"E quindi uscimmo a riveder le stelle". Mai come in questo tempo così difficile, senza un orizzonte di futuro certo, al celebre verso di Dante, chiusa del XXXIV canto dell'Inferno, abbiamo affidato il desiderio di un ritorno alla vita normale, quella che ci farà "rivedere le stelle" e riabbracciare i nostri cari. Nel settecentesimo anniversario della morte del Sommo Poeta, ricorrenza celebrata con libri, conferenze, seminari, programmi tv e radio, scopriamo che la Divina Commedia ci appartiene più di quanto non si immagini. L'opera di Dante, studiata, amata oppure detestata sui banchi di scuola, ci ha lasciato in eredità tante espressioni entrate nel linguaggio quotidiano. Non c'è bisogno d'essere dantisti, o almeno diligenti studenti, per aver detto, almeno una volta, "nel mezzo del cammin di nostra vita…". Sono le parole con le quali Dante apre la Divina Commedia e la cantica dell'Inferno, versi nei quali annuncia la sua discesa agli inferi, guidato dal poeta Virgilio; per non dire di "lasciate ogni speranza voi ch'intrate", chiusa del canto III dell'Inferno, usato tra il serio e il faceto, per dire che non si torna più indietro. Sempre il canto terzo ci riserva versi, che possono suonare un po' snob: è il celebre "non ragioniam di lor, ma guarda e passa" pronunciato tutte le volte che, feriti, abbiamo detto ai noi stessi di essere diversi, altro, superiori ai quei "lor" (Dante è tra gli Ignavi).

Due terzine più avanti, ecco il papa Celestino V, "colui che fece per viltade il gran rifiuto", rinunciò al soglio pontificio per lasciarlo a Bonifacio VIII. Giusto dieci anni fa, le inattese dimissioni di papa Ratzinger, evocarono l'episodio avvenuto nel lontano 1294.

Se la Divina Commedia è densa di riferimenti politici - ricordiamo che Dante morì in esilio a Ravenna, lasciando la sua amata Firenze, e per questo motivo non risparmia strali avvelenati ai suoi avversari, disseminandoli per tutta l'opera - nelle tre cantiche rintracciamo tanti spunti che parlano d'amore, anche dolenti. Quante volte abbiamo detto: "Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante". Galeotto è l'amico di Lancillotto che favorì la sua peccaminosa storia d'amore con Ginevra. Galeotta è nei versi danteschi, per estensione, l'occasione che fa sbocciare l'amore appassionato tra Paolo e Francesca da Rimini, sposa di Gianciotto Malatesta. Scoperti dal marito, gli amanti saranno uccisi. È lei, Francesca, che sussurra a Dante uno dei pensieri più sinceri, quel "amor, ch'a nullo amato amar perdona" ("l'amore, che non permette a nessuna persona amata di non ricambiare"), parole che addolorano il poeta al punto da fargli perdere i sensi. Ed ecco uno dei versi più sublimi e citati: "E caddi come corpo morto cade".

E Ulisse? È all'inferno tra i consiglieri fraudolenti, ma Dante lo ammira se gli mette sulle labbra parole che suonano come un manifesto: "considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza". L'Inferno è la cantica a offrire più citazioni. Impossibile non ricordare il conte Ugolino della Gherardesca, traditore della patria. Prigioniero in una torre coi figli, Ugolino li vedrà morire di fame e alla fine addenterà il cranio di uno loro. Dice Dante: la "bocca sollevò dal fiero pasto" e "più che 'l dolor potè il digiuno". Al dramma di Ugolino non si pensa, perché, con ilarità, i versi vengono rispolverati per momenti conviviali. È il Purgatorio poi a regalare, nel primo canto, il celebre "libertà va cercando, ch'è si cara, come chi per lei vita rifiuta" (Dante era un Guelfo bianco, geloso dell'indipendenza di Firenze dal Papa e per questo costretto all'esilio), mentre l'VIII si apre con lo struggente "era già l'ora che volge il desio e ai navicanti intenerisce il core", richiamato davanti a un intenso tramonto. O ancora, la sospirata riflessione "Oh vana gloria dell'umane posse!", così finita e modesta perché solo quella divina è immortale, come spiega Oderisi da Gubbio a Dante, nel canto X dedicato ai superbi.

Arrivati in Paradiso, i versi danteschi si fanno più mistici, filosofici, meno passionali. Accompagnato da Beatrice, donna che ha "intelletto d'amore", il poeta, ormai giunto nella beatitudine dell'Empireo, capisce come sia Dio "l'amore che move il sole e le altre stelle".
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