«La storia dell’Istituto nazionale di fisica nucleare è una storia italiana di successo da cui possiamo ricavare alcune utili lezioni per capire come indirizzare lo sviluppo italiano, non solo economico, verso un percorso di crescita che sia stabile, sostenibile ed equo». Parole della scienziata Lucia Votano, prima e finora unica donna a dirigere il laboratorio sotterraneo di fisica del Gran Sasso, il più grande del mondo. Per onorare i settant’anni dell’Istituto, raggiunti nel 2021, pubblica un libro che si intitola “Una storia di successo” (Di Renzo editore) ed è la sintesi di tanti viaggi: quello nella fisica italiana, iniziato ben prima del 1951 con la fondazione dell’Istituto, dando merito a tanti nobili antenati come Guglielmo Marconi, Enrico Fermi e Bruno Rossi, e a vari scienziati Nobel mancati; quello personale di una ragazza nata a Villa San Giovanni in Calabria nel 1947, arrivata a 17 anni a Roma per l’università e approdata al Cern, poi ai laboratori di Frascati, Gran Sasso e Desy ad Amburgo occupandosi sempre di neutrini e materia oscura; quello nella storia italiana con i traguardi raggiunti, confortanti tanto più alla luce dei travagli attuali che lei naturalmente non tace, preoccupata com’è soprattutto dei giovani con la valigia. Parte da un’amara considerazione: «La scienza non ha mai goduto di grande considerazione politica e massmediatica nel nostro Paese e solo recentemente, a causa della pandemia, questa parola si sente pronunciare con maggiore frequenza. In realtà è sempre stata considerata “altro” rispetto alla Cultura, una nicchia per “iniziati”, certamente di pregio, ma d’interesse limitato». Sottolinea la forza irrinunciabile dell’innovazione che si alimenta con la ricerca: «Solo una trasformazione strutturale del nostro sistema produttivo in senso innovativo può produrre opportunità di lavoro qualificato ai nostri giovani più preparati e fermare la loro pericolosa diaspora».

L’Istituto nazionale di fisica nucleare, che ora in Sardegna porta avanti il progetto dell’Einstein Telescope, il mega telescopio per studiare le onde gravitazionali nell’ex miniera di Sos Enattos a Lula, nasce l’8 agosto 1951. «Dopo il disastro provocato dalle leggi razziali e dalla guerra mondiale che avevano decapitato la scienza italiana comincia all’inizio degli anni Cinquanta il tempo della rinascita», ricorda. Il rilancio con menti illuminate, come quelle di Edoardo Amaldi e Gilberto Bernardini che non a caso sono i primi presidenti dell’Infn. «La sua costituzione fu una decisione alquanto innovativa per il mondo della ricerca, fino ad allora basata quasi unicamente sul sistema accademico. La comunità dei fisici che ne faceva parte rifiutò fin dal principio di partecipare a ricerche i cui risultati non potessero circolare liberamente nella comunità scientifica internazionale e, in particolare, di continuare gli studi sulla fissione nucleare, per evitare ogni commistione con possibili usi militari», sottolinea Lucia Votano.

La visita al laboratorio del Gran Sasso dell'allora premier Mario Draghi
La visita al laboratorio del Gran Sasso dell'allora premier Mario Draghi
La visita al laboratorio del Gran Sasso dell'allora premier Mario Draghi

Oggi l’Istituto è presente in 30 università, svolge attività di ricerca in 5 continenti e in oltre 30 Paesi. La vocazione internazionale accompagna la visione strategica dell’Infn. Già nel 1953 decide la costruzione di un elettrosincrotone, un acceleratore di elettroni, a Frascati, dove Lucia Votano inizia la sua attività di ricerca per la tesi di laurea a La Sapienza. Si occupa di fisica astro-particellare, in particolare i neutrini, la cui esistenza viene provata sperimentalmente nel 1956 e la parola, già introdotta da Fermi negli anni Trenta, irrompe subito nel vocabolario scientifico per indicare, secondo le parole della scienziata, «una particella elementare misteriosa ed elusiva che è ancora oggi la protagonista di un’appassionante avventura scientifica».

La fisica astro-particellare deve molto ai laboratori sotterranei realizzati nel Gran Sasso. «Ha consentito all’Italia di partecipare sin dall’inizio a questo progresso con un ruolo da protagonista», sottolinea lei che dal 2009 al 2012 ne diventa direttrice. Il progetto risale alla fine degli anni Settanta, quando è in fase di costruzione l’autostrada A24 Roma-L’Aquila-Teramo, soprattutto il lungo tunnel sotto il Gran Sasso. Antonino Zichichi, allora presidente dell’Infn, coglie l’occasione intuendo le potenzialità di un grande laboratorio sotterraneo, a fianco alla galleria dell’autostrada. Il progetto diventa realtà in tempi veloci. Primo finanziamento nel 1982, primi esperimenti nel 1987. Ora è un gioiello della ricerca, luogo unico al mondo per studiare i più deboli segnali provenienti dal cosmo. «Le linee principali di ricerca del laboratorio riguardano lo studio dei neutrini, la caccia alla materia oscura dell’universo e lo studio delle reazioni nucleari che avvengono all’interno delle stelle», spiega la scienziata che ben conosce le virtù di questo luogo dove la roccia ha un contenuto molto basso di radioattività naturale e protegge i laboratori dal flusso di raggi cosmici. Dal bosone di Higgs alle onde gravitazionali: le scoperte sono un grande successo per la fisica contemporanea ma, avverte lei, «molto rimane ancora da esplorare», come i neutrini, «le particelle più vicine al niente che esistano», il destino dell’antimateria e il lato oscuro dell’universo.

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