Nelle cronache dell'epoca dalla val di Susa non vi è traccia di sollevazioni popolari. Eppure anche allora si trattava di un tunnel, un Pertùs, in lingua occitana. Una immane opera di ingegneria idraulica realizzata a mano nel 1500 da uno scalpellino, Colombano Romean. Una storia da romanzo, con un finale tinto di giallo. Il Pertùs è un tunnel di 500 metri a 2000 metri di quota, sotto la cima dei Quattro Denti di Chiomonte, un piccolo comune in Provincia di Torino, in Piemonte. Serviva a portare l'acqua per irrigare i campi dal rio Thullie, sul versante a nord, nei terreni del Cels e di Ramats, al versante sud. L'iter burocratico fu tortuoso, paragonabile solo a quello per l'Orientale Sarda. Eppure i terreni erano sterili e non ci fu bisogno di fare espropri. Dopo anni trattative con gli abitanti dei villaggi di Cels e Ramats il 3 ottobre del 1504 venne firmata la prima convenzione con cui il borgo di Exilles autorizzava i vicini di Chiomonte a scavare il tunnel nel proprio territorio. Tuttavia anche all'epoca non era semplice passare dal progetto sulla carta all'apertura del cantiere. Ci vollero vent'anni per mettersi d'accordo. Risolti i problemi preliminari bisognava trovare una persona disposta a scavare il tunnel. In realtà un acquedotto sospeso in legno che aggirava ila montagna dei Quattro Denti già esisteva, ma di scarsa portata e con ingenti spese di manutenzione. Inoltre si poteva usare solo nei mesi estivi.

I denti di Chiomonte
I denti di Chiomonte
I denti di Chiomonte

Il 14 ottobre 1526 i lavori di scavo vennero affidati a Colombano Romean, uno scalpellino originario di Chiomonte ma residente in Francia. Era nato a Ramats, figlio di Giovanni Romean, emigrato in Francia nei pressi di Nimes dove aveva fatto fortuna. Le condizioni contrattuali vennero (forse) messe nero su bianco. I consorzisti, affidatari dell'opera, dovevano fornire a Romean ogni mese due semine di segale, una non meglio precisata quantità di vino, oltre agli attrezzi per lo scavo, punteruoli e scalpelli, un mantice e il carbone. Dovettero inoltre costruirgli presso l'imbocco della galleria una capanna con un letto, una madia, una botte e fornirgli le lanterne per l'illuminazione. Costo dell'opera? Molto ingente ma proporzionato alla fatica: 5 fiorini e 12 soldi per ogni tesa (1,786 metri scavata nella roccia. Immani le difficoltà che lo scalpellino dovette superare. Di certo il problema principale fu quello dell'aerazione della galleria.

Lo sbocco del Pertus
Lo sbocco del Pertus
Lo sbocco del Pertus

L'aria probabilmente veniva immessa a forza con dei tubi di tela, come quelli usati per l'aerazione delle stive delle navi, collegati a un mantice. La leggenda racconta come catering fosse assicurato dal cane di Colombano, che faceva tutti i giorni la spola con il villaggio di Ramats per portare da mangiare al suo padrone. Colombano Romean impiegò circa 7 anni a concludere il tunnel, scavando venti centimetri al giorno.

L'ultimo diaframma di roccia cadde nel 1533. Il problema, come spesso capita agli artigiani di oggi, è farsi pagare. Il borgo di Chiomonte avrebbe dovuto sborsare l'enorme cifra di 1.600 fiorini, ossia 320 scudi. Il bilancio di Chiomonte alla metà del 1500, si aggirava sui 500 scudi. E qui accadde qualcosa.

Colombano morì, forse avvelenato, per altri "cronisti" dell'epoca vittima di idropisia a causa dell'umidità e del freddo patito. Non di certo l'aiutò la passione per il vino nata durante il durissimo lavoro in galleria. Tuttavia lo scalpellino divenne immortale. Ha lasciato una galleria lunga circa 500 metri, larga un metro e alta circa 170 centimetri che ancora oggi fornisce d' acqua i pendii del Cels e di Ramats. Oggi il Pertùs è parte di un meraviglioso percorso di trekking in una valle ricca di castelli, storia e gastronomia. In autunno attraversando la galleria si possono osservare i segni dello scalpello nella roccia e ogni tanto delle nicchie che servivano per appoggiarvi le lanterne in modo da poter capire se si proseguiva in maniera corretta lo scavo. Sono inoltre scolpiti visi, croci e persino un giglio del Delfinato. Pietra dopo pietra lo scalpellino si è fatto largo nel cuore della montagna, in cui per sempre resta impresso il suo nome.
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