Forme d’incanto e simboli identitari. I gioielli della tradizione raccontano tanto, dalla maestria degli artigiani alla devozione nei secoli, dai gusti delle comunità all’ornamento irrinunciabile delle spose della Sardegna. Tutti da ammirare per la loro bellezza senza tempo, esposta in una mostra a Nuoro, vetrina delle nuove acquisizioni dell’Istituto superiore regionale etnografico. Sono circa 80 gioielli d’oro, selezionati tra i tanti preziosi della collezione regionale Luigi Cocco, ampliata con la recente acquisizione di circa 400 nuovi pezzi. Bottoni, orecchini, catene, gancere e ornamenti rituali e devozionali sono piccoli capolavori che testimoniano l’alta qualità dell’oreficeria tradizionale sarda tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento.

Gioielli meravigliosi mostrano la maestria artigianale e rappresentano un patrimonio culturale e identitario davvero unico. Festività religiose, vita quotidiana, vestiario maschile e femminile: tutto questo si coglie scorrendo le vetrine nelle tre sale del museo della vita e delle tradizioni popolari sarde che, sul colle di Sant’Onofrio, ospitano la mostra, fino al 30 settembre. Forme, simboli e tecniche raccontano senz’altro la storia, l’evoluzione e il valore sociale dell’ornamento nel contesto sardo, anche il dialogo con influenze esterne, come testimoniano alcuni oggetti di provenienza oltre Tirreno.

«Il gusto del gioiello, come prezioso ad ornamento dell’abbigliamento, fu importato dai Fenici», viene spiegato nel percorso sfavillante di monili. Con loro arriva la tecnica di lavorazione delle pietre dure. La lavorazione dei preziosi va in crisi con i Romani e trova nuovo impulso con i Bizantini quando vengono elaborate figure che accompagnano l’artigianato sardo fino ad ora, come il pavone, simbolo della resurrezione, motivi naturalistici come grappoli d’uva e tralci di vite che spesso compaiono nelle parti centrali degli oggetti d’oro.

Orecchini della collezione Cocco
Orecchini della collezione Cocco
Orecchini della collezione Cocco

Nell’abito tradizionale il gioiello non è un orpello in più, ne è invece parte integrante. Non a caso le asole dei corpetti, i colli delle camicie, le balze dei grembiuli, gli scialli e i fazzoletti hanno bisogni dei monili perché tutto l’abbigliamento sia a posto e completo. Abbondano soprattutto a Dorgali, Oliena, Quartu, Selargius, Iglesias: le donne qui portano vistosi monili anche perché, diversamente da quelli di Nuoro, Orgosolo, Atzara, Tempio, Sennori, i copricapi lasciano scoperti collo e orecchie. Gli orecchini sono un altro gioiello simbolo: a Ollolai sono forniti di pendente, a Dorgali vengono chiamati “loricas”, in Campidano “arrecadas”. I rosari sono molto diffusi in Barbagia, irrinunciabili nelle funzioni religiose. I più antichi sono eseguiti con vaghi a botte, di madreperla. Portano croci terminali in filigrana oppure “patene”, ovvero medaglioni in filigrana che nella Sardegna meridionale hanno un elemento a fiocco.

Queste e altre curiosità si colgono posando lo sguardo sui gioielli esposti nel museo di Nuoro che fa memoria anche dell’influenza degli Spagnoli i quali introducono nuove tecniche e materiali e la lavorazione a filigrana, molto raffinata e radicata nell’Isola.

Gioielli in mostra a Nuoro
Gioielli in mostra a Nuoro
Gioielli in mostra a Nuoro

La collezione regionale Luigi Cocco è articolata complessivamente in circa duemila oggetti e comprende 730 manufatti tessili, oltre 1600 gioielli, accanto a utensili, mobili e lavori di intaglio. Un patrimonio enorme che porta il nome del magistrato nato a Villasor nel 1883 e morto a Cagliari nel 1957. Molti oggetti della sua collezione vengono esposti in varie mostre etnografiche della Sardegna a partire dal 1937. Nel 1948 il ministero della Pubblica istruzione con un decreto la riconosce come “complesso di eccezionale interesse artistico e storico”. Viene poi acquisita dalla Regione Sardegna con un atto notarile del 1954. Nel 2010 tramite l’Isre viene presentata nella Cittadella dei musei di Cagliari dopo un lungo intervento di adeguamento del padiglione regionale. La gestione della collezione passa così all’Istituto etnografico che ne cura l’esposizione permanente, la conservazione e la valorizzazione anche tramite eventi e progetti di ricerca. Nel 2023 viene concesso un contributo regionale per l’acquisizione degli ultimi gioielli della collezione che sono uno scrigno d’arte capace di esprimere l’evoluzione etnoantropologica degli ultimi secoli.

Spiega il presidente dell’Isre, Stefano Lavra: «Con questa mostra, l’Istituto etnografico prosegue nel suo impegno per la conservazione, la valorizzazione e la divulgazione del patrimonio culturale della Sardegna. Le nuove acquisizioni della collezione Luigi Cocco, conseguite grazie a un importante finanziamento del 2023 da parte della Regione, arricchiscono in modo significativo il fondo gioielli, offrendo al pubblico l’opportunità di conoscere da vicino una delle espressioni più alte dell’artigianato tradizionale isolano».

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