"Ogni volta che vedo la foto di una partita o di uno stadio pieno, mi sento disperato".

Lo confessa al Guardian Andres Iniesta, il fuoriclasse spagnolo attualmente in Giappone, dove gioca nel Vissel Kobe.

Il calcio giapponese è fermo da ben 54 giorni. Non ha fatto in tempo a cominciare, il 21 febbraio, che dopo cinque giorni era già fermo. Doveva poi ripartire il 15 marzo, poi il 29 marzo, ora il 9 maggio: "Ma chi lo sa? - si chiede il campione -. E questo in un Paese visto come un modello di gestione della pandemia, uno in cui, per fortuna, la situazione sembra essere sotto controllo".

L'ex star del Barcellona vincitutto vive rinchiuso nella sua casa di Kobe con la moglie e i quattro figli, l'ultimo dei quali di appena pochi mesi.

"Ci sarà un prima e un dopo il coronavirus" commenta, sognando il giorno in cui si potrà giocare di nuovo. Ha quasi 36 anni ma di lasciare il calcio giocato non ha nessuna voglia. Anzi "tutto questo tempo senza giocare mi dà l'energia per durare ancora a lungo" dice.

Il contratto con il Vissel Kobe scade a fine 2021 e lui intende onorarlo: "Mi sento bene, sono motivato, voglio continuare a giocare, sono contento di essere qui".

"Dall'inizio della pandemia - racconta - le scuole sono state chiuse, gli eventi di massa cancellati. L'uso della mascherina e le precauzioni igieniche qui sono cose normali, ciò ha contribuito a ridurre la diffusione del virus".

"Ora stiamo solo aspettando, restando a casa, uscendo il meno possibile. Nel breve e medio termine - spiega - il virus è destinato ad avere un impatto sociale ed economico, a tutti i livelli. Il calcio fa parte della società, non può sfuggire. Ciò avrà un impatto; ci saranno misure che rimarranno sempre, cambiamenti, un prima e un dopo. Dobbiamo cercare di trarre il meglio da una situazione terribile. Nulla sarà più come prima".

(Unioneonline/D)
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