Se lui avesse previsto tutto questo non è dato sapersi. Il disco dell’anno 2022, quello che ha fatturato di più, è di un ottuagenario grande e grosso, ingombrante, poeta anarchico votante Pd. Uno di quelli, per dirla con De Gregori, che sta sempre da una parte sola. Prendere il maestro e collocarlo sulla scena musicale di oggi è un esercizio di stile ed è un poco come mescolare la malta alla marmellata. Tuttavia il problema è Guccini stesso o meglio il suo lavoro Canzoni da intorto, ai primi posti degli album più venduti e degli streaming. Per i vinili (il disco è soltanto in formato fisico) ha esordito al primo posto. Guccini è disco d’oro a distanza di dieci anni da disco dell’addio L’ultima thule. Il dilemma è emerso chiaramente in parte della stampa specializzata è molto evidente. Perché Guccini vende quanto i rapper e fattura molto di più?

La prima risposta è che per poter ascoltare il lavoro dell’ultimo dei cantautori, piaccia o non piaccia, è necessario acquistare il disco. Ossia non si può ascoltare in streaming sulle piattaforme.

La grandezza indiscussa di Francesco Guccini e il Natale hanno fatto sì che diverse migliaia di fan regalassero il cd o vinile a qualche parente o amico. Quella di Guccini è l’unica grande uscita solo informato fisico, vecchio, solido, destinato solo alla vendita. Produce un indotto che gli streaming si sognano, è un prodotto con un prezzo preciso, che incassa soldi veri, a differenza dello streaming che nonostante produca numeri a nove zeri non ha un ritorno economico sicuro.

Con i 22 euro spesi per l’acquisto del Cd è possibile abbonarsi per parecchio tempo a diverse piattaforme e ascoltare tantissima roba senza nessuna attenzione. Trovare sempre tutto non significa trovare qualcosa di buono. La quantità spesso va a scapito della qualità. Serviva un disco fuori da tempo per far riflettere sul business. La fantascienza è diventata realtà ma i denari fatturati hanno un peso ben diverso se si passa da format solido a quello virtuale. Il gran ritorno del vinile spiega un trend di lentezza rispetto alla velocità degli ultimi anni.

I dirigenti delle case discografiche hanno dovuto prendere atto che c’è un pubblico oltre lo streaming, che apprezza il rituale di un ascolto traccia dopo traccia o magari si interessa a un concept, parole che racchiude un modo scomparso. Anche Guccini è il custode, assieme a De Gregori, di un tempo che non c’è più. Ha l’età di Lazza, Ernia, Thasup e qualcun altro messi insieme, non si è mai fatto chiamare poeta e neppure bro.

Il successo di questo disco, sia chiaro, non vuol dire si stia inaugurando un nuovo trend. Tuttavia in tanti hanno osservato come sarebbe interessante se alcuni giovani artisti mettessero solo alcune canzoni on line altre solo su supporti fisici. L’impressione è che lo faranno, non fosse altro per fare qualche dollaro in più.

 In tanto fa il giro della rete e degli anziani che ancora ascoltano Guccini il commento con il quale ha sigillato il successo del suo disco, lui accanto a Ernia “Potrei farmi chiamare Rutto, così non sfigurerei”. Ogni tempo ha i suoi cantori ma la sostenibilità di un Guccini moderno ha il suo fascino. Anche il maestrone di recente, dopo lunghi anni di silenzio, la promessa più volte tradita di non cantare più, immerso nei suoi numerosi interessi e mondi paralleli è sceso dall’eremo di Pàvana per entrare nelle case degli italiani e parlare di questo disco di cover in tv. La sensazione è che sia un uomo anziano ma ancora capace di centrare il bersaglio con risposte sempre adeguate, quasi mai retoriche e ben motivate. Come ha detto qualcuno il cuore e la mente invecchiano a velocità sensibilmente diverse rispetto al corpo. Non scrive più ma è sempre un cantautore. E le canzoni non invecchiano.

© Riproduzione riservata