Una volta, nella vita precedente, “aggiustava” motori di macchine per il movimento terra. Nel tempo libero, dava sfogo alla sua passione, ovvero guidare i go-kart. Per due decenni è stato un discreto pilota di questi piccoli bolidi ottenendo anche qualche apprezzabile risultato. Sempre durante la prima esistenza non disdegnava nemmeno riparare i motori dei pescherecci in avaria per i quali, non di rado, veniva svegliato nel cuore della notte: i pescatori non potevano perdere la giornata. Quindi, la svolta definitiva. Rossano Putzu da Serrenti, classe 1954, già con diversi anni d’anticipo sulla pensione cominciò a dedicarsi a una singolare attività: costruire girarrosti in acciaio.

<Ho iniziato ad arrostire patate e pesci quando avevo sei anni – racconta - osservando quello che faceva Tanino Cabras, mio padrino e mio maestro di vita. A casa sua ogni giorno sembrava ci fosse una festa tante erano le persone che la frequentavano e che si intrattenevano per il pranzo o la cena. Io guardavo e cercavo di imparare a cuocere con lo spiedo, mi piaceva molto>. E si è visto subito. Ma per migliorarsi ha dovuto sperimentare e inventare qualcosa di suo. <La mia tecnica l’ho affinata agli inizi degli anni Ottanta, quando lavoravo in Marocco per Impregilo, una grossa impresa italiana, sempre come meccanico di motori per mezzi pesanti. Nei ritagli di tempo ho potuto apprezzare la precisione di altri torni, decisamente migliori di quelli che usavo>. L’evoluzione dell’artigiano è stata evidente.

Basterebbe dare un’occhiata, sia pure di striscio, alle sue creature, per capire che si tratta di qualcosa di diverso, di unico e di straordinario. Girarrosti su modelli di automobili e di moto (una con il numero 46, quella di Valentino Rossi), rifiniti nei dettagli, che luccicano sui piani del suo laboratorio di via Gavino Fara 64, a Serrenti. Della vecchia officina meccanica ha conservato giusto un tornio, strumento fondamentale che Rossano usa con maestria e con capacità fuori dal comune. Così crea i suoi gioielli, alcuni dei quali richiedono anche 5 o 6 mesi di lavoro per forgiarli. E poi c’è la lucidatura, cioè il passaggio più delicato perché l’opera deve sopravvivergli. Solo in questo modo è normale, vedendolo, pensare che il girarrosto di vent’anni fa sia stato finito appena da due giorni.

In quarant’anni ne ha realizzato centinaia: <Non ricordo con esattezza ma se dico 700 forse non mi sbaglio di molto>. A lui ne son rimasti 15, quelli messi in bella mostra nei locali di via Fara. Altri quattro o cinque, non di più, sono custoditi nei magazzini degli amici “continentali”, così da spostarli più agevolmente per gli appuntamenti nelle ville di campagna, e anche di città, dove Rossano Putzu esibisce la sua arte di “arrostitore”.

Per essere chiari, Putzu i suoi prodotti, artistici più che artigianali, li sfrutta. E li porta in giro per l’Italia, dove spesso è chiamato all’importante compito di cuocere carni e pesci con le sue macchine in acciaio inox per qualche centinaio di persone in Lombardia, Lazio e ovunque capiti. Oppure a esibire le virtù dei suoi girarrosti nelle piazze di mezza Sardegna. Dicono che una volta, alla sagra di Cabras, sia riuscito a soddisfare l’appetito di 700 turisti – numero da record ma, pare, approssimato per difetto. D’altronde, un suo girarrosto è in grado di sostenere la cottura di cento maialetti. Robustissimi spiedi li fanno girare alla velocità giusta mentre un rilevatore di temperatura, immerso nella brace, fa scattare in automatico il meccanismo per aggiungere legna o carbone per evitare di rovinare l’arrosto. Accorgimenti necessari.

Entrare nel suo laboratorio è come scoprire davvero un mondo nuovo. Le auto e le moto d’acciaio emanano una luce intensa che sembra illuminare lo stanzone. Capita di trovarlo intento a rifinire qualche oggetto, ed è il caso di non disturbarlo per evitare di essere allontanati bruscamente. <C’è un tempo per la produzione artistica e un tempo per scherzare>, ripete con tono ironico, ben sapendo che in fondo in questa sintesi si cela il suo segreto. Di recente, un gruppo di amici – poeti, pittori, scultori e filosofi – gli ha consegnato una pergamena speciale, insignendolo del titolo di “artista”, durante una bizzarra cerimonia finita, manco a dirlo, con un pranzo a base di anguille e maialetto, rigorosamente cucinato da Rossano Putzu, il “genio del girarrosto”, in una delle sue macchine inossidabili. Esattamente come la sua vena.​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​

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