Solo in tempi di guerra, quando diventano quotidiane le immagini di bombardamenti e morti dagli scenari dove si combatte, torna a crescere in vari Paesi una sensibilità collettiva alla necessità di trovare dei percorsi di pace, se non proprio politiche fondate sulla nonviolenza. Se le secondo sono un'utopia, vista la propensione bellica di molte nazioni - anche occidentali - la ricerca di strade che conducano ad una riappacificazione dei popoli è una strategia che viene studiata e proposta da varie associazioni e laboratori di politica.
Dal Gruppo Abele alla comunità di Sant'Egidio, dai Beati costruttori di pace alla Rete Italiana Pace e Disarmo (di cui fanno parte decine di sigle dell'associazionismo, del sindacato e del volontariato nonviolento). In Italia tra le organizzazioni più attive nella lotta contro la guerra ci sono, per l'appunto, i "Beati costruttori di pace", associazione fondata a Padova nel 1985 da don Albino Bizzotto. L'obiettivo, sin dal momento costitutivo, è stato quello di sensibilizzare della società moderna circa la necessità del disarmo ed il rifiuto della guerra, vista come una nuova e più moderna forma di imperialismo. Fra gli attivisti e fondatori del gruppo c'è il padre comboniano Alessandro Zanotelli, che nel 2001 divenne un punto di riferimento del movimento New-global e della Rete Lilliput, partecipando anche alle manifestazioni contro il G8 di Genova.
Negli anni l'associazione si è resa protagonista di numerose campagne su temi legati dalla guerra, ma ha preso parte a svariate iniziative per la tutela dell'ambiente e delle minoranze. Negli anni Novanta ha organizzato due marce della pace a Sarajevo durante la guerra dei Balcani, mentre nel 2009 ha aderito al movimento No Dal Molin di Vicenza.

Esattamente a 31 anni fa risale la più famosa delle due marce della pace diretta verso il territorio dell'ex Jugoslavia in guerra, quella ribattezzata "La nave dei folli", quando, nel dicembre 1992, da Ancona salpò il traghetto Liburnija con 496 persone dirette proprio a Sarajevo, in quel periodo devastata da nove mesi di assedio delle milizie serbe e con i cecchini che sparavano a caso sulle persone dalle finestre dei palazzi.
Lo slogan coniato da don Albino Bizzotto era stato «In 100.000 a Sarajevo!», chiamando all'invasione pacifica della città bosniaca così da fermare per un po' la guerra, presumendo che nessuno avrebbe sparato su un convoglio internazionale. Dall'Italia risposero in poco meno di 500 coraggiosi, tra i quali si contava anche il vescovo di Molfetta, Don Tonino Bello, che tenne un discorso diventato memorabile. Una lezione di come non solo si parla di pace, ma si fa la pace. Nella carovana partita da Ancona c'erano persone di tutte le età, credenti e atei, obiettori di coscienza, sacerdoti, anarchici, due vescovi (oltre a Tonino Bello c'era anche Luigi Bettazzi), più tantissimi altri volontari armati solo di un fervente desiderio di fermare il genocidio. «Questa è la realizzazione di un sogno – disse don Tonino Bello, il cui corpo era già sofferente per un tumore che poi lo uccise poco tempo dopo - di una grande utopia che abbiamo tutti portato nel cuore, probabilmente sospettando che non si sarebbe realizzata. Ma ringrazio il Signore che, attraverso il nostro gesto folle, ha realizzato l’utopia. Queste forme di utopia dobbiamo promuoverle, altrimenti le nostre comunità che cosa sono? Sono solo le notaie dello status quo, non le sentinelle profetiche che annunciano tempi nuovi». Poi la parte centrale del discorso. «Quanta fatica si fa a far capire che la soluzione dei conflitti non avverrà mai con la guerra ma con il dialogo – proseguì il vescovo – abbiamo fatto fatica anche qui con i rappresentanti religiosi, perché è difficile questa idea della soluzione pacifica dei conflitti. Ma noi siamo venuti a portare un germe: un giorno fiorirà».
La pace è un bene prezioso, un obiettivo fondamentale per l'umanità. È un diritto umano fondamentale, un presupposto per lo sviluppo sostenibile e la prosperità di tutti. Oggi come trent'anni fa, la pace è minacciata da conflitti e guerre, prime fra tutti quella sanguinose tra Israele e Palestina, e Russia e Ucraina. I costruttori di pace - come prevedeva l'idea di don Albino Bizzotto sposata da don Tonino Bello - possono essere singoli individui, gruppi o organizzazioni che si impegnano per promuovere la pace attraverso una varietà di attività, tra le quali l'educazione alla pace (diffondere la cultura della nonviolenza, formando le nuove generazioni a vivere in modo pacifico), la difesa dei diritti umani, la mediazione e la risoluzione dei conflitti e l'aiuto umanitario.
«La nonviolenza attiva è diventata un trattato scientifico. Gli eserciti di domani – concluse il vescovo, parlando da Sarajevo – saranno uomini disarmati! Ma occorre un’azione intellettuale, bisogna che le nazioni promuovano le tecniche della strategia nonviolenta».
Don Tonino Bello morì a Molfetta,il 20 aprile 1993. Nel 2007 è iniziato il suo processo di beatificazione da parte della Congregazione della cause dei santi. In tutta Italia il movimento pacifista ha lanciato lo slogan "Santo anche senza miracoli".

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