Quando si parla di corsa all'oro vengono in mente i cercatori del Klondike e dello Yukon. Si tratta di due territori, lungo gli omonimi fiumi, che si trovano rispettivamente nel Canada nord occidentale e tra il Canada e l'Alaska e dove, alla fine del diciannovesimo secolo, si verificò la scoperta di importanti giacimenti del preziosissimo metallo giallo. Migliaia di lavoratori partirono nella speranza di ritornare con le tasche cariche di pepite d'oro e, per tanti di loro, quella speranza si concretizzò: basti pensare che solo nel Klondike si estrassero oltre quattrocentomila chilogrammi d'oro.

Ma parlare oggi di "corsa all'oro" sposta il campo del discorso in tutt'altri siti, primi tra tutti i banchi e le casseforti di collezionisti e investitori a cinque stelle che hanno acquistato oro quando le quotazioni erano molto basse nella speranza di vederne volare il valore. Una speranza che si è rivelata molto più concreta del sogno dei vecchi cercatori del Klondike e dello Yukon. Per averne la certezza basta sapere che, all'inizio del 2020, l'oro era quotato a circa 40 euro al grammo e che, mese dopo mese, durante il lungo lockdown dovuto alla pandemia da Covid-19, ha iniziato una vorticosa ascesa verso quotazioni da record mai registrate nella storia: oggi un grammo d'oro è quotato sui mercati ufficiali di Londra circa 53 euro. Si tratta di una percentuale di crescita praticamente impossibile quando si vanno a fare degli investimenti diversi dal campo dell'oro, a meno che non si scelga di investire in settori molto difficili dove il capitale è costantemente a rischio. Ecco perché il numero delle persone che decidono di investire i propri risparmi comprando lingotti o monete d'oro è in costante crescita e oggi, chi negli anni scorsi ha avuto la pazienza di metterne da parte una buona quantità, può vendere a cuor leggero: si assicurerà un importante guadagno e il suo acquirente sarà felicissimo di incamerare nuove quantità d'oro che, secondo le previsioni, è destinato a toccare nuove quotazioni record.

In questa corsa, discorso a parte meritano le monete d'oro da collezione. C'è infatti una sostanziale differenza tra le monete d'oro cosiddette "di borsa" (prime fra tutte le sterline inglesi o i cosiddetti "marenghi") e le monete apprezzate dai numismatici. Si tratta di pezzi che per le loro caratteristiche di rarità e pregio, arrivano a valere cifre che vanno ben oltre il valore del metallo prezioso contenuto: "Un esempio possono essere le monete d'oro coniate nel corso del Settecento da due sovrani di Casa Savoia per la Sardegna - spiega Michele Cappellari, presidente dell'associazione Nia (acronimo di Numismatici italiani associati), nonché autore del libro "La monetazione dei Savoia per la Sardegna" pubblicato nel 2014 e diventato un testo di riferimento per i collezionisti di questa monetazione - ovvero re Carlo Emanuele III e re Vittorio Amedeo III".

La monetazione per il Regno di Sardegna, battuta a nome dei sovrani di Casa Savoia - come si legge nel testo - si snoda a partire dal 1724 con l'emissione delle prime monete in rame da tre e da un Cagliarese, coniate a nome di Vittorio Amedeo II, e termina nel 1842, con le monete sempre in rame da cinque, tre e un centesimo, coniate durante il regno di Carlo Alberto.

La monetazione aurea non era per tutti: era destinata alle transazioni internazionali o a quelle proprie delle classi più agiate ed è facile capire che all'epoca erano molto meno diffuse di quelle in rame o in argento. Ecco perché oggi, le monete d'oro coniate appositamente per la Sardegna dai re Carlo Emanuele III e Vittorio Amedeo III, rappresentano per i collezionisti che riescono a permettersele un importantissimo traguardo.

"Si tratta di tre tipologie di monete per ciascun sovrano - spiega ancora il presidente della Nia - la base è la cosiddetta "doppietta", poi c'è il multiplo detto "mezzo Carlino" (da due doppiette e mezzo) e il Carlino (che corrisponde a cinque doppiette). Sono pezzi rari, alcuni persino rarissimi e costituiscono il "sogno proibito" degli appassionati di questa monetazione. Ecco perché questa tipologia monetale non è influenzata dalle oscillazioni del prezzo dell'oro poiché l'alto valore collezionistico di tali esemplari supera di gran lunga la quotazione del prezioso metallo".

Chi volesse accaparrarseli deve mettere in conto di dover sborsare cifre decisamente importanti. Nel libro di Michele Cappellari si può trovare anche un listino curato dal perito numismatico Riccardo Rossi e permette di scoprirne i prezzi calcolati sulla base di specifiche caratteristiche legate alla conservazione e alla rarità di ogni singola moneta.

Ad esempio, tra quelle coniate da Carlo Emanuele III, il Carlino Sardo parte da una quotazione di 14.000 euro, può arrivare a 24.000 euro e, addirittura, con un alto livello di conservazione, detto "splendido" può essere venduto a 46.000 euro. Più alti ancora i prezzi (poiché le monete sono ancora più rare) del Carlino coniato da Vittorio Amedeo III. Il Carlino con la conservazione più bassa (detta MB) può essere venduto a 18.000 euro, con la conservazione intermedia "BB" arriva a 30.000 euro e, con quella "splendida" (SPL), a 65.000 euro. Nel listino non si trova il valore di queste monete in "fior di conio" (ovvero che non hanno mai circolato): in questo caso il prezzo sarà sicuramente a molti zeri e sarà pattuito, in forma riservata, tra venditore e acquirente. Ovviamente in questi casi non si può più parlare di "corsa all'oro": al centro della trattativa c'è l'oggetto e non il metallo che lo compone.
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