«Mi chiamo Joe Biden. Sono il marito della dottoressa Jill Biden. Mangio il gelato Jeni’s con gocce di cioccolato. Sono sceso perché ho sentito che c’era il gelato con gocce di cioccolato. A proposito, ne ho un intero frigorifero pieno al piano di sopra. Pensate che stia scherzando? Non è così».

La collezione delle gaffe di Joe Biden, un genere giornalistico che si arricchisce in continuazione, da lunedì 27 marzo annovera un nuovo gioiello. Perché quella dichiarazione scanzonata sul gelato, quel vezzo di presentarsi ai giornalisti accreditati alla Casa Bianca come un golosone impenitente, era l’apertura di una conferenza stampa piuttosto solenne, che aveva come fulcro l’ennesima strage in una scuola americana. Lo stesso presidente che poco prima vantava la sua scorta di icecream con gocce di cioccolato, poco dopo ordinava di tenere le bandiere a mezz’asta alla Casa Bianca e in tutti gli edifici pubblici d’America per quattro giorni, definiva “nauseante” e “straziante” l’uccisione di tre scolaretti e tre adulti nel raid di Nashville e sospirava: «Quando accaduto è un incubo. Dobbiamo fare di più contro la violenza di armi da fuoco, dobbiamo agire per proteggere le scuole affinché non diventino prigioni».

Il repubblicano Chris Christie, già governatore del New Jersey e aspirante deluso alla nomination repubblicana per le presidenziali poi vinte da Trump, ha avuto gioco facile a sentenziare: “Dire che ha frainteso il momento sarebbe un eufemismo”. E il tabloid di destra New York Post ha sfoderato abbastanza prevedibilmente l’argomento dell’età del presidente, che a 80 anni è più anziano della storia americana: “Oltre al tentativo inopportuno di fare dell’umorismo, la prolungata divagazione di Biden sul gelato sarà probabilmente usata da coloro che dicono che è semplicemente troppo vecchio per essere eletto per un secondo mandato”. In realtà non c’è bisogno di essere repubblicani per avere delle riserve sulla ricandidatura di Biden: lo stesso giorno delle sue stravaganti dichiarazioni di entusiasmo per il gelato con le gocce di cioccolato un sondaggio della Monmouth University diceva che, per quanto il 74% degli elettori democratici abbia un’opinione favorevole sul presidente, solo uno su quattro vorrebbe che si presentasse alle presidenziali dell’anno prossimo, mentre per il 44% dovrebbe farsi da parte e il 30% dice di “non avere preferenze” sull’argomento.

Il punto è che Biden ha sempre fatto figuracce, non è una novità di questo suo autunno anagrafico. Per intenderci: digitando “Biden” e “gaffe” su Google si ottengono 4 milioni e 840mila risultati in 0,36 secondi. Si dirà che è un indicatore troppo grossolano, che ciò che una testata di destra considera una gaffe può non esserlo per un giornale politicamente vicino al presidente in carica, oppure che inciampare sulla scaletta dell’aereo è un banalissimo infortunio e non una “figuraccia” (altrimenti che cosa dire di Bush senior che in preda a un’intossicazione alimentare vomitò addosso al primo ministro giapponese?) oppure che certe gaffe fanno lievitare i conteggi del motore di ricerca perché riportate più e più volte. Tutto vero, soprattutto quest’ultima notazione. Però è vero anche che se certe gaffe vengono citate tantissimo è perché furono particolarmente devastanti. È il caso del Walorski Gate, dal nome della deputata repubblicana che Biden chiamò a gran voce durante una conferenza stampa alla Casa Bianca sull’alimentazione salutare (“Jackie? Ma dov’è? Pensavo che l’avrei trovata qui… Jackie, dove sei?”). Jackie Walorski era morta il mese prima in un incidente stradale.

Ma questo è solo un tassello nel mosaico di figure atroci che l’uomo più potente del mondo ha composto nella sua lunghissima carriera politica. Ha invitato ad alzarsi in piedi un senatore che lo ha guardato perplesso ed è rimasto sulla sua sedia a rotelle, ha definito il giovane candidato alle primarie democratiche Barack Obama (eravamo nel 2007) “il primo afroamericano di tendenza, che parla bene, sveglio, pulito e di bell’aspetto”, si è lanciato in scenette alla Mr Bean sulla tribunetta di un comizio voltandosi di scatto con la mano tesa per congratularsi con una persona che non c’era, ha ammonito una platea di elettori afroamericani che un presidente repubblicano li avrebbe fatti “tornare in catene”, leggendo un discorso dal gobbo ha pronunciato anche l’avvertenza “Fine citazione, ripeti frase”.

Il giornale online Il Post, che segue con attenzione la politica internazionale e quella americana in particolare, ha pubblicato un’analisi abbastanza accurata di molte affermazioni controverse di Biden, da quando diede del criminale di guerra a Putin (l’invasione dell’Ucraina non c’era ancora stata e picconare i rapporti con la Russia non sembrava una grande idea) fino a quella dei giorni scorsi, quando ha impegnato gli Stati Uniti a sostenere militarmente Taiwan in caso di invasione da parte della Cina.

Ma qui siamo nel campo delle affermazioni politiche, delle prese di posizione forse spericolate e improvvide e forse audaci ma fondate (quantomeno quella su Putin oggi suona così). Le altre, tutte le altre, quelle che gli hanno fatto ammettere di essere una “gaffe machine”, sono tutt’altro. Che siano defaillance, che siano dispetti al suo ufficio stampa oppure pizzichi di umanità che rafforzano la sua immagine, facendone una specie di Principe Filippo yankee e quindi meno sarcastico e più bonaccione dell’originale, di fatto sono i tratti più grossolani del ritratto nel complesso solare di un uomo molto fortunato.

Perché dall’altra parte c’è Trump.

© Riproduzione riservata