Chiusa con un nulla di fatto l’ultima inchiesta sulla misteriosa scomparsa di don Antonio Pittau, con gli anni la vicenda viene dimenticata e nessuno si occupa più di un episodio archiviato ormai come semplice disgrazia. Sino a quando l’avvocato Alfonso Olla, storico legale dei fratelli della vittima, chiede la riesumazione del cadavere «sepolto da quasi 30 anni senza che alcuno abbia mai effettivamente accertato le cause della morte». Il legale è convinto che il sacerdote sia stato ucciso, ipotesi propria anche dei parenti di don Antonio: «Certo, mio fratello Antonio è stato assassinato. Ne sono convinto. Per tanti motivi. Ma non sono più combattivo come prima, sono anziano e stanco». Così aveva detto all’Unione Sarda Aldo Pittau nel settembre 2015. Passati gli 80 anni, aveva lasciato gli incarichi nel 2008 «per raggiunti limiti di età» quale monsignore e parroco della cattedrale di Cagliari. Come fu don Antonio, ucciso anche a parere di don Bruno Pittau (altro fratello del sacerdote morto) e don Eugenio Porcu, anch’egli in passato parroco della cattedrale, sicuro che don Antonio fosse stato «portato sull’Orientale sarda e buttato nella scarpata».

L'Unione Sarda con le dichiarazioni dell'avvocato Alfonso Olla
L'Unione Sarda con le dichiarazioni dell'avvocato Alfonso Olla

L'Unione Sarda con le dichiarazioni dell'avvocato Alfonso Olla

L’intervista

Don Aldo all’Unione Sarda ribadisce la convinzione della famiglia. «L’auto era nel fondo del burrone coi fari accesi, ma mio fratello era uscito alle 15: per tutta la sera dove era stato?» E poi: «Aveva la mano nera, c’era stata una colluttazione. Un occhio era gonfio e livido. Il cranio fracassato. Il medico legale però mi parlò solo di ferite al ginocchio». E che dire del pomeriggio della scomparsa? «Io, Bruno, le missionarie, don Francesco e tanti altri eravamo insieme per celebrare il 50esimo compleanno di Antonio quando arrivò una telefonata. Lui prima scherzava con tutti, poi sbiancò. Era uscito lasciando un biglietto nel quale spiegava che andava a fare una passeggiata e a mettere benzina. Non era più rientrato. Trovato il corpo, avevo pensavo volesse andare a trovare un’anziana di San Vito il cui fratello era morto da poco. Ma doveva celebrare la novena alle 17,30 e non avrebbe avuto il tempo di recarsi là e rientrare. Tra l’altro il corpo era adagiato a 4 metri dal veicolo, supino, con un cuscino sotto la testa e coperto di un telo verde di plastica. Troppi misteri. Nel parapetto c’era solo un piccolo spazio: la macchina avrebbe dovuto fare tante manovre per passare lì in mezzo. Sull’asfalto non c’erano segni di frenata e il guard rail non era sfondato. Era un tratto in rettilineo». Insomma: «Di certo non è morto per disgrazia». Ma perché ucciderlo? Forse aveva scoperto «dei furti al museo, il piatto del Cellini e l’espositorio per le solennità in oro e con oltre 1500 diamanti». Oppure «i comportamenti contro la moralità» nella cattedrale. Per chiarire il mistero, dunque, resta forse solo la riesumazione. «In passato ci siamo andati molto vicini e invece non è stato possibile».

Don Antonio Pittau
Don Antonio Pittau

Don Antonio Pittau

La denuncia

Della richiesta si occupa anche la Procura generale di Cagliari e nel dicembre del 2015, pochi mesi dopo le dichiarazioni di don Aldo (convinto si trattasse di omicidio), l’avvocato Olla consegna alla Procura della Repubblica una denuncia nella quale riprende quelle dichiarazioni ed elenca tutti i punti oscuri della vicenda chiedendo siano «siano riaperte le indagini» ed eseguito «l’accertamento autoptico su don Pittau, sepolto nel cimitero di Samassi». Nella speranza «sia la volta buona» per «scoprire la verità su come davvero sia morto il parroco».

Il Palazzo di giustizia di Cagliari
Il Palazzo di giustizia di Cagliari

Il Palazzo di giustizia di Cagliari

Nel gennaio successivo don Aldo viene sentito in Procura dal pm Alessandro Pili e nel colloquio l’anziano prete (83 anni) conferma le sue convinzioni: «Mio fratello è stato ucciso». Ma neanche un mese dopo l’indagine viene chiusa con l’ennesima richiesta di archiviazione: per gli inquirenti non c’è movente e non ci sono elementi per sostenere si sia trattato di un delitto. Respinta anche la richiesta di riesumazione del cadavere. Poi però arriva un colpo di scena. Ed è un giudice a compiere un passo inatteso.

3) Continua

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