Sono arrivati in Sardegna da oltre dieci anni per giocare a calcio a 5. Si sono trovati bene, innamorandosi di Cagliari e dell’Isola, decidendo di restare qui. Probabilmente per sempre, visto che c’è chi ha messo su famiglia. Porteranno sempre il Brasile nel cuore, rientrando nei loro Paesi per trovare parenti e amici, ma oramai si sentono quasi più sardi che brasiliani. È la storia di Pascal Mietto, 42 anni, Sergio Rocha (38), Sergio Eduardo Alves Carneiro, per tutti Serginho (41), Wilson Santos Araujo (40) e Deivison Douglas Pinheiro Viegas (42): tutti hanno in comune la grande passione per il “futsal”, calcio a 5, la Sardegna, diventata la loro seconda patria, e la voglia di continuare a vivere qui.

Sono ancora tutti in attività, nonostante la loro non più giovanissima età. Mettono a disposizione dei compagni di squadra esperienza, classe e tecnica. E quasi tutti oltre a giocare, allenano squadre giovanili. Insomma la loro vita è sempre all’interno di un rettangolo di gioco. Ecco le loro storie.

Professione bomber

Pascal Mietto vive, gioca e segna – molto, nonostante gli anni che passano – a Elmas. Nato a Jundiaí, comune da 423mila abitanti nello stato di San Paolo, ha iniziato a giocare a calcio a 5 nell’Esportiva nel 1986. L’arrivo in Sardegna nel 2009: «Ho giocato nel Domus, in A2. Tutto grazie a Junior Ferreira, altro brasiliano che vive ancora qui e che ha un’azienda di turismo. L’ho conosciuto a Roma nel mio primo anno in Italia, nel 2001». Mietto gira molte squadre, poi decide di stabilizzarsi in Sardegna.

Pascal Mietto (maglia nera) in azione
Pascal Mietto (maglia nera) in azione
Pascal Mietto (maglia nera) in azione

«Dopo tanti anni girando l'Italia, in Val d’Aosta, Campania, Marche, Puglia, Molise, io e mia moglie siamo arrivati in Sardegna. Subito ci ha colpito il meraviglioso mare e la natura, il clima e la gente: per un insieme di cose c’è una grane somiglianza con il nostro Brasile». Impossibile non aver nostalgia: «Del Brasile mi mancano la famiglia, alcuni amici e altre cose come il cibo, gli spettacoli di musica dal vivo e la grande gioia brasiliana. Anche se questi ultimi quattro anni di governo di estrema destra ha trasformato il Brasile in un posto un po’ più triste. Sono certo che si riprenderà al meglio». Le differenze, per tornare sul calcio a 5, tra Brasile e Italia sono molte. «C’è un abisso. Già da piccoli a 6 7 anni ti insegnano l'agonismo vero con provini, campionati, arbitri, tifo. Impari a perdere e a vincere subito. Qui invece ci arrivi a 19 anni. In Brasile sei pronto a giocare, mentalmente, tecnicamente e tatticamente, già a 10-12 anni». Il futsal è la sua vita: «Spero di continuare per sempre con il calcio a 5, come allenatore e tecnico di scuola calcio a 5. Dove? Oramai mi sento veramente un sardo, e anche masese perché a Elmas ho la casa e il mio lavoro: il mio futuro credo che sarà sempre in Sardegna».

L’amore per il pallone

Da Santos a Cagliari. È il percorso che si è trovato ad affrontare Sergio Rocha: l’inizio nel settore giovanile proprio nel Santos, insieme all’ex Milan Robinho, poi il calcio a 5, l’arrivo in Italia (ma anche le esperienze in Qatar e in Croazia) e l’approdo in Sardegna: “Nel 2008 a Sassari la prima volta e poi nel 2011 a Sestu per restarci praticamente definitivamente”. Tutto per ricorrere un sogno: «Volevo diventare un calciatore vero, spinto anche dalla mia famiglia. La vita ti riserva tante sorprese e alla fine, in accordo con mia moglie fondamentale in tutte le mie scelte, sono rimasto in Sardegna». Perché? «L’Isola mi ricorda il Brasile. Cagliari assomiglia molto a Santos. E poi mi sono sentito subito a casa: noi sardi siamo un popolo che non puoi non amare. Appena arrivato, anche chi non mi conosceva, si è offerto di aiutarmi. Un’accoglienza che non ho mai trovato in nessun posto».

Sergio Rocha
Sergio Rocha
Sergio Rocha

Il Brasile è sempre nel suo cuore: «Famiglia e amici. Appena posso, vado per ricaricare le batterie e la saudade diminuisce. Anche se oramai mi sento sardo: quando mi chiedono da dove arrivo, rispondo dalla Sardegna. Ho anche preso l’accento sardo». L’ultima stagione a Mogoro, in serie C1: «Certamente ho dovuto ridimensionare la mia carriera per dare stabilità alla famiglia e ai figli: non volevo farli vivere con le valige sempre pronte. Mi sto laureando in Scienze Motorie e ho tutte le abilitazioni per svolgere il ruolo di allenatore. Ma per ora ho ancora bisogno di quell’ansia pre partita e di calciare quel maledetto pallone».

Quasi vent’anni

L’anno prossimo saranno vent’anni di permanenza a Cagliari. Sergio Eduardo Alves Carneiro, per tutti Serginho, 41 anni, è nato a Mairinque (San Paolo) giocando nella squadra del suo comune già dall’età di sei anni. La passione per il pallone è di quelle travolgenti: nel 2004 il trasferimento in Sardegna. Per restarci. «Sono arrivato tramite un amico, Fabio Previdelli. Lui si era trasferito qua e la squadra cercava un italo-brasiliano».

Sergio Eduardo Alves Carneiro, conosciuto come Serginho
Sergio Eduardo Alves Carneiro, conosciuto come Serginho
Sergio Eduardo Alves Carneiro, conosciuto come Serginho

L’anno dopo il matrimonio con Fabiana e poi la nascita di Noah. «Da quel momento abbiamo deciso di restare in Sardegna. Ci siamo trovati benissimo: la Sardegna ha una bellezza indiscutibile e i sardi ci hanno fatto sentire a casa dal primo giorno». La nostalgia della famiglia e degli amici brasiliani si sente, ma i progetti futuri parlano sempre il sardo: «Oramai mi sento sardo. Per ora penso al progetto che la società futsal Selargius e inoltre collaboro con la scuola calcio Futura calcio Sales e ho aperto una società di tecnica calcistica». Intende ancora giocare? «Vedremo. Ora che sono grande potrei smettere».

Professione Futsal

Il suo sorriso è contagioso. Ma Wilson Santos Araujo, 40 anni di Rio de Janeiro, ha regalato grandi giocate, tecnica e tattica nei campi di calcio a 5. Ora mette in pratica tutto dall’altra parte della barricata, da allenatore. «Ho iniziato a giocare calcio a 5 a 6 anni nella squadra del paese dove sono cresciuto, nel Bangu Atletico Clube». Il trasferimento in Italia nel 2001, poi nel 2003 l’arrivato in Sardegna: «Giocano nel a Sanluri ma vivevo a Cagliari. Sono arrivato tramite un ex compagno brasiliano che si era trasferito in Sardegna un anno prima. Mi parlava sempre molto bene di questa isola meravigliosa, del popolo sardo e del clima straordinario». Wilson si è trovato bene dal primo giorno: «Il clima tipico, simile a quello brasiliano, la gente e il popolo sardo davvero accogliente. Mi hanno stupito le grandi tradizioni e l’orgoglio per la propria terra».

Wilson Santos Araujo (con la maglia bianca)
Wilson Santos Araujo (con la maglia bianca)
Wilson Santos Araujo (con la maglia bianca)

Il matrimonio con una sarda e la nascita di due figli, in Sardegna (Nicolò di 10 anni e Thiago di 7) limitano la nostalgia per il Brasile: «Certo mi manca la famiglia, gli amici, le strade dove sono cresciuto. Andare via non è stato facile ma grazie a Dio ne è valsa la pena: qui sono felice». Wilson evidenzia le differenze tra il calcio a 5 in Brasile e in Italia: «La distanza è ancora abbastanza grande. In Brasile la tecnica è più raffinata: si comincia con il futsal da piccolissimi, vivendo lo sport con un’intensità e mentalità diversa. Anche nelle scuole si fa tanto sport. Giochiamo tanto l'anno». Il suo futuro lo vede qui, in quella che considera la sua terra. «Amo questo sport e non mollerò mai il calcio a 5. Non gioco più ma spero di poter contribuire alla crescita del futsal come allenatore. Ora sto lavorando come collaboratore tecnico e allenatore con la società 360GG Monastir. Stiamo sviluppando un bellissimo progetto con tutte le categorie».

Ancora in campo

Chi gioca ancora, mettendo in mostra la sua grande classe, è Deivison Douglas Pinheiro Viegas: 42 anni e ancora tanta voglia di correre e giocare. «Ho iniziato a 12 anni. Sono arrivato in Sardegna nel 2008: giocavo in seria A di calcio a 5 con il Cascavel Futsal e il mister sardo Luca Catta è andato a cercare giocatori in Brasile. E mi ha portato in Sardegna con l’Assemini calcio a 5».

Con la maglia arancione, Deivison Douglas Pinheiro Viegas
Con la maglia arancione, Deivison Douglas Pinheiro Viegas
Con la maglia arancione, Deivison Douglas Pinheiro Viegas

Deivison ama la Sardegna: «Meravigliosa, con il mare ed il clima simili al Brasile». Sposato nel Comune di Elmas con una brasiliana, è papà di due figlie. «Del Brasile mi manca sempre la famiglia: genitori, fratelli e nipoti». Sul futsal in Italia c’è ancora molto da fare: «In Brasile si lavora moltissimo sulla tecnica di base, iniziando sui piccoli calciatori. E si fa con il calcio a 5. Poi si passa al calcio a 11». Il futuro? «Spero di vivere per tanti anni qui in Sardegna».

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