Nato dal nulla. È stata la scommessa di un giovane veterinario e di alcuni volontari che da tempo erano impegnati a salvare tartarughe finite nelle reti da pesca o delfini spiaggiati: creare un centro specializzato per la cura degli animali marini. E l’idea è stata sposata subito dall’Area marina protetta del Sinis –Isola Mal di Ventre e dai ricercatori del Cnr di Torregrande: così è nato il Centro di Recupero del Sinis delle tartarughe e dei mammiferi marini. Oggi il CReS è una realtà a livello internazionale, tra salvataggi di centinaia di tartarughe e studi sul campo, ha elaborato protocolli seguiti ormai in tutta Europa. L’ultima grande vittoria è di alcuni giorni fa: la liberazione di Genoveffa e Gavino, due esemplari di Caretta caretta che per 25 anni hanno sempre vissuto in cattività e da una decina di giorni, dopo un percorso difficile di cure e persino battaglie giudiziarie, sono potuti tornare a casa nel mare blu del Sinis.

Il CReS

Nato nel 2000, il Centro ha l’obiettivo di programmare e attuare tutte le attività di recupero, soccorso delle tartarughe e dei cetacei per arrivare alla riabilitazione per finire con il loro rilascio “a scopi di conservazione e scientifici, in ottemperanza alle vigenti disposizioni regionali, nazionali e comunitarie” fanno sapere dal Centro. L’ambito geografico in cui si muove questo esercito di soccorritori va dai tratti costieri compresi tra Tresnuraghes e Fluminimaggiore nella costa centro - occidentale, da Ororsei a Lanusei nella costa centro - orientale della Sardegna, così come era stato definito nell’accordo per l’attivazione di un Centro regionale per la conservazione della fauna marina in difficoltà (tartarughe e mammiferi marini).

Nel Centro di recupero figure essenziali sono il direttore dell'Area marina protetta, il responsabile scientifico del Cnr e quello sanitario che è il direttore sanitario della clinica veterinaria Duemari di Oristano (quel giovane veterinario che scommise da subito sul progetto). Sono loro a coordinare, ognuno con le proprie specifiche competenze, tutte le fasi del recupero delle varie specie. In vent’anni sono stati soccorsi 350 animali feriti (tartarughe e cetacei) a causa di palamiti o reti da pesca oppure animali che avevano ingerito plastica. Proprio le microplastiche sono diventate il nemico numero uno degli animali in particolare negli ultimi dieci anni.

Nell’attività del CReS ci sono anche 300 animali ritrovati morti, su cui sono stati effettuati studi per verificare le cause e le condizioni che hanno portato alla morte.

La liberazione di Genoveffa a San Giovanni di Sinis (foto V. P.)
La liberazione di Genoveffa a San Giovanni di Sinis (foto V. P.)
La liberazione di Genoveffa a San Giovanni di Sinis (foto V. P.)

La liberazione

L’ultimo grande risultato del CReS è stata la liberazione in mare di Genoveffa, Gavino, Elettra e Azzurra: i quattro esemplari di Caretta caretta lo scorso 9 ottobre sono stati liberati nelle acque di San Giovanni di Sinis (Cabras) dopo anni di sofferenza. La liberazione delle prime due tartarughe marine è stata un momento storico: “Un evento senza precedenti, unico al mondo in quanto non risultano altre liberazioni di esemplari di Caretta caretta dopo tanti anni di cattività – ha spiegato il direttore dell’Area marina protetta Massimo Marras - Solamente Jacques Cousteau fece un esperimento simile, con una tartaruga verde da sempre in cattività. Gli studi di allora dimostrarono che l’animale proseguì la sua vita senza difficoltà. Le tartarughe sono note per la loro longevità, crediamo sia stato un dovere morale aver dato loro la libertà”. Adesso per almeno un anno le tartarughe saranno monitorate grazie a un gps satellitare sistemato sul carapace: questo consentirà di verificare il comportamento degli animali e, nel caso di anomalie o diffìcoltà, localizzarli e intervenire subito. Il monitoraggio rientra nel più ampio progetto di tutela attuato grazie alla Rete regionale per la fauna marina (finanziato da Ministero e Regione).

La liberazione di una Caretta caretta (foto V. P.)
La liberazione di una Caretta caretta (foto V. P.)
La liberazione di una Caretta caretta (foto V. P.)

La storia

Ad accompagnare fino all’ultimo istante Genoveffa e Gavino c’erano il responsabile sanitario Paolo Briguglio e la moglie Monica Pais (della clinica veterinaria Duemari), tra i principali artefici della salvezza di Genoveffa e che, fin da quando erano ragazzi, avevano notato le precarie condizioni della tartaruga nell’acquario di Alghero. In quelle vasche la situazione non era ottimale: l’ambiente era sprovvisto di un impianto di termoregolazione, mancava persino un adeguato ricambio di acqua. Nel 2010 scattò il sequestro, Genoveffa venne trasferita al Centro di recupero ma il proprietario dell’acquario Sergio Caminiti impugnò il provvedimento e, dopo alcuni mesi di battaglia, il Tribunale di Sassari gli diede ragione: la Caretta tornò ad Alghero. Immediata la mobilitazione, ci fu una campagna social, manifestazioni di piazza e alla fine il caso arrivò al Ministero. Da Roma vennero inviati gli ispettori del Corpo forestale dello Stato e Genoveffa venne affidata al CReS dove è iniziata la sua graduale rinascita.

Chiusa la vicenda giudiziaria, grazie al lavoro di intermediazione tra il personale della clinica veterinaria e il ministero della Transizione ecologica, acquisiti i provvedimenti di dissequestro e autorizzazione al rilascio, oggi Genoveffa e Gavino nuotano di nuovo libere in mare. “I trasmettitori funzionano e tutte e quattro le Carette liberate si muovono bene – fanno sapere Paolo Briguglio e Monica Pais – Avevamo particolare ansia per le due Carette detenute per anni ad Alghero ma loro si stanno muovendo bene come le due selvatiche. Genoveffa e Gavino seguono la stessa rotta: insieme anche in mare aperto”.

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