È la star del museo archeologico nazionale di Nuoro. È stata scoperta una domenica di maggio del 1961 in una grotta del Supramonte, nel versante di Dorgali. Ha vissuto la cultura di Bonnanaro, età del bronzo, tra 2200 e 1900 avanti Cristo. Il suo nome è Sisaia che, tradotto dalla lingua latina, evoca in modo affettuoso l’antenata di tutti i sardi anche se nella variante in limba identifica la blatta. In realtà nella scelta non c’è alcun intento evocativo dell’insetto nero considerato una presenza infestante. «Sisaia viene dal latino sexies avia e vuole dire sei volte antenata, il nome ricorre anche in un’opera di Plauto», spiegano le operatrici dell’Archeologico che accolgono i visitatori. C’è chi viene qui, nel palazzo che appartenne all’illustre deputato Giorgio Asproni a cui è intitolato il museo, con il desiderio di scoprire con gli occhi questo scheletro diventato un’attrattiva, anche perché racconta una storia importante. Dopo il rinvenimento da parte degli appassionati del Gruppo grotte di Nuoro, è stato affidato agli esperti che lo hanno studiato a fondo, assieme ai tre reperti ritrovati accanto, ovvero una ciotola, un piatto e una macina.

I resti hanno lasciato così il cunicolo profondo in località Doloverre, che è poi una sepoltura, per avere una vetrina speciale a Nuoro. Sisaia era una donna alta un metro e cinquanta, di corporatura robusta, morta quando aveva 30-35 anni. Non solo. Il suo scheletro è una cartella clinica precisa. Ha denti consumati, artrosi nella colonna, problemi a una clavicola. Ha avuto la frattura dell’ulna dell’avambraccio sinistro che è stata curata male perché ha un rigonfiamento osseo, una sorta di malformazione visibile anche all’occhio di qualunque visitatore. Ha soprattutto un tumore benigno nell’osso sacro, ovvero un osteocondroma solitario che le ha causato di sicuro forti dolori in vita ma non è stato la causa della morte.

L'ingresso del museo archeologico Asproni
L'ingresso del museo archeologico Asproni
L'ingresso del museo archeologico Asproni

L’elemento che più richiama l’interesse degli studiosi è il fatto che Sisaia abbia subito la trapanazione del cranio e ne sia sopravvissuta. Di sicuro le è stata asportata una rondella ossea che è stata poi ricollocata, la ferita è guarita, l’osso si è ricalcificato: un fatto non scontato al tempo quando la tecnica di trapanazione cranica era diffusa, ma non erano altrettanti frequenti i segni della guarigione. «Non sappiamo in che condizioni sia sopravvissuta, ma certo chi è intervenuto ha capito il problema e ha operato in modo corretto. Sicuramente Sisaia è stata assistita e accudita, qualcuno si è preso cura di lei, aveva una comunità che l’ha aiutata, è un segno di civiltà», spiegano le guide del museo. L’ipotesi che Sisaia fosse una presenza importante nella sua comunità sarebbe suffragata dalla sepoltura individuale in una fase in cui nell’Isola le tombe erano per lo più collettive.

«Sisaia avrà presto uno spazio che sarà in grado di valorizzarla meglio», annuncia Luana Toniolo, direttrice regionale dei musei della Sardegna. L’Archeologico Asproni, ora ospitato nel solo piano terra del palazzetto con annesso giardino, sarà ampliato e completato con l’allargamento al secondo piano e con nuovi spazi per la biglietteria. In primavera l’avvio dei lavori che non impediranno comunque l’accesso al pubblico nel museo, riaperto nel 2021 dopo anni di chiusura. Previsto un nuovo allestimento anche con video che saranno proiettati nel bel giardino, in faccia alla cattedrale di Santa Maria della Neve: le immagini serviranno per far conoscere i luoghi di provenienza dei reperti esposti.

Il giardino del museo archeologico Asproni
Il giardino del museo archeologico Asproni
Il giardino del museo archeologico Asproni

In vetrina tante sorprese, a iniziare da un oggetto simbolo che torna all’Archeologico di Nuoro, diretto da Stefano Giuliani, dopo tappe internazionali: è partito dal villaggio nuragico di Romanzesu, a Bitti, dove è stato ritrovato, ed è diventato ambasciatore della Sardegna antica. La cosiddetta fiaschetta del pellegrino era in mostra a Berlino, San Pietroburgo, Salonicco e Napoli. È una borraccia che sulla sommità del collo esibisce la torre di un nuraghe: decorazione molto simile a quella dell’altare in pietra di Sa Carcaredda a Villagrande Strisaili che riproduce un nuraghe con due torri e all’Archeologico di Nuoro ha un angolo tutto per sé.

Sala del museo archeologico con l'altare in pietra di Sa Carcaredda a Villagrande Strisaili
Sala del museo archeologico con l'altare in pietra di Sa Carcaredda a Villagrande Strisaili
Sala del museo archeologico con l'altare in pietra di Sa Carcaredda a Villagrande Strisaili

Tra le altre attrattive il resto fossile del prolagus della grotta Corbeddu a Oliena, la ricostruzione della fonte sacra del villaggio di Sa Sedda ‘e Sos Carros a Oliena, come pure i reperti di Su Tempiesu a Orune o il contenitore di profumi di età micenea che arriva dal nuraghe Arrubiu di Orroli, testimonianza degli scambi diffusi nel Mediterraneo. E poi le collane d’ambra di Romanzesu, oggetti di lusso giunti dal Baltico, che danno l’idea di una società proiettata verso ampi mercati. Un viaggio a sé è la sezione paleontologica: mostra una Sardegna tropicale grazie ai resti fossili di palme attorno al lago Omodeo e al macaco del monte Tuttavista.​​​​​​​​​​​​​​

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