un collegio cattolico a Firenze. Nel 1943, al termine delle lezioni, dopo aver trascorso insieme il mese di agosto in giro per il centro Italia, papà e nonna si trovavano a Fermo e decisero di far rientro in Sardegna. Quindi, andarono a Roma. Il loro arrivo l’8 settembre, coincise con la firma dell’Armistizio”.

Per loro era impossibile tornare in Sardegna, le navi mercantili erano state requisite dalla Marina Militare. Dovettero, quindi, fermarsi in una Roma occupata dai tedeschi. Da tempo i loro nominativi erano stati inclusi negli elenchi degli ebrei. “L’esigenza di nascondere la loro identità, di trovare un alloggio sicuro, di procurarsi cibo e tessere in attesa della liberazione dei “fratelli” americani, peraltro percepita sempre più lontana, trovò risposta in Amedeo Strazzera Perniciani, marito di Elvira, sorella di mio nonno Antonio. Zio Amedeo procurò loro documenti falsi e una abitazione” si legge nel libro dedicato alla nonna Martha. “Mi piace ricordare che papà e nonna non furono gli unici a ricevere il suo aiuto. Infatti, centinaia di persone si salvarono grazie a lui e non solo ebrei ma anche partigiani, tra i quali Sandro Pertini, Giuseppe Saragat, Stefano Siglienti, Lucio Lombardo Radice, tutti impegnati nella Resistenza”.

Quelli sono stati i momenti più difficili dell’intera esistenza di papà e nonna dell’avvocata Pau Lewis. La vita nella Roma occupata dai tedeschi era difficilissima e si svolgeva in un clima spaventoso di paure, delazioni, sospetti.

“Nel dicembre 1943” racconta l’avvocata, “erano state richiamate le classi di leva dal 1921 al 1925, si avvicinavano inesorabilmente i 18 anni di papà che all’epoca militava nella Resistenza cattolica. Era esuberante e coraggioso e forse anche grazie al suo aspetto “ariano”, alto, biondo con gli occhi azzurri, riuscì sempre a farla franca.

Pierpaolo Pau Lewis. Foto concessa
Pierpaolo Pau Lewis. Foto concessa
Pierpaolo Pau Lewis. Foto concessa

Papà e nonna abitavano nel Ghetto in Via del Tempio, proprio davanti alla Sinagoga, dove il 16 ottobre 1943 fu effettuata la retata dei tedeschi che portò al sostanziale annientamento della Comunità ebraica romana. La difficile situazione a Roma durò fino al 4 giugno 1942 quando arrivarono, finalmente, gli americani. Nonna andò subito all’Ambasciata americana, sfoderò tutte le sue arti di attrice ed ottenne di essere condotta assieme a papà, a bordo di una jeep militare, a Napoli dove si imbarcarono sulla prima nave diretta in Sardegna”.

Donatella Pau Lewis non ha mai conosciuto la nonna Martha, lei morì a Cagliari il 29 ottobre 1953, molti anni prima della sua nascita. “La mia immagine di lei è quella che vedo guardando le sue foto e tutti gli oggetti che lei mi ha lasciato e che mi hanno accompagnato in tutta la vita. Sono vissuta tra le sue cose, le sue foto, i suoi vestiti, gli articoli dei giornali che parlano di lei, le locandine dei suoi spettacoli, i suoi spartiti, i suoi gioielli, gli oggetti che ha comprato durante i suoi viaggi. Lei ha vissuto nei racconti dei miei parenti che l’hanno conosciuta ed amata. Lei mi è stata sempre accanto ed è stata una guida più di quanto lo siano stati altri che ho conosciuto personalmente”.

L’eredità lasciata dalla nonna? “Le nostre radici ebraiche. Grazie a lei ci siamo sempre sentiti ebrei.

Un ebraismo laico legato allo Stato di Israele la cui nascita ha “costretto” noi e gli ebrei di tutto il mondo a fare i conti con l'intera vicenda storica ed identitaria. Mio padre Pierpaolo non ha mai ostentato tale identità che pur sentiva forte. Ho avuto una prova certa di questo suo sentimento nel 1985.

Mio padre stette molto male e venne ricoverato per una peritonite acuta. Aveva la febbre molto alta e delirava. Era agitato e diceva di voler partire: non ci volle molto per capire che voleva andare in Israele per combattere nella “Guerra dei sei giorni”! (terminata quasi vent’anni prima).

Sono cresciuta con l’ammirazione per un Paese che faceva crescere i frutti nel deserto, che aveva trasformato la sabbia in giardini e orti, che contro ogni previsione era riuscito a sconfiggere i suoi vicini ostili nelle guerre difensive del 1967 e del 1973, e che come l’America, patria di mia nonna, credeva nella democrazia ed era disposto a difenderla a ogni costo. Questo per me rappresenta Israele: il sogno di un popolo pieno di vita, con uno spirito combattivo ma sempre in cerca della pace.

La sua esistenza ci rendeva orgogliosi di essere ebrei. La possibilità che un popolo disperso in circa 70 Paesi potesse riunirsi in un minuscolo territorio privo di risorse e circondato da avversari e riuscisse a sopravvivere e a prosperare era infinitesimale. Israele, contro ogni previsione è riuscita a farlo! Inoltre, nonostante tutte le critiche che potremmo muovere contro Israele, resta il fatto che è sempre stata una vera democrazia.

Mio padre è sempre stato sionista e io lo sono ancora. Essere sionista oggi non significa voler vivere in Israele o essere necessariamente d'accordo con tutto ciò che fa il suo governo, ma piuttosto vedere nello Stato d'Israele un elemento centrale della stessa identità ebraica”.

Oggi, essere sionista significa “difendere l'esistenza dello Stato d'Israele, aiutare gli ebrei perseguitati in tutto il mondo dove e quando ciò è necessario, mantenere un interesse costante per ciò che accade al popolo ebraico dentro e fuori Israele. Fino a ieri aiutare Israele ad affrontare campagne denigratorie e ostili, oggi più che mai sostenerla nella guerra contro i terroristi di Hamas e i loro sostenitori dentro e fuori la striscia di Gaza.

Nonna, dopo l’entrata in vigore delle leggi razziali, è stata costretta a rinnegare le sue origini ebraiche e, quindi, oggi sfoggio orgogliosamente il mio girocollo con la stella di David anche perché lei per molto, troppo, tempo non l’ha potuto fare”.

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