La Cattedrale di Nuoro: 150 anni di storia e tesori
Esposizione di paramenti liturgici e argenti organizzata dalla Diocesi per celebrare la dedicazione a Santa Maria della Neve del 1873Un libretto del 1636 raccoglie formule e preghiere di esorcismo, un altro del 1772 tutte le regole per una buona confessione. Un piviale di colore azzurro risale al XVIII, integro nonostante il tempo passato perché in uso solo in Spagna durante le festività mariane e in Sardegna mai indossato sull’altare. Sono alcuni gioielli esposti nella mostra organizzata dalla diocesi di Nuoro per celebrare i 150 anni dalla dedicazione della cattedrale di Santa Maria della Neve. Un viaggio nel tempo anche con oggetti precedenti al 3 luglio 1873, data ricordata con un anno giubiliare che si conclude tra un paio di mesi. Quel giorno di quasi 151 anni fa a presiedere la celebrazione c’è il vescovo Salvatorangelo Maria Demartis di cui l’artista Antonio Ballero nel 1895 realizza un ritratto che apre l’esposizione nuorese, allestita nella sala San Giovanni Paolo II, in piazza Vittorio Emanuele.
«Una Cattedrale che celebra i 150 anni della sua dedicazione è una comunità ricca di storia e quindi di memoria», spiega monsignor Antonello Mura che guida le diocesi di Nuoro e Lanusei. «La Cattedrale – aggiunge – ci invita a respirare a pieni polmoni, a pensare in grande. Vedere il sacerdote e il vescovo portare lo sguardo su un calice o su una casula, come anche osservare un turibolo o un candelabro ci riempie di storia vissuta e di gratitudine costante. Come se respirassimo contemporaneamente secoli di Parola donata e di pane consacrato, di comunità vive, di gioie e di difficoltà condivise».
La mostra, curata da Francesca Pirodda in collaborazione con il Capitolo dei canonici e aperta fino al 15 giugno, è una vetrina speciale di argenti, paramenti, libri liturgici, sigilli.
«Questo piviale è tipicamente quaresimale, era viola ma la luce lo ha sbiadito e trasformato in grigio», spiegano i seminaristi che accolgono i visitatori. Tessuti preziosi parlano a loro volta e raccontano solennità, tra ricami e fili d’oro e d’argento, stili che cambiano nei secoli, come succede anche per l’abbigliamento civile. Oltretutto in passato le nobildonne donano i loro abiti vecchi per realizzare nuovi paramenti liturgici. Perciò non mancano colori sgargianti e tessuti molto decorati.
Nell’esposizione nuorese non c’è perciò solo il piviale di seta verde del tempo ordinario della liturgia. Per esempio, c’è quello rosso di monsignor Pietro Craveri, guida delle diocesi di Nuoro e Galtellì dal 1778 al 1801. Seta lamè, brilla alla luce e va utilizzato in giornate speciali come Pentecoste. Oppure la pianeta introdotta dal Concilio di Trento: risale al 1700, è di colore rosaceo, da portare la terza domenica di Avvento e la quarta di Quaresima, giornate in cui si intravede la luce del Natale e della Pasqua.
I colori sono simboli che anche nelle vesti liturgiche esprimono i misteri della fede. Sono quattro con Innocenzo III: bianco, rosso, nero e verde. Poi si aggiungono il viola e il giallo oro. Tornano quattro con la Controriforma e il messale di san Pio V. Con il Concilio Vaticano II restano il bianco, il rosso, il verde, il viola e, facoltativo, il rosaceo.
Nell’esposizione abbondano gli oggetti d’argento: dai sette candelabri al crocifisso che, ai tempi del rito antico quando il sacerdote celebra la messa di spalle ai fedeli, stanno sulla parte alta dell’altare. E poi i cartagloria con i memorandum per i sacerdoti durante la messa. In mezzo a alzate, pisside, brocche per oli, pastorale del vescovo e mazza capitolare, tutti in argento, spuntano le reliquie: una delle vera croce, un’altra contiene più frammenti, ovvero ossa di sant’Anna, di san Giacomo apostolo, di santa Lucia, di sant’Andrea, delle sacre vesti di sant’Agostino, compatrono della Sardegna, del dente di san Pietro apostolo.
La mostra è un tuffo nella storia più lontana che anzitutto fa memoria della nascita della Cattedrale. L’istituzione della diocesi di Nuoro è preceduta da quella di Galtellì, nel XII secolo. Nel 1495 la diocesi di Galtellì viene accorpata all’arcivescovado di Cagliari. Nel 1779 viene concessa l’autonomia ma la sede è assegnata a Nuoro, non più in Baronia: la diocesi è affidata a monsignor Giovanni Antioco Serra Urru. A quel punto si progetta la costruzione della cattedrale. Nel 1834 si avviano i lavori, sotto la guida del vescovo Giovanni Maria Bua che muore pochi mesi dopo la tragedia del progettista, Antonio Cao, a cui è fatale la caduta da un’impalcatura.
Monsignor Bua, ricordato anche nella toponomastica cittadina, nel 1836 eleva Nuoro a città. Non a caso nello stemma civico c’è un bue, attinto da quello personale del vescovo, come atto di riconoscenza. I lavori riprendono nel 1846 e vengono conclusi nel 1873 con l’episcopato di monsignor Demartis. Da allora si susseguono vari vescovi fino all’attuale monsignor Antonello Mura, arrivato nel 2019 quando guida già la diocesi di Lanusei. Il suo ingresso rappresenta una svolta storica con l’unificazione delle diocesi di Nuoro e Lanusei.