La vita di Efisio Marini, medico e imbalsamatore cagliaritano vissuto nell’Ottocento, continua a suscitare curiosità. Inventò formule, ancora segrete, per conservare i corpi dei defunti a freschezza e flessibilità naturale, come disse Michele Papa, responsabile del Museo anatomico di Napoli, che conserva ancora oggi parti anatomiche trattate dal medico ottocentesco. A Napoli il medico era legato da un filo strettissimo, quasi più stretto della sua città natale. Era l’unico luogo in cui le pratiche affinate con lo studio e l’amore per questa materia non sarebbero riconosciute come limitrofe alla magia nera e alla necrofilia. Le sue opere sono ancora conservate al Museo Anatomico di Napoli e affascinano e interessano particolarmente i visitatori, il pezzo che colpisce maggiormente è una mano di donna perfettamente pietrificata e conservata adagiata su un tavolino il cui ripiano è composto di fegato, sangue e bile, considerato che appartengono a oltre un secolo fa stupisce lo stato di conservazione di queste opere, soprattutto dei colori mantenuti quasi intatti grazie alla tecnica inventata da Marini. Il direttore del museo napoletano è tanto affascinato dal medico imbalsamatore cagliaritano che recentemente ha curato una ricerca, firmata da Mariaelva Torino, docente di archeoantropologia all’università di Napoli. “Lo scopo di Marini era scientifico e didattico, pensato per gli studenti - racconta Torino – ma era anche il frutto del desiderio di conservare i corpi delle persone amate. Niente di macabro ma di estremamente commovente”.

Molti hanno conosciuto questo scienziato artista grazie all’opera dello scrittore Giorgio Todde, che ha saputo dare corpo alle sue invenzioni. La saga di Giorgio Todde ha per protagonista Efisio Marini, medico inventore di una rivoluzionaria tecnica di pietrificazione dei cadaveri, la cui formula segreta è andata perduta con la sua morte. Lo scienziato è l'indagatore della serie di romanzi concepita da Giorgio Todde fra il 2001 e il 2007. 

In una Sardegna ottocentesca, fra i quartieri di Cagliari sul mare e i paesi del centro montuoso dell'Isola, si muove lo spirito inquieto di Efisio, pervaso da un razionalismo e nutrito da inusuali conoscenze scientifiche che servono a smascherare i responsabili di delitti brutali e sofisticati allo stesso tempo.

Nato a Cagliari nel 1835 e trasferitosi a Pisa per gli studi, dopo due lauree in Medicina e Scienze Naturali, ritornò nella sua città dove cominciò ad approfondire alcune ricerche sulla conservazione e pietrificazione dei corpi umani.

Purtroppo queste sue ricerche invece che portargli fama e successo, attirarono le ostilità e le invidie dell’ambiente accademico della Cagliari dell’epoca.

La situazione non cambiò neanche quando Marini si adoperò per pietrificare la salma del bibliotecario e politico cagliaritano Pietro Martini, che venne sottoposta al trattamento messo a punto da Efisio Marini: quattro mesi dopo fu riesumata e si presentò ai testimoni, presenti al cimitero di Bonaria, in perfette condizioni. Intorno alla figura di Marini si svilupparono sospetti e diffidenza, al punto che decise di abbandonare la città. Per trasferirsi a Napoli, dove continuò i suoi studi, e mantenendo segrete le sue scoperte.

Le sue tecniche conquistarono anche Napoleone III, Marini venne invitato a presenziare all’Esposizione Universale, nel 1867 a Parigi, per presentare le sue scoperte.  E secondo un curioso aneddoto, lo scienziato, entrato in possesso del sangue di Giuseppe Garibaldi lo pietrificò e lo rinchiuse in un medaglione che regalò poi all’eroe dei due mondi.

Purtroppo neanche in questa fase della vita Marini riuscì a emergere per le sue scoperte tanto originali. Secondo alcune fonti, Marini visse nel disagio, ossessionato dalla necessità di tenere segreta la sua tecnica di conservazione di corpi umani. Così concluse la vita in totale solitudine.

Lo scienziato non svelò mai i segreti delle sue formule, questa sua gelosia nei confronti delle sue tecniche ha probabilmente contribuito a creare scetticismo. Solo nel 2006 alcuni studiosi hanno riesumato la salma di Pietro Martini che da 140 anni era custodita al cimitero di Bonaria. Il corpo, prelevato dal sepolcro, è apparso con le dita di una mano ancora perfette, e così il cuore, parte del fegato e il midollo osseo. Della bara sono rimaste solo le maniglie.

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