Erano stati definiti eroi, angeli con la divisa bianca. Poi passato il clamore degli inizi della pandemia, sono passati quasi in secondo piano. Eppure, a due anni dall’inferno scatenato dal Covid-19, gli infermieri sono sempre in trincea in un sistema sanitario che continua a essere in totale emergenza. E tutti i proclami, le promesse per potenziare l’assistenza, dare strumenti e supporto al personale sono rimaste lettera morta. Come sostiene Raffaele Secci, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche della provincia di Oristano in una attenta analisi del momento storico drammatico che si sta vivendo.

Raffaele Secci, presidente Ordine delle professioni infermieristiche (foto concessa)
Raffaele Secci, presidente Ordine delle professioni infermieristiche (foto concessa)
Raffaele Secci, presidente Ordine delle professioni infermieristiche (foto concessa)

La denuncia

Da due anni medici e infermieri sono in campo contro un nemico invisibile e pericoloso. Nessuno si sente un super uomo, tutti fanno il proprio dovere di professionisti e cittadini consapevoli della grande responsabilità che il lavoro comporta. “Svolgiamo ogni giorno con dedizione e professionalità il nostro compito, vorremmo solo che fosse riconosciuto”, ripetono. Tra tra picchi di contagi e periodi di tregua, l’emergenza sanitaria ormai si trascina dal febbraio 2020. “Un’emergenza che per gran parte grava sulle spalle dei pochi infermieri, chiamati ancora una volta a diverse mansioni” sostiene il presidente dell’Opi. E allora eccoli nei vari centri tamponi a garantire il tracciamento, negli hub a dare man forte nella campagna vaccinale e ovviamente negli ospedali, con turni massacranti poi nei reparti Covid e in quelli di terapia intensiva. Uno sforzo immane tra infermieri, medici e operatori socio sanitari. Più volte i vari Ordini professionali hanno lanciato il grido di allarme chiedendo maggiore attenzione per chi il coronavirus, declinato in tutte le sue varianti ed eventuali complicanze, lo guarda in faccia ogni giorno. “Finora però tutti gli appelli a nulla o poco sono serviti, tanto che ad avere la meglio è stata la logica dei tagli delle risorse al Sistema sanitario nazionale e macroscopici errori nella programmazione formativa. Chi oggi è in prima linea in questa guerra si trova ad affrontare un peso sia fisico che psicologico non indifferente”. L'immagine dei visi solcati dai segni delle mascherine incollate al viso per giornate intere, dai doppi turni, dal terrore di poter contagiare o essere contagiati è drammaticamente attuale anche oggi.

La sfida

Questa è l’istantanea nelle prime settimane del 2022. I problemi non sono finiti anzi la sensazione è, che se non cambierà rotta, si trascineranno ancora. “La sfida che ci attende è sicuramente di enorme portata non solo in termini di salute ma anche sotto il profilo socio economico - sottolinea Secci - Come può un Paese pensare di risollevarsi se non dedica le giuste attenzioni a quelle donne e a quegli uomini che da due anni lottano, spesso a mani nude, per tutelare e salvaguardare la salute dei cittadini?”. Il presidente dell’Opi ricorda le belle parole, le pacche sulle spalle ma oltre non si è andati. “Quando si è trattato di scrivere e mettere nero su bianco i capisaldi di questi riconoscimenti, tutto si è dissolto come fumo al vento, nella legge di bilancio come d'incanto sono spariti quegli emendamenti che avrebbero dato il formale e giusto riconoscimento alla professione e gettato le basi perché i cittadini potessero fruire di una assistenza sanitaria di qualità”. E la sfida è proprio tutta qua: destinare risorse alla formazione, al potenziamento del sistema sanitario e dell’assistenza territoriale. E ancora dare il giusto riconoscimento economico a una professione come quella dell’infermiere che nel panorama europeo è fra le meno remunerate a fronte di un carico di responsabilità penali, civili, etico deontologiche importanti. Se si riuscirà a ottenere risultati in questo senso, sarà un’altra vittoria nella battaglia contro quel virus subdolo che da due anni ha stravolto il pianeta. Gli infermieri e tutti i sanitari ci sono, adesso spetta alle istituzioni investire, destinare le risorse del Pnnr per potenziare la prima linea della lotta al Covid.

San Martino, personale in corsia per i pazienti Covid (foto archivio Unione Sarda)
San Martino, personale in corsia per i pazienti Covid (foto archivio Unione Sarda)
San Martino, personale in corsia per i pazienti Covid (foto archivio Unione Sarda)
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