Per vincere, il suo avvocato avrebbe dovuto evitargli il carcere a vita.

Ora che è morto da carcerato, è lui che fa vincere il suo vecchio avvocato.

È la storia apparentemente paradossale di Yvan Colonna e Gilles Simeoni. Il primo è l’ergastolano aggredito il 2 marzo nella prigione di Arles da un altro detenuto e morto dopo venti giorni di coma irreversibile. L’aggressione ha suscitato in Corsica tante e così violente proteste che la Francia per placare gli animi si è decisa a concedere all’isola l’agognata e finora negata autonomia: il ministro degli Interni è volato ad Ajaccio per mettere in agenda una trattativa con Gilles Simeoni.

Che oggi è il presidente del consiglio esecutivo della Corsica, ieri era uno dei difensori di Colonna.

La storia comincia il 6 febbraio 1998, giorno della morte del prefetto Claude Érignac. È un funzionario esperto, con un curriculum che – dopo gli studi in quella Science-Po che gli italiani conoscono soprattutto per l’asilo politico-accademico concesso a Enrico Letta dopo la defenestrazione renziana – lo vedrà ricoprire incarichi delicati, ora come capo di gabinetto di un ministro, ora nei territori francesi d’Oltremare. Al momento del trasferimento in Corsica non immagina certo che la meta oltremare più pericolosa sia quell’angolo di Mediterraneo. Oltre che criminale, l’agguato a Érignac è strano. Come nota sulla Nuova Sardegna Piero Mannironi nel suo reportage dopo il delitto, tutti sanno che il prefetto ogni mattina pedala da solo e per un tratto piuttosto lungo e aperto, eppure i due assalitori lo uccidono in pieno centro mentre va a teatro con la moglie. Un colpo alla nuca e poi altri due alla testa quando giace sul selciato. La strada dove muore è intitolata al colonnello Colonna, omonimo dell’indipendentista che verrà arrestato e condannato come esecutore materiale dell’omicidio.

Yvan Colonna (foto Ansa)
Yvan Colonna (foto Ansa)
Yvan Colonna (foto Ansa)

Ma la cattura arriverà solo nel 2003, nel frattempo la polizia prende una pista che non convincerà la magistratura e in alcuni ambienti dell’indipendentismo si comincia a collegare il delitto a una pista mafiosa piuttosto che politica. Ma c’è un indizio che sembra smentirli: l’arma che i killer abbandonano sulla scena del delitto è una pistola calibro 9 che risulta rubata a un gendarme l’anno prima durante un raid separatista nella caserma di Pietrosella.

Ma una volta catturato, per Colonna non c’è scampo: viene condannato all’ergastolo, l’ultima sentenza che lo conferma è del 2011. Nel collegio difensivo sconfitto siede anche il brillante penalista Gilles Simeoni consigliere comunale di opposizione a Bastia e figlio dello storico esponente del nazionalismo corso Edmond Simeonii. È una delle tappe conclusive della sua carriera legale: nel 2014 viene eletto sindaco di Bastia - che per lui abbandona il tradizionale orientamento di sinistra - e lascia la toga per dedicarsi a tempo pieno alla politica.

Intanto Colonna, che nelle scritte sui muri dei paesi corsi continua ad essere acclamato come un eroe, continua a protestarsi innocente dalle carceri continentali dove è confinato dalla sua qualifica di detenuto a massima sorveglianza, con espresso divieto di trasferimento in una prigione della sua isola.

È nel penitenziario di Arles che si chiude questa storia, almeno per quanto lo riguarda. E si chiude con una seconda e ultima stranezza: nessuno ferma il camerunense 36enne Fanck Elong Abé, condannato a 9 anni per aver preparato un attentato jihadista, che assale Colonna nella palestra del carcere, lo pesta e lo strangola per otto minuti davanti a una telecamera di sorveglianza. Addirittura, ricordava Il Post il giorno della morte dell’ergastolano corso, è lui ad avvertire la sorveglianza dopo l’aggressione.

L’agonia di Colonna e poi la sua morte incendiano la Corsica finché il ministro dell’Interno Gérald Darmanin piomba sull’isola con un inedito dono di riconciliazione: “Autonomia: ecco, ho detto la parola”, scandisce davanti alle telecamere.

È una mossa spericolata di Emmanuel Macron nei suoi ultimi giorni di campagna elettorale per la rielezione all’Eliseo. Nessun presidente ha mai promesso tanto alla Corsica, neppure il gollista Nicolas Sarkozy, che pure ha sempre curato e mantenuto saldi i legami con l’isola ereditati dal suo primo matrimonio. Il rischio è che una formula come questa disgusti i corsi indipendentisti come troppo moderata eppure sia più che sufficiente a dispiacere a una parte importante dell’elettorato francese, tuttora permeato dal perentorio centralismo affermato per ironia della politica dal corso Napoleone Bonaparte.

Eppure si tratterebbe di un risultato senza precedenti nell’autogoverno dell’isola, e a coglierlo sarà il vecchio avvocato di Colonna, Simeoni, che nel frattempo dopo due mandati come sindaco di Bastia ha vinto le elezioni corse in tandem con un altro protagonista dell’indipendentismo, Jean-Guy Talamoni, e ora guida l’amministrazione corsa. I negoziati con Parigi cominceranno ai primi di aprile. Prima ancora che l’autonomia corsa veda la luce, le due fazioni che la avversano come troppo ardita o come troppo prudente hanno ciascuna il proprio martire. Il prefetto Érignac e il suo assassino.​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​

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