Se è vero che, dalle grandi sconfitte, si dev’essere capaci di ricavare le piccole vittorie, l’operazione sembra essere riuscita per quanto riguarda le persone che svolgono un lavoro domestico. Quelle che tengono pulite le nostre case, insomma, indispensabili nelle famiglie in cui entrambi i genitori lavorano e proprio non c’è il tempo per mandare avanti anche la casa, ma anche quelle che aiutano i nostri anziani. Un mondo dove il “lavoro nero” ha sempre imperversato con percentuali superiori a qualsiasi altro settore, ma dall’avvento della pandemia da Covid-19 sta registrando un’inversione di tendenza che – secondo uno studio di Domina, cioè l’Associazione nazionale famiglie datori di lavoro domestico – è caratterizzata da cifre impressionanti.

Secondo quello studio, che si basa sui dati ufficiali dell’Inps, nel 2020 è stato registrato un significativo aumento dei contratti regolari per le colf, i badanti e tutti gli altri collaboratori familiari: la percentuale attesta un incremento di sette punti e mezzo. E non sono pochi, considerato che il Covid-19 ha fatto strage non soltanto di persone uccise dal virus del SarsCoV-2, ma anche di posti di lavoro: lo testimoniano i dati della stessa Inps, che nel 2020 certificano un crollo generale degli occupati in tutte le categorie di lavoratori con 456mila posti andati in fumo, spazzati via da lockdown e riduzione del volume d’affari un po’ di tutte le aziende (tranne che dei supermercati, delle farmacie e di altri, pochissimi settori).

Non fanno eccezione i dati relativi alla Sardegna. Il saldo del 2020 è stato di 3.319, frutto di 28.109 assunzioni di colf e badanti (con un aumento del 6% rispetto all’anno prima, quando nessuno aveva mai sentito parlare di coronavirus) e delle 24.790 cessazioni del rapporto di lavoro. Rispetto al 2019, l’anno dopo le cessazioni sono diminuite, sempre in Sardegna, dello 0,8%.

Domina ha deciso di condurre lo studio analizzando l’impatto della pandemia proprio attraverso il saldo delle assunzioni e delle cessazioni dei rapporti di lavoro domestico nel 2020: quello che da marzo in poi è stato scandito dai provvedimenti di chiusura e di divieto legati al contenimento dei contagi. Perché è vero che il virus è del 2019, ma la sua sanguinosa guerra l’ha scatenata nell’anno successivo, quando ce lo siamo trovato al fianco, in famiglia, nei luoghi di lavoro e di incontro.

A livello nazionale, l’anno scorso ci sono state 124mila assunzioni in più di collaboratori domestici rispetto ai licenziamenti. Un dato impressionante, sottolinea l’associazione Domina, considerato che nel ’19 quel saldo raggiungeva soltanto le quindicimila unità. E colpisce anche che le assunzioni di personale domestico abbiano registrato il picco massimo nel mese di marzo del 2020, cioè proprio quello in cui – all’improvviso – gli italiani hanno dovuto fronteggiare l’ondata di contagi, di ricoveri e soprattutto di morti, particolarmente nella fascia più anziana della popolazione, quindi in quella che fa il maggiore ricorso all’aiuto dei badanti. A marzo c’è stato il primo lockdown, e in corrispondenza con una nuova ondata di restrizioni anti-Covid – tra ottobre e novembre – l’Inps ha registrato un secondo picco.

A che cosa sono dovuti? All’esigenza di tutelare i nostri anziani, certo, soprattutto quelli che il Covid-19 l’hanno avuto e ne sono usciti, ma malconci. Contano però anche gli effetti della regolarizzazione dei lavoratori stranieri, che a questo punto avevano tutto l’interesse, anzi l’urgenza, di essere assunti con contratti regolari. È così venuto alla luce molto “sommerso”, che è uno dei mali peggiori nel settore del lavoro in Italia (assieme a quello delle tasse). I due picchi insieme – quelli di marzo e di ottobre-novembre 2020 – contano sessantamila assunzioni in più. Non c’era altro modo che regolarizzare chi già lavorava come colf o badante, nota Domina, perché sarebbe stato impossibile per loro raggiungere le case in cui lavoravano in quanto il lockdown impediva di muoversi se non per ragioni di lavoro. E per avere quelle ragioni, bisognava avere anche il lavoro: ufficiale.

Era stata la componente dei badanti, nel 2019, a prevalere nelle assunzioni regolari: a loro era riconducibile il 77% dei contratti regolari. A trainare nel 2020, invece, è stata la componente delle colf, che hanno pesato per il 64% nel calcolo delle posizioni di lavoro regolarizzate con l’Inps. Secondo Domina, la badante è un rapporto di lavoro consolidato per le famiglie datrici di lavoro, quindi il lavoro informale – se non lo si vuole chiamare “nero” – è sempre stato meno diffuso. Invece per le colf, che spesso lavorano nella stessa famiglia per poche ore alla settimana, l’atteggiamento era sempre stato piuttosto “folk”: poche quelle assicurate, fino a quando – per farsi trovare in giro senza essere multati, durante i lockdown – non si è presentata l’esigenza di dimostrare che lo spostamento era dovuto a ragioni di lavoro che, dunque, doveva esistere formalmente. Se poi si aggiunge la “sanatoria” introdotta dal decreto “Rilancio” nel 2020, che pure ha avuto maggiori effetti nel 2021, i conti sono spiegati.

Secondo Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina, «l’emersione del lavoro nero rappresenta una delle sfide principali per il lavoro domestico, considerato che la componente irregolare rappresenta ancora quasi il 60% del totale. Durante la pandemia, il lockdown e la regolarizzazione degli stranieri hanno permesso alle famiglie di far emergere molti rapporti di lavoro informali. Per consentire però che l’emersione sia continuativa e non solo dovuta all’emergenza», ammonisce Gasparrini, «sono necessari sgravi fiscali e contributivi che alleggeriscano il peso del costo del lavoro domestico. In questo modo, le famiglie avranno davvero un vantaggio nell’assumere i lavoratori domestici rispettando la legge, portando un beneficio allo Stato in termini di gettito fiscale e sicurezza nei luoghi di lavoro».

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