Attenzione a quello che scrivete sulla posta elettronica. Se dovete parlare male di qualcuno, un collega, un amico, un conoscente o uno sconosciuto, e credete di rivolgervi a un solo interlocutore, accertatevi che a quella casella di posta elettronica non abbiano accesso anche altre persone. Se invece lo sapete guardatevi bene dall’effettuare l’invio. Perché in questo caso può scattare la diffamazione aggravata. E poco importa se tra i possibili lettori, le persone cioé che hanno accesso alla casella, c’è proprio l’oggetto della vostra intemerata. Non cambia assolutamente nulla.

Sì: secondo la Corte di Cassazione il reato si concretizza anche con la posta ordinaria.

La sentenza è del 25 gennaio scorso ma le motivazioni sono state depositate l’altro giorno.

La quinta sezione penale della Suprema Corte ha esaminato la questione relativa alla configurabilità del reato di diffamazione aggravata nel caso di comunicazione inviata via posta elettronica. Ebbene, secondo la valutazione dei giudici di legittimità l'utilizzo della posta elettronica non esclude la sussistenza del requisito della comunicazione con più persone, indispensabile perché si configuri il reato di diffamazione. Questo, va sottolineato, succede anche nell’ipotesi di diretta ed esclusiva destinazione del messaggio diffamatorio a una sola persona determinata, se però l'accesso alla casella mail sia consentito ad almeno un’altra persona. Vale anche se l’accesso alla casella sia limitato a fini di consultazione, estrazione di copia e di stampa. Purchè, ovviamente, l’accesso a più persone sia noto al mittente o, quantomeno, per lui prevedibile secondo l'ordinaria diligenza, fatta salva l'esplicita indicazione di riservatezza.

In altre parole, sottolinea con grande chiarezza espositiva l’avvocato Riccardo Radi in un articolo pubblicato sulla rivista online NJus, “si può ritenere la sussistenza del requisito oggettivo, ai fini della configurabilità del reato di  diffamazione, della comunicazione con più persone anche nell’ipotesi di diretta ed esclusiva destinazione del messaggio diffamatorio, inviato tramite posta  elettronica, a una sola persona determinata; e ciò sia quando l'accesso alla  casella mail sia consentito almeno a un altro soggetto, a fini di consultazione, estrazione di copia e di stampa, e tale accesso plurimo sia noto al mittente o, quantomeno, prevedibile secondo l'ordinaria diligenza, sia in tutti i casi in cui la comunicazione inviata via mail a un solo soggetto sia stata diffusa, come prevedibile - con giudizio da operarsi ex ante rispetto alla ricezione - o comunque  posta a conoscenza di almeno un altro soggetto”. 

Siccome la posta elettronica viene inviata attraverso internet, in caso di diffamazione questa è da valutare come aggravata.

Ma c’è di più: l'eventualità che fra i fruitori del messaggio vi sia anche la persona cui si rivolgono le espressioni offensive, scrive Radi, “non consente di mutare il titolo del reato nella diversa ipotesi di ingiuria nell’ipotesi in cui non  ricorra contestualità nel recepimento del messaggio”. Dunque la mail può essere letta da diverse persone anche in momenti diversi, senza che per questo cada il reato.

“In tal senso si pone il più recente e prevalente orientamento di legittimità, secondo cui l'invio di e-mail a contenuto offensivo integra il reato di  diffamazione anche nell'eventualità che tra i destinatari del messaggio di posta  elettronica vi sia l’offeso”, conclude Radi.

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