La sua panchina non sarà dorata come quella di Max Allegri, ma ovunque va è lui il protagonista. E soprattutto vince. Del resto speciale, Josè Mourinho, lo è diventato soprattutto per i risultati ottenuti in campionato e in Champions League, prima con il Porto, poi con il Chelsea, quindi con l’Inter, ora col Real Madrid di nuovo primo nella Liga spagnola dopo il lungo strapotere del Barcellona dei record. Il netto successo sul Milan (soprattutto sul piano del gioco) è l’ennesima perla dell’allenatore portoghese, che a 47 anni è già considerato uno dei migliori di tutti i tempi. Le sue vittorie, i suoi scudetti e le sue coppe sono il frutto di un lungo lavoro che va al di là della tattica (comunque ha dimostrato di essere pure un grande stratega) e nasce all’interno dello spogliatoio. Bravissimo nella gestione del gruppo. E non a caso difficilmente chi lo ha avuto come tecnico ne parla male. Tutt’altro. Alterna il bastone alla carota come pochi. Ci mette la faccia sempre e comunque. Un po’ allenatore, un po’ psicologo, un po’ fratello maggiore, se necessario pure padre severo (come con Balotelli lo scorso anno all’Inter). La Champions vinta col Porto fa già parte della storia del calcio portoghese. Al Chelsea ancora lo rimpiangono e ogni volta che torna lo osannano. Con l’Inter ha stravinto conquistando un’eterna "tripletta". E anche in Spagna sta dimostrando di essere un numero uno speciale riuscendo dove in tanti avevano fallito negli ultimi anni: ha raccolto un gruppo di prime donne "galactiche" strapagate e viziate e le ha trasformate in una squadra vincente. Semplicemente speciale.
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